«Due anni fa, quando il Tesoro americano consentì che Lehman fallisse io scrissi sul sito www.voce.info: “È un bel giorno per il capitalismo, perché non si possono salvare i banchieri sempre e comunque”. Era un’evidente sciocchezza perché quel fallimento fu una delle cause, forse la maggiore, che ha precipitato il mondo nella Grande recessione. La signora Merkel ha evidentemente ragione quando sostiene che impegnarsi a salvare i Paesi dell’euro sempre e comunque è un pessimo segnale. Purtroppo Lehman insegna che oggi questo rigore non possiamo permettercelo: il costo potrebbe essere la fine della moneta unica”. (Corriere della Sera, 13 novembre 2010). Beh, ci sono voluti due anni, ma alla fine Francesco Giavazzi, il più duro dei duri e il più puro dei puri, l’ha capita.
«Ho imparato la lezione: il fallimento della Lehman fu una delle cause che ha precipitato il mondo nella recessione. Lehman insegna che oggi, nei confronti dell’Irlanda, il rigore che si dovrebbe invocare in base alla razionalità liberista non possiamo permettercelo: il costo potrebbe essere la fine dell’euro». (Il Foglio, 16 novembre 2010).
Bene, meglio tardi che mai. Ma l’errore che non dobbiamo fare è dimenticare che l’“evidente sciocchezza” di Giavazzi di due anni fa (ma non era affatto solo ad averla pronunciata) non è tecnica, ma di impostazione culturale. E per questo assai più interessante. Il punto è che Giavazzi butta a mare la dottrina basata sui “modelli” teorici.
In base a tale impostazione, i modelli funzionano, basta metterli in pratica piegando, nel caso sia utile perché dispieghino il massimo delle loro potenzialità, perfino la realtà. Il cuore del problema per gli economisti alla Giavazzi è trovare teorie sempre migliori e sofisticate che dimostrino la superiorità formale del ragionamento sulla realtà. Una volta dimostrato che queste teorie vanno bene in laboratorio, allora basta applicarle alle varie situazioni. E se non dovessero funzionare la colpa la si può sempre rovesciare sui politici che “non hanno capito”.
Con il fallimento della Lehman accadde esattamente questo. Ci fu un coro di economisti che invocava il fallimento della banca d’affari americana perché solo in questo modo la teoria del mercato che si autocorregge (la via schumpeteriana della distruzione creatrice) sarebbe stato messo alla prova dimostrando che la “mano invisibile” del mercato vive e lotta insieme a loro.
Oggi Giavazzi dice che fu una “evidente sciocchezza” perché quella teoria non teneva conto delle conseguenze, ovvero di come è fatta davvero la realtà. Facendo fallire la Lehman si è mandato in tilt il mondo; se si fosse lasciata fallire la Grecia (come molti invocavano) l’euro sarebbe finito; se oggi lasciassimo l’Irlanda al suo destino accadrebbe la stessa cosa.
Il punto più importante delle ammissioni di Giavazzi è proprio questo: c’è un filone di economisti che sta cominciando a pensare che la teoria, i “modelli” sono una gran bella cosa, ma che la realtà è assai diversa. Per essere coerente dovrebbe aggiungere che anche riforme del welfare che non tengono conto dell’unicità del tessuto industriale italiano; riforme fiscali che non tengono conto dell’organizzazione famigliare della società italiana; riforme universitarie che non tengono conto delle necessità delle aziende italiane sono altre “evidenti sciocchezze”. Basta avere un po’ di pazienza.
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