L’unica volta che l’Italia ha consolidato il proprio debito, bloccando la convertibilità dei propri titoli di Stato in danaro contante, è stato durante il fascismo. Proporlo oggi, come ha fatto Benedetto della Vedova (Fli), si presta a qualche parallelo storico poco tranquillizzante.
La differenza sostanziale tra allora e oggi è che l’11 novembre del 1926 Mussolini consolidò il debito per stabilizzare il corso della lira, anche allora preda della speculazione internazionale. Oggi la lira non c’è. Il risultato, in ogni caso, fu che il debito pubblico, da 26,9 miliardi del giugno del 1926 scese a 6,2 un anno dopo.
Marcello De Cecco, nella sua “L’Italia e il sistema finanziario internazionale” (Laterza) spiega che l’11 novembre 1926 vennero convertiti forzosamente 15 miliardi di lire di Bot; 1 miliardo di buoni quiquiennali; 4 miliardi di settennali mentre per i novennali la conversione fu facoltativa. I nuovi titoli che vennero attribuiti furono inconvertibili fino al 1936, cioè per 10 anni (Della Vedova ha parlato di 50 anni), rendevano il 5,71% e chi voleva poteva prestare altri soldi allo Stato, come effettivamente avvenne: con il “prestito del Littorio” Mussolini incamerò 3,5 miliardi di lire che, insieme al consolidamento, servirono per finanziare la crescita economica, aumentare il valore della lira e preparare l’entrata in guerra.
Ora, a meno che Della Vedova e i finiani non stiano progettando di dichiarare guerra a qualcuno, l’idea di consolidare il debito pubblico è una falsa soluzione per la situazione attuale del debito pubblico e, politicamente, è una fuga dalle proprie responsabilità. Invece di scegliere cosa, dove, quanto tagliare (e privatizzare) è certamente più comodo non pagare più i propri debiti dimenticandosi però che, come succede al tavolo di poker, chi non paga non viene più invitato a sedersi al tavolo verde.
Così, se la proposta di Della Vedova venisse realizzata, tra 50 anni nessuno ci presterà più nemmeno un cent. La verità è che proposte di questo tipo non fanno altro che alimentare e confermare la sfiducia della finanza internazionale verso la volontà italiana di far fronte all’enorme stock di debito pubblico, pari a 1,8 milioni di miliardi di euro. La sfiducia aumenta, non diminuisce, ed è temperata solo dal fatto che Della Vedova e i finiani non sono al governo.
Se si vuole dare una risposta ai mercati internazionali, invece di parlare di consolidamento occorrerebbe rispondere a una semplice domanda, la stessa che viene posta a qualsiasi azienda quando si presenta a una banca per chiedere nuovi affidamenti. E la domanda è: come e in quanto tempo pensate di azzerare il debito già in carico?
Se qualcuno gliela ponesse, a Della Vedova, questa domanda, dovrebbe dare qualche spiegazione sulla brutta fine che hanno fatto i tanti progetti come l’abolizione delle province, dimezzamento del numero dei parlamentari, privatizzazione delle partecipazioni pubbliche nelle ex aziende di Stato, taglio delle spese clientelari. Ma nessuno gliela porrà mai, a Della Vedova. Per questo può divagare.
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