Quale sarà il destino dell’euro? La nuova crisi irlandese e il pericolo che essa si diffonda ad altre economie, in primis il Portogallo e la Spagna, non fa che accrescere le preoccupazioni della gente semplice e il cinismo degli gnomi della finanza stockoptionista.
La valanga di liquidità che si abbatte sull’Europa è di proporzioni veramente inusitate ed è sconcertante vedere la Banca centrale europea che continua a presentarsi come l’alfiere della stabilità contro l’allegra cicala della Fed che invece propugna la crescita come sua missione fondamentale.
Sappiamo che è un’ipocrisia: anche in Europa comincia a serpeggiare la consapevolezza che il pericolo mortale non è l’inflazione, quanto, invece, la deflazione e anche i tetragoni banchieri centrali europei sono costretti a comportarsi di conseguenza, imitando, di fatto, i nordamericani.
Gli indici dell’inflazione sono del resto bassissimi nonostante la liquidità immensa presente nei sistemi economici. E ciò perché, oggi, la liquidità è denaro che alimenta altro denaro e non va a finire all’economia reale, ma alla finanza che prosciuga tutto ciò che trova dinanzi a sé. Questo non fa che allontanare per breve tempo la deflazione, ma nel contempo impedisce ogni crescita produttiva.
Il nemico è quindi la liquidità che va nelle bocche voraci delle banche universali europee che trasformano ora il loro debito in debito sovrano con conseguente drenaggio dei tassati cittadini europei. L’euro, la sua stessa esistenza, vale un prezzo così alto?
Si trema come foglie al sol stormire del vento non tanto della speculazione, quanto del rischio che tutto il sistema corre perché le banche universali divorano una moneta che non ha precedenti nella storia: una moneta senza stato, senza sistemi di tassazione, di sostegno sociale e di spesa pubblica unici.
Il risultato è che la crisi endemica dei paesi periferici dell’Europa, in mancanza della base di un’economia manifatturiera, rischia di soffocare anche le economie che potrebbero svilupparsi benissimo, con più agilità, di quanto oggi non possano invece fare a causa dell’ unica moneta: l’euro.
Il Regno Unito l’ha sempre saputo. Francia e Germania hanno rinverdito i loro storici conflitti scambiando l’euro (inconsapevole tattica richiesta di Mitterand) con l’unificazione tedesca (destino universale di Kohl). Ora i due giganti, in un continente di nani o nanerottoli, si accorgono dell’errore compiuto.
La Germania propone patti di stabilità che sono già l’anticamera dell’implosione. La Francia stipula con gli inglesi un patto militare che è un segnale ineludibile di autonomia e di separatezza. A questo punto le fondamenta stesse, le più fragili e incerte, quelle politiche, dell’euro stanno disgregandosi.
Non sarebbe meglio, allora, pensare ragionevolmente a una fuoriuscita concordata piuttosto che un naufragio catastrofico che provocherebbe un disagio sociale immenso e terribile? Sicuramente francesi e tedeschi ci stanno già pensando.