Negli ultimi anni l’opinione pubblica e i mass-media hanno mostrato un interesse sempre crescente nei confronti dell’universo non-profit. Anche perché la crisi del welfare state ha dimostrato che, in molti casi, lo Stato non è in grado di soddisfare in modo adeguato i bisogni della collettività, mentre le realtà non-profit si stanno distinguendo per la loro capacità di risposta flessibile e concreta alle esigenze della società.



Non sempre, però, è chiaro al grande pubblico che cosa esattamente stia dietro a questo termine. Non-profit, infatti, è la piccola associazione di volontariato, ma anche la grande cooperativa sociale, che può arrivare a fatturare milioni di euro e a dare lavoro a migliaia di persone. Pertanto dal punto di vista strategico-manageriale, in molti casi, non c’è differenza tra Cooperative sociali, Imprese sociali eimprese for-profit. La differenza sta nella mission: per le prime due è di tipo non-profit per le altre di tipo for-profit.



La compresenza di uno scopo “sociale” e di modalità gestionali “concorrenziali” è parso a molti come una contraddizione; che – dicono – dovrebbe essere superata scegliendo una delle due strade a discapito dell’altra. In realtà le due prospettive possono armoniosamente coesistere e convivere, anzi sostenersi come complementari. Lo sostiene la ricerca pubblicata nel volume “Le imprese senza scopo di lucro. Risultati del progetto IN.NE.S.T.I. (INserimento NElla Società Tramite Imprese)”.

Esso riporta i principali risultati di una ricerca condotta dalla Compagnia delle Opere-Opere Sociali, su quattro opere con caratteristiche differenti accomunate dall’utilizzo, per la gestione e lo sviluppo, di sofisticati strumenti manageriali. Sono state analizzate la cooperativa sociale di tipo “A”, cioè che offre servizi socio-sanitari ed educativi, Solidarietà Intrapresa, la cooperativa sociale di tipo “B”, vale a dire finalizzata all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, Solidarietà e Lavoro, il Consorzio il Mosaico e la Fondazione onlus As.Fra. Il numero ridotto delle imprese analizzate non permette, ovviamente, di trarre conclusioni di tipo statistico, ma l’eterogeneità dei soggetti intervistati e l’approfondita ricerca effettuata sul campo permettono di fare significative considerazioni e di trarre importanti conclusioni in merito all’alternativa di cui si è detto.



Il metodo seguito è stato quello dell’intervista diretta ai principali operatori dell’impresa, volta a far emergere, oltre alla storia di ognuna, la struttura organizzativa, strategica e gestionale. A questo riguardo si è data particolare attenzione all’utilizzo o meno di strumenti e software tecnologici in grado di supportare le decisioni strategiche d’impresa.

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La pubblicazione è suddivisa in due parti. Nella prima è presentata la cornice di riferimento teorica e legislativa del non-profit italiano e delle tecnologie Ict (Information and Communication Technologies) a supporto delle scelte di management. La seconda parte presenta dettagliatamente i quattro casi presi in considerazione. Le conclusioni finali mettono in luce i punti di forza di ciascun soggetto analizzato, gli aspetti, cioè, che possano essere di aiuto anche ad altre imprese.

 

Non sono state formulate delle rigide best practices, ma è stato rappresentato un quadro sintetico nel quale, con diverse gradazioni, ogni realtà d’impresa potrà rintracciare degli utili suggerimenti per la propria organizzazione. Infatti, i risultati che emergono non sono strettamente rivolti al mondo del non-profit, ma a tutte quelle realtà di piccole-medie imprese che, operando nell’attuale contesto competitivo, si trovano ad affrontare problematiche quali lo sviluppo d’innovazioni, la partecipazione a reti d’impresa, l’evoluzione del proprio modello organizzativo, lo sviluppo della propria parte commerciale, l’integrazione tra tecnologie Ict e la gestione d’impresa. A conferma di quella complementarità tra non e for-profit che stava al cuore dell’ipotesi di partenza della ricerca.