La Bce ha reso noto ieri il suo Rapporto semestrale sulla stabilità finanziaria dell’Eurozona, che evidenzia una situazione ancora “piena di rischi” per l’Unione monetaria. Inoltre, l’Eurotower ha diffuso ieri il bollettino mensile relativo al mese di dicembre, nel quale il nostro paese è indicato insieme a Grecia, Belgio e Irlanda, tra quegli stati che nel 2012 avranno un rapporto debito/Pil superiore al 100%. Anche se, segnala ancora Francoforte, Italia e Germania non vedranno aumentare questo parametro. Indicazioni che possono essere importanti alla vigilia di una settimana che, come ci ricorda Guido Gentili, editorialista de Il Sole 24 Ore, vivrà un momento cruciale con il voto di sfiducia al Governo il 14 dicembre.
Come va interpretato il dato che è arrivato ieri dalla Bce sul nostro debito pubblico?
Cautamente: non mi sbilancerei né in letture pessimistiche, né ottimistiche. Abbiamo appena approvato la legge di stabilità e le previsioni del Governo sono di chiudere il 2010 con un rapporto deficit/Pil al 5% (in calo rispetto al 5,3% del 2009), che dovrebbe arrivare al 3,9% nel 2011, e con un debito/Pil che passa dal 115,9% del 2009 al 118,5% del 2010 fino ad arrivare al 119,2% dell’anno prossimo. Un dato alto, ma non bisogna dimenticare che tutta l’Eurozona soffre il problema dei debiti sovrani: persino la virtuosa Germania ha un trend di crescita del debito più alto del nostro, pur essendo minore in termini assoluti. Inoltre, il livello del debito privato fa sì che il debito aggregato dell’Italia sia in realtà più basso.
Finora questa è stata una settimana abbastanza tranquilla per l’euro. La prossima, invece, con il voto di sfiducia al governo Berlusconi, potrebbe essere di segno opposto?
Il 14 dicembre è una data-snodo importante non solo dal punto di vista politico, ma anche economico. Due giorni dopo, infatti, si terrà un importante vertice tra i capi di stato e di governo dell’Ue. In caso di sfiducia, l’Italia sarebbe ivi rappresentata da un governo dimissionato dal Parlamento: una condizione certamente non ottimale. Inoltre le fibrillazioni sull’euro e gli attacchi della speculazione tornerebbero molto probabilmente a farsi sentire.
C’è da augurarsi allora che Berlusconi ottenga la fiducia.
Beh, diciamo che in caso di sfiducia si aprirebbe una crisi che certamente richiederà del tempo per essere risolta. Se guardiamo al passato, il 22 dicembre del 1994 cadde il primo governo Berlusconi e il 22 gennaio 1995 quello Dini ottenne la fiducia parlamentare. Nel 1993 ci fu invece il passaggio di consegne tra il Governo Amato (che presentò le dimissioni il 26 aprile) e quello Ciampi (che ottenne la fiducia il 12 maggio). Per quanto rapidi (casi più unici che rari), tempi del genere ci lascerebbero comunque esposti al fuoco della speculazione che potrebbe approfittare della confusione e dell’incertezza.
Oltre al vertice europeo, il 16 dicembre ci sarà anche la riunione dell’Ecofin dedicata all’avanzamento dei lavori sulla governance economica e la riforma del patto di stabilità. Temi molto importanti per le finanze pubbliche.
Certamente. La costruzione europea è a una delicatissima svolta, ben evidenziata dalla proposta avanzata da Tremonti e Juncker sugli Eurobond per arginare la crisi del debito che affligge l’Eurozona. Inoltre, nella riunione verrà messo a punto il calendario della nuova governance europea che scatterà da gennaio e che prevede una discussione sui piani di rientro di ciascun paese nella primavera. Siamo quindi alla vigilia di scelte molto importanti.
Anche perché al nostro paese potrebbe essere chiesta una nuova stretta sui conti con una manovra straordinaria.
Esattamente. Al momento sappiamo che il Fondo monetario internazionale è in visita nel nostro paese per una ricognizione sullo stato dei conti pubblici. Il Governo ha già fatto sapere che non c’è bisogno di un’altra manovra, ma le nuove regole europee o la difficile condizione dell’Eurozona potrebbero richiederla addirittura entro la primavera. Il Pd ha calcolato che si potrebbe trattare di 7 miliardi di euro. Una cifra che sarebbe comunque non di poco conto. Il Governo avrebbe fatto bene nei mesi scorsi a varare un significativo taglio del debito, attraverso un piano straordinario di dismissioni pubbliche del valore di 500 miliardi. Un’operazione del genere ci avrebbe messo al riparo da eventuali nuove manovre e, soprattutto, da nuove “stangate” fiscali, che credo nessuno voglia.
Si tratterebbe di nuove privatizzazioni?
Qualcosa del genere, se non ricordo male, era previsto tra le missioni indicate nel programma elettorale del centrodestra come “valorizzazione e vendita del patrimonio pubblico”. Oltre alle società quotate, agli immobili, si potrebbe agire anche sulle realtà del capitalismo municipale. Forse è ormai troppo tardi, ma una rapida ricognizione sarebbe opportuna, così da avere una carta in più da giocarci in futuro.
Tornando alla situazione dell’euro, pensa che la creazione degli Eurobond sia una soluzione migliore rispetto al fondo europeo di salvataggio?
Credo sia un’operazione intelligente che riprende un’idea lanciata qualche anno fa per finanziare le opere pubbliche infrastrutturali e favorire la crescita. In questo caso avremmo anche il vantaggio di disinnescare in gran parte la mina del debito, evitando la strategia dei continui singoli salvataggi (prima la Grecia, dopo l’Irlanda, poi forse il Portogallo, ecc.) che è certamente più dispendiosa. Anche perché una volta che la speculazione dovesse far breccia in un paese grande come la Spagna o l’Italia, le conseguenze sarebbero disastrose per l’euro stesso.
L’euro rischia davvero la dissoluzione?
Sì, tanto è vero che si parla sempre più – come opzione realistica e non fantascientifica – della creazione di una sorta di meccanismo simile allo Sme a due velocità. Del resto abbiamo ormai un’Europa a due velocità: l’area tedesca che cresce ed è virtuosa nei conti pubblici e l’area mediterranea schiacciata dal debito e che cresce poco. C’è da chiedersi per quanto tempo realtà così diverse potranno convivere sotto un’unica moneta.
Per concludere vorrei chiederle un commento su quanto apparso ieri su Il Giornale su presunti “oscuri intrecci” tra Confindustria e i sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil. Si parla già di Wikileaks italiana.
Ho letto l’intervista in cui il segretario generale della Fismic Di Maulo annuncia la possibilità di fare rivelazioni su scambi “impropri” tra Confindustria e sindacati e di avere i documenti per dimostrarli. Francamente vorrei capire meglio e oggettivamente la situazione, perché non si può lanciare un’accusa così grave, dato che si parla di fondi occulti, senza fornire le prove.
(Lorenzo Torrisi)