La Bce è a un bivio. Peccato che la decisione che sarà chiamata a prendere entro pochi giorni peserà sul destino e sul futuro di tutti noi. Parliamoci chiaro, nonostante Jean-Claude Trichet ieri abbia avvisato i mercati di non pensare che l’eurozona non sappia reagire al loro attacco e uscire dalla crisi, la realtà è un’altra: per evitare il contagio e un default dell’eurozona, occorre che la Bce segua l’esempio della Fed e si metta a comprare debito. Punto, non c’è altra via d’uscita.
A oggi, però, l’impostazione è quella di scaricare il Club Med e puntare su un nuovo assetto monetario: la Bce sta facendo il gioco della Bundesbank, la quale non ha intenzione di pagare sei volte il costo delle riunificazione del 1989 per salvare almeno quattro stati potenzialmente insolventi e indebitati. Se la Bce, invece, decidesse di acquistare un terzo del controvalore dei bonds che sta comprando la Fed, la speculazione si ritroverebbe in mano una pistola scarica. Il fatto è che Berlino sta facendo il gioco proprio e dei fondi speculativi, scaricando su fondi pensioni, assicurazioni e privati investitori i costi di questa scelta.
Per William Buiter, capo economista di Citigroup, Grecia, Irlanda e Portogallo sono già insolventi e la Spagna li segue a ruota. Un salvataggio combinato, nei fatti, esaurirebbe in un attimo i fondi della facility Ue, il cui denaro realmente utilizzabile è nei fatti 250 miliardi di euro: «Una volta che la Spagna chiederà aiuto, il supporto della Bce sarà fondamentale. Essendo l’unica fonte di liquidità illimitata e l’unica istituzione che può prendere decisioni senza bisogno di approvazione politica e popolare, la Bce si ritroverà a essere l’unica speranza per stabilizzare la situazione finanziaria con azioni rapide e di ampiezza sufficiente» Da maggio a oggi Francoforte ha acquistato 67 miliardi di euro di bond greci, irlandesi e portoghesi, ma questo non basta, non può bastare. Ma c’è di più.
Per Peter Westaway di Nomura, «l’incremento degli spreads italiani ha avuto un grosso impatto sui mercati e porterà con sé un’ovvia decisione da parte della Bce, questa settimana, di acquistare un grosso lotto di bond italiani e spagnoli. E questa politica proseguirà finché sarà necessario». Gli investitori, di fatto, restano cauti. Harry Sebag, capo delle operazioni di vendita a Saxo Banque, parlava ieri di «un rimbalzo tecnico delle borse. Una vasta gamma di indicatori, infatti, ci dicevano che gli indici erano sovra-venduti e alcuni investitori sono tornati in gioco cercando delle occasioni di guadagno. Noi stiamo controllando attentamente gli spread dei rendimenti obbligazionari per capire se questo rimbalzo ha gambe per restare in piedi». Per l’analista di Commerzbank, Ulrich Leuchtmann, «i mercati sono ancora preoccupati dalla possibilità che la crisi possa diffondersi ad altre nazioni», mentre un report degli analisti di ABN-Amro sottolineava come «la Bce dovrà continuare a offrire supporto eccezionale, fino a indicazioni contrarie dai fondamentali».
Non so se vi siete accorti, ma per la prima volta, all’interno di questo articolo, è stata citata l’Italia come un potenziale paese contagiato. L’altro ieri il differenziale di rendimento tra Btp decennali e Bund tedeschi è volato a 210 punti base (219 alla chiusura delle contrattazioni pomeridiane), nuovo livello massimo dalla nascita dell’euro, mentre quello tra titoli di Stato decennali spagnoli e bund tedeschi è salito fino a 311 punti base, altro record negativo. A confermare le prospettive negative, ci ha pensato subito Jim O’Neill, presidente di Goldman Sachs, secondo cui «l’Italia potrebbe essere la prossima a cadere nella crisi, visto che è stata colpita per la prima volta e ha dimostrato una sensibilità all’attacco».
Per Simon Ward, capo analista della Henderson Global Investors di Londra, «i dati di outflow dal vostro mercato obbligazionario parlano chiaro, così come l’aumento dello spread e dei rendimenti. L’Italia, nei fatti, è sulla linea del fuoco. Certo, il sistema bancario è più sano di molti altri e il risparmio privato alto, ma il debito pubblico alle stelle e l’instabilità politica sono come miele per gli orsi del mercato. In condizioni normali, sarebbe preoccupante ma gestibile, in questo contesto di crisi globale non so». Per Ambrose Evans-Pritchard, capo dell’economico al Daily Telegraph, la musica non cambia: «Se la Bce si rifiuterà di dar vita a un piano paracadute come quello posto in essere dalla Fed, l’Italia può definirsi tranquillamente un paese sull’orlo del baratro. Francoforte sta eliminando le misure di aiuto e drenando liquidità in un momento un cui la massa monetaria M3 nell’eurozona si sta già contraendo da tre mesi di fila: o si acquista debito oppure sarà il mercato a decidere. E l’Italia andrà a fare compagnia a Spagna e Portogallo».
Già, perché fallito miseramente il tentativo di calmare i mercati da parte dell’Ecofin con l’approvazione del piano di salvataggio irlandese, ieri nuove nubi nere si sono addensate su Lisbona e Madrid. La prima, per bocca della sua stessa Banca centrale, si è sentita dire che «le banche lusitane corrono un rischio intollerabile se il governo non consoliderà le finanze pubbliche in tempi brevi» e soprattutto – dopo un presunto vertice informale a tre – ha dovuto incassare voci incessanti di pressioni della Bce perché acceda agli aiuti Ue in tempi brevi, mentre la seconda (esattamente come accaduto per l’Irlanda una settimana prima dell’ok di Dublino al salvataggio), in maniera correlata, ha scoperto che i propri istituti bancari, anche e soprattutto per l’esposizione in Portogallo, sono visti dai mercati come l’anello debole della crisi, quindi l’obiettivo sensibile, il nervo da colpire.
La crescita continua dei cosiddetti “prestiti cattivi”, la competizione per finanziarsi e la bolla immobiliare che potrebbe portare nuove perdite nei bilanci sono altrettanti motivi di tensione, anche perché entro la primavera del prossimo anno banche e governo spagnolo dovranno rastrellare sui mercati qualcosa come 50 miliardi di euro e il solo riassetto del comparto delle casse di risparmio regionali, le cosiddette cajas, è già costato a Madrid 15 miliardi di euro in linee di credito.
Per Art Cashin, direttore delle floor operations di Ubs Financial Services, «la Grecia è stato il caso Bear Stearns di questo film già visto? Direi di sì e i mercati credono che la Spagna potrebbe essere la nuova Lehman, una ripetizione a cui non vogliamo proprio assistere». Oggi a Madrid si terrà un’asta di bond che potrebbe darci una risposta sull’appetito del mercato: in compenso, Luis Zapatero ha gettato la maschera annunciando misure di austerity che fino a ieri aveva negato, tra cui la vendita del 30% della Lotteria Nazionale e il taglio dei sussidi per i disoccupati di lungo periodo. Si chiude il recinto quando i buoi – anzi, i tori – sono già scappati.
A detta di Mohamed El-Erian, amministratore delegato di Pimco, il fondo di gestione obbligazionario più grande del mondo, «molti Stati europei avranno bisogno di essere salvati per dare risposta alle sottostanti cause dei loro problemi finanziari. Assisteremo a una distruzione a rallentatore che causerà crisi in Irlanda, poi in Portogallo, poi in Spagna, poi in Belgio e da qui in Italia: ci sveglieremo un giorno e staremo parlando di un continente completamente diverso». Quella nuova Ue a cui la Bce sta alacremente lavorando su mandato di Bundesbank e governo tedesco.