Quale relazione fra Sussidiarietà e fund raising? È una connessione stretta perché il sistema di welfare non può prescindere dal ruolo delle organizzazioni non profit e delle imprese sociali. In un contesto dove il welfare vuol dire sanità, assistenza, previdenza, ma anche cultura, sport,tempo libero, scuola, ambiente e tutto ciò che è utile per il mantenimento e lo sviluppo del benessere della persona. E quindi molti sono i progetti di sussidiarietà con una specificità attiva e di sistema:da quelli per la ricerca scientifica alla costruzione di infrastrutture in terre più o meno lontane e in una logica di globalizzazione sicuramente virtuosa.



Dal sostegno a distanza e tutela dei bambini nel mondo alla lotta contro l’indigenza, la fame metropolitana dei disoccupati e degli anziani che con dignità fanno la fila per ricevere il sacchetto con il latte ed i biscotti ed altro oppure fruiscono del catering quotidiano fatto dalle mense di ordini religiosi o associazioni laiche che da anni assicurano un “piatto caldo” 365 giorni su 365. Tutto questo implica sollecitazioni di fund raising intese anche in senso lato: non si chiede solo danaro, ma tempo di volontariato, lasciti, partnership con le imprese in una logica di cause related marketing, donazioni di prodotti che sono vicini alla scadenza, ecc. C’è una evoluzione nel fund raising: da atto di sola filantropia-beneficenza a sistema di investimento utile per il sistema di welfare del nostro paese.



Infatti chi dona sta facendo un investimento per gli altri, ma anche per sé. Ed infatti molte imprese sociali non profit hanno capito che non è più sufficiente sollecitare le corde del sentimento della bontà generica, ma è necessario far percepire ai donatori fidelizzati o potenziali che il danaro raccolto è un atto non solo di bontà, ma di una buona solidarietà qualificata. Ed è un investimento per il sistema sociale ed economico del nostro paese e dei territori. Dal quale non possiamo prescindere specialmente nella situazione di crisi economica che stiamo vivendo.

Le sollecitazioni diventano sempre più professionali e “aziendali”, con tecniche efficaci e con capacità comunicative non improvvisate. In un “mercato” delle donazioni che vale oggi circa 6 miliardi di euro. Certamente la crisi economica colpisce anche questo “terzo settore” ed è per questo che si deve far percepire il valore della donazione in una dimensione sempre meno estetica ed edulcorata e sempre più “pars construens” del sistema paese. Perché donare alle imprese sociali non profit è un investimento per il sistema socio economico?



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L’Italia non può più fare a meno delle attività delle circa 250.000 imprese sociali e degli 800.000 dipendenti retribuiti. Ma neanche degli oltre 3 milioni di volontari. La sanità lombarda non profit vale circa 37.000 posti letto ordinari del sistema sanitario regionale, Milano e provincia conta circa 12.000 non profit e quasi 50.000 addetti che a vario titolo lavorano in tutti quei settori di utilità pubblica ove lo stato spesso è latitante o arranca con grande fatica per erogare servizi ai cittadini. Il sistema socio politico è ormai tripolare: pubblico, privato profit e privato non profit.

Ma per mantenere in equilibrio questo assetto c’è bisogno di risorse e fra queste le donazioni sono indispensabili sia per integrare i finanziamenti pubblici sia per coprire i costi dei servizi sussidiari che le imprese sociali non profit offrono, a volte senza alcun riconoscimento economico da parte dello stato. L’elenco è lungo: dagli hospice ove le persone cercano una morte serena e senza sofferenza, all’assistenza offrendo un letto ai senza tetto e clochard che a volte muoiono per il freddo sotto qualche androne del rutilante centro delle grandi città; dall’assistenza dei minori in difficoltà e delle ragazze madri a quella per gli immigrati che ormai sono parte integrante dell’assetto produttivo ed assistenziale dei nostri territori.

 

 

Anche lo sport, la cultura, il tempo libero non potrebbero mantenere il loro ruolo se non ci fossero le imprese sociali non profit ed il volontariato che si dedicano nella promozione delle attività. Ed anche molte università di eccellenza italiane si affidano al fund raising per sostenere le loro attività di ricerca. È a tutti noto che i sistemi economici di eccellenza sono quelli che hanno forti investimenti in ricerca&sviluppo.

 

Per questi ed altri motivi è necessario convincere le imprese ed i cittadini a donare non solo in logica di buonismo filantropico (tipico del capitalismo compassionevole), ma prevalentemente in logica di investimento socio economico. Trovando soddisfazione etica, ma consci che si partecipa al sostentamento e sviluppo del sistema. Per fare questo si devono ulteriormente affinare le tecniche di fund raising, stabilizzare il 5 per mille e defiscalizzare le donazioni in modo più incisivo.

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 C’è bisogno di usare strumenti funzionali ad un fund raising efficace: lettere che cercano attenzione e devono convincere a farsi aprire e leggere (per non diventare “junk mail” e farsi buttare nel cestino), annunci radiofonici e televisivi con testimonial che ci rassicurano e danno credibilità alla richiesta di danaro. Ed ancora gazebo per le strade, “mercatini” di vintage, concerti, cene, cd solidali e molti altri strumenti di raccolta fondi, finalizzati a raggiungere gli obiettivi prefissati . Si adotta tecnologia evoluta e personale per esempio l’uso dei cellulari.

Dagli sms solidali veicolati da programmi televisivi in prima serata alla diffusione di QR-code per informare e dare motivazione per il fund raising. CauseWorld ha implementato il geolocation activism: per esempio girando per negozi si effettuano check in con il cellulare, senza necessariamente acquistare, e si guadagnano “punti karma” che vengono valorizzati a favore di nove buone cause di imprese sociali non profit. Oppure vengono inviati messaggi vocali registrati – per esempio di testimonial – che invitano ad approfondire la conoscenza di una impresa sociale non profit ed in seguito,eventualmente, a donare.

Non molto tempo fa, in una sua lettera, il ministro Sacconi ha sottolineato  che «l’evoluzione delle attività di fund raising, l’attenzione suscitata nel sistema bancario e negli investitori privati, testimoniano la necessità di integrare ulteriormente, rispetto alle erogazioni pubbliche, le risorse economiche a disposizione». Tutto giusto. Con un possibile pay-off: ”Non stiamo facendo la carità, ma stiamo anche investendo!”.