“La zona euro e l’Unione Europea non sopravviveranno se i problemi di debito di alcuni Paesi non saranno risolti”. Queste le parole forti pronunciate ieri dal presidente del Consiglio Europeo Herman Van Rompuy mentre la situazione finanziaria di Irlanda e Portogallo rischia di scatenare una crisi simile a quella vissuta la scorsa primavera, quando, per colpa della Grecia, l’euro era finito nel mirino della grande speculazione. Una situazione assolutamente da evitare, come ci spiega l’economista Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison.



Professore, come vanno valutate le parole di Van Rompuy?

È indubbio che alcuni paesi, in particolare Grecia, Irlanda e Portogallo, debbano sistemare la propria situazione finanziaria. Fortunatamente si tratta di tre paesi che rappresentano, in termini di popolazione e di ricchezza, una piccola parte dell’Europa. Tuttavia, se questi paesi “periferici” vengono lasciati al loro destino, l’intera Europa può risentirne. Il forte messaggio (come è giusto che sia in questi momenti) di Van Rompuy si inserisce in questo contesto.



Secondo lei a chi era rivolto questo messaggio?

Da una parte ai paesi direttamente coinvolti. In particolare all’Irlanda, i cui vertici politici hanno dichiarato di voler risolvere la situazione da soli. Il problema è che se il paese ha una “malattia” grave deve decidersi a entrare in sala operatoria a farsi operare e non sperare di curarsi con la medicina omeopatica. Dall’altra parte, il messaggio è rivolto ai “big” dell’Europa: è stato varato, anche se deve essere perfezionato, un fondo europeo per il sostegno ai paesi in difficoltà. Questo fondo deve essere attivato il prima possibile, altrimenti avremo un danno all’euro e alla stessa integrità dell’Unione Europea.



Quanto è grave la situazione dell’Irlanda rispetto a quella della Grecia?

La Grecia ha rappresentato un caso eclatante di crescita del debito pubblico non monitorata e comunicata in maniera non trasparente (proprio lunedì abbiamo scoperto che il debito era al 126,8% del Pil nel 2009 e non al 116% come si diceva). L’Irlanda, invece, con il debito pubblico sta pagando una discesa del Pil causata dalla fine della bolla immobiliare e il fallimento del proprio sistema bancario, che ha accumulato perdite per oltre 85 miliardi di euro, una cifra superiore alla metà del proprio Pil. Se non si interviene presto è facile che rivedremo presto i fuochi speculativi già visti in primavera.

Non c’è il rischio che le dichiarazioni di Van Rompuy possano attirare gli speculatori?

Gli speculatori internazionali non si lasciano influenzare dalle dichiarazioni dei politici, conoscono bene i conti e si muovono in base a essi. Di fatto è in atto un braccio di ferro tra l’Europa, che deve dare un segnale forte di coesione e compattezza, e gli speculatori, che mirano a inserirsi negli elementi di disgregazione dell’Europa per realizzare profitti. Bisogna evitare quindi che l’Irlanda, il Portogallo e la Spagna, dopo la Grecia, vengano presi di mira se non vogliamo pregiudicare il progetto europeo.

 

Cosa bisognerebbe fare allora?

 

L’Europa deve dare un segnale molto chiaro alla speculazione internazionale facendo partire il piano di sostegno ai paesi in difficoltà. Se non viene comunicata una strategia chiara, univoca, la speculazione attaccherà prima un paese e poi un altro e indebolirà l’euro. Se questo può farci gioco sul piano delle esportazioni, una crisi strutturale dell’euro sarebbe invece molto grave.

 

Prima ha parlato di Grecia e Irlanda, qual è, invece, la situazione di Portogallo e Spagna?

 

In Portogallo c’è una scarsa ricchezza privata, accompagnata da un aumento del debito pubblico combinato con una bassa crescita del Pil. La Spagna non vive un periodo particolarmente felice, ma c’è da augurarsi che la sua situazione, come nei fatti è, continui a essere meno complessa e grave di quella di Grecia, Irlanda e Portogallo.

 

E l’Italia?

 

La situazione italiana è molto diversa. Il nostro paese potrebbe avere difficoltà nel caso in cui la percezione psicologica di sicurezza sulla tenuta dell’Europa si aggravasse: solo a quel punto la speculazione potrebbe interessare anche i nostri titoli di stato. La stabilità finanziaria di un paese, infatti, non si può analizzare solo attraverso il debito pubblico, il Pil e il rapporto tra queste due entità. Basti pensare che fino a tre anni fa l’Irlanda aveva un debito pubblico al 25% del Pil, con quest’ultimo in crescita del 4% l’anno. Se si fosse guardato all’indebitamento delle famiglie e agli attivi patrimoniali delle banche, si sarebbe vista già una situazione diversa. Sono questi parametri, infatti, a determinare la solvibilità complessiva di un paese, e in questo senso noi stiamo meglio della Germania, dato che il suo debito pubblico rispetto alla ricchezza delle famiglie è più alto del nostro.

 

A proposito di Germania, la leadership europea è nelle sue mani, ma già con la Grecia si è mostrata restia a concedere aiuti. Questo può essere un problema anche nel contesto attuale.

Credo sia ingannevole pensare che la Germania possa essere la locomotiva dell’economia europea od occidentale e forse i tedeschi stessi si stanno illudendo di essere più forti di quel che sono. La forza della Germania deriva dal suo essere in Europa. A Berlino dovrebbero essere un po’ più umili e capire che le differenze con Francia e Italia non sono così abissali come si pensa. Soltanto ripartendo da una posizione coesa tra i tre più grandi paesi che l’hanno fondata (Germania, Francia e Italia appunto) e con una politica in cui si cerca di evitare che i paesi periferici falliscano e in cui si difende l’euro, che è un patrimonio comune, l’Europa può sperare di rimanere una potenza mondiale. Altrimenti, a comandare saranno la Cina e i paesi emergenti; nemmeno più gli Usa che stanno andando alla deriva.

 

Che ruolo può avere, invece, la Bce?

 

Già negli ultimi mesi, seppur in maniera non ufficiale, la Bce ha messo in atto interventi di acquisto di titoli di stato dei paesi periferici. Penso continuerà a farlo per tamponare le falle. La Bce può quindi certamente giocare un ruolo, ma è più importante che ci sia un chiaro messaggio politico dei grandi protagonisti europei. Solo cooperazioni rafforzate tra i paesi chiave possono dare la risposta che occorre.

 

(Lorenzo Torrisi)

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