Il 2011 sarà l’anno del grande disastro monetario? Gli speculatori, i gestori di hedge fund che già hanno attaccato Grecia e Irlanda e ora assaggiano la Spagna, cercheranno di cucinarsi l’Italia? E questo sarà l’inizio della fine per l’Euro? Sono domande che ormai si leggono quotidianamente sui giornali, tormentoni diventati oggetto di dibattiti e talk show televisivi. E nessuno può dire se siano soltanto elucubrazioni di Cassandre in cerca di attenzioni mediatiche, o se invece siano riflessioni piene di buon senso fatte da persone competenti che stanno studiando con serietà il problema.



Chi si è posto questo problema in maniera diversa dal consueto è Claudio Scardovi, personaggio atipico nel panorama finanziario italiano. Professore di Economia dei sistemi finanziari alla Bocconi, consulente strategico di molti gruppi italiani e internazionali, un passato alla Lehman Brothers, ha anche una passione: scrivere libri. Non solo saggi sui mercati e le monete, ma proprio romanzi. Il suo secondo, firmato con lo pseudonimo di John Stitch, edito dal Gruppo 24 Ore, è da poco uscito in libreria. Si intitola “La sostanza del bianco” ed è un thriller finanziario. Nelle sue 326 pagine l’incubo di un crollo del sistema monetario viene affrontato sotto la forma di fiction. Il Sussidiario ha parlato con lui della grande crisi che potrebbe arrivare e dei modi per scongiurarla.



Come è venuta a un’economista la passione per la scrittura di romanzi di fantafinanza?

Finito il liceo mi sono prima iscritto a filosofia. Poi ho capito che non mi avrebbe portato lontano e sono passato a economia. Mi sono laureato su temi macro e ho fatto un master negli Stati Uniti. Ho però conservato interessi per altri temi e soprattutto una grande passione per la scrittura. In questo mio secondo romanzo ho unito le mie competenze economiche e finanziarie con il mio hobby di scrittore. È venuta fuori una fiction che parla di un attacco ordito contro il sistema monetario internazionale.



È un’opera di fantasia, che però parte da dati reali molto concreti. Lo stato di salute dell’economia e della finanza internazionale è tutt’altro che buono. E questo pone in serio pericolo la stabilità monetaria a livello globale. Non è così?

Diciamo che la situazione odierna delle valute è molto precaria, tanto per usare un eufemismo.

Ma quando sono nati i problemi che ci hanno portato alla crisi del 2008 e che ancora ci danno incubi notturni?

La crisi che si è manifestata negli ultimi tre anni ha radici profonde. Direi che è nata una quindicina di anni fa. È nella metà degli anni ‘90 che hanno incominciato a crearsi quegli squilibri geopolitici che hanno minato la stabilità di fondo del sistema, una sorta di faglia di Sant’Andrea che ora terrorizza tutti.

 

Ma qual è la vera origine dei mali di oggi?

 

Il disequilibrio fra paesi emergenti e il mondo sviluppato, il nostro. Paesi come Cina, India, Brasile e altri hanno conosciuto un boom, sono diventati straordinari esportatori. I paesi ricchi importavano i loro prodotti, venduti a prezzi concorrenziali, e li pagavano con valute che loro stessi stampavano. Soprattutto gli Stati Uniti hanno creato una massa di debito che non ha precedenti: il debito complessivo dell’America, sommando quello pubblico a quello privato, è pari a 3,3 volte il Pil. Questa situazione ha innestato una crisi che è stata prima privata (penso ai subprime), poi ha investito il sistema bancario e ora si è trasferita agli Stati che hanno ancora aumentato la loro esposizione per salvare le banche. E così oggi il vero problema della finanza è diventato quello dei debiti sovrani. E qui la radice della fragilità attuale.

 

Ma quanto è grave davvero la situazione?

 

Oggi vediamo che è possibile il default di titoli di Stato, anche di Stati importanti. Ed è possibile il default di una moneta come l’euro. Diciamo che viviamo vicino a un lago che è stato riempito di benzina. Basta una piccola scintilla perché tutto prenda fuoco.

 

Ma non c’è nulla da fare? Non lo si può svuotare questo lago ed evitare l’incendio?

 

C’è una strada virtuosa. Bisogna ritornare a crescere e a risparmiare. Così, gradualmente, si potrà rientrare dalla situazione attuale, recuperare la normalità. Ma questa strada ha bisogno di scelte politiche coerenti; occorre che si definisca una strategia a livello internazionale, concordata.

 

Non sembra un obiettivo molto semplice. Dagli ultimi vertici internazionali non è emersa una grande volontà alla cooperazione. Proprio a partire dai temi valutari.

È vero. E questo è il rischio. Se non si trova un’intesa, una linea comune per uscire dalla crisi, allora partirà una guerra valutaria, che sarà deflagrante e si accompagnerà anche a uno scenario inflazionistico.

 

Già: la grande inflazione. È molto che se ne parla. Ma finora non c’è stata. Non si tratterà dell’ennesimo falso allarme di economisti non molto ferrati in materia di previsioni?

 

No, l’inflazione è un pericolo vero. In Cina ci sono stati i primi segnali. Le autorità centrali sono molto preoccupate e stanno chiedendo a tutti i supermercati le ragioni degli aumenti di prezzo. Se non riusciranno a fermare il fenomeno e l’inflazione si trasmetterà al resto del mondo, allora sarà come una pandemia. E questo favorirà l’opera della speculazione che si trova perfettamente a suo agio in un quadro di incertezza e di instabilità.

 

E, come scrive nel suo libro, ne approfitta per speculare su titoli di Stato e per cercare di sferrare attacchi contro le valute. In particolare l’euro, in questo momento in condizioni di effettiva fragilità. Ma la speculazione è già pronta a colpire anche nella realtà?

 

Non ci sono dubbi.

 

Anche l’Italia?

 

Sì. Ci sono degli hedge fund che si stanno già organizzando. Staremo a vedere.

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