La pubblicità dell’azienda pubblica Trenitalia sull’introduzione del wi-fi a bordo dei propri treni Freccia Rossa è incessante in questi giorni. Il servizio, che anticipa quello previsto da Ntv a partire da settembre 2011, è certamente innovativo e importante. In questo modo i clienti della sussidiaria di Ferrovie dello Stato Holding potranno usufruire di una connessione a bordo veloce e relativamente stabile. La nuova tecnologia è gratuita per il primo mese di operatività e successivamente verrà offerta a un prezzo ancora da definire.
Oltre al plauso per un’iniziativa che ammoderna il servizio ferroviario, sarebbe interessante capire quanto è costato a Ferrovie dello Stato fornire questa possibilità. Infatti, andando a spulciare il bilancio di Fs del 2007 (secondo anno di gestione di Mauro Moretti) si scopre una svalutazione di quasi 14 milioni di euro (13,82) per le casse pubbliche.
Tale è il costo del progetto “Vector”, che ha provocato questa perdita di denaro e il bilancio di Fs riporta testualmente che riguarda “servizi altamente innovativi fruibili dalla clientela a bordo treno quali i servizi Wi-Fi, internet e posta elettronica, utilizzando una tecnologia mai impiegata prima sui rotabili ferroviari. Le sperimentazioni condotte hanno suggerito di non proseguire, al momento, nell’investimento, con conseguente svalutazione di quanto già realizzato per la parte non diversamente utilizzabile”.
Tale investimento è costato molti milioni di euro, ma è stato ritenuto inutile nel 2007 nonostante avesse vinto l’ICT Innovation Award 2006. Quindi, a distanza di tre anni è stato ripetuto un investimento per sviluppare la tecnologia wi-fi insieme a Telecom Italia.
Qui non si critica il fatto che Trenitalia investa su delle innovazioni, fattore anzi positivo, ma si vuole capire come mai un progetto che sembrava ottimo è stato abbandonato provocando una perdita di denaro notevole. Perdita che riguarda le casse pubbliche, in quanto Trenitalia è controllata al 100% da FS, la quale è interamente controllata dal Ministero dell’Economia.
Nel 2007 l’azienda guidata da Mauro Moretti aveva ricevuto 4,7 miliardi di euro di contributi e sussidi statali per effettuare il servizio di trasporto ferroviario, in aumento di oltre 1,1 miliardi rispetto al 2006. I soli contributi e sussidi a Trenitalia erano passati in un anno da circa 1,7 a oltre 2,6 miliardi di euro tra il 2006 e il 2007.
I contributi pubblici sono aumentati negli ultimi anni rispetto al 2006, anno nel quale l’azienda aveva registrato un passivo record di oltre 2 miliardi di euro. Questo è avvenuto con un’offerta di trasporto ferroviario in diminuzione.
Nel solo 2009 l’offerta è diminuita dell’1,1% nel segmento a media e lunga percorrenza. Questo dato potrebbe sembrare non tanto negativo, vista anche la crisi economica e la diminuzione della domanda del 14%. La tabella sottostante analizza i dati messi a disposizione da Trenitalia nel suo bilancio 2009.
Si evidenzia che il segmento di mercato, vale a dire principalmente l’alta velocità, ha visto sì un aumento del numero di passeggeri grazie all’entrata in funzione della rete AV, ma ha registrato un aumento maggiore dell’offerta. Questo significa che i treni viaggiano con un load factor inferiore, ovvero ci sono meno passeggeri per treno, ed è la tipica mossa operata dai monopolisti per alzare una barriera all’entrata.
I dati più preoccupanti arrivano invece dal segmento non di mercato, dove si è registrata una contrazione dell’offerta di oltre il 21%. Trenitalia offre sempre meno treni, mentre rispetto al 2006 ha visto un aumento importante dei contributi (+104% nei contributi per i treni notturni e il servizio universale tra il 2006 e il 2009). Nel solo 2009 i contributi nel media e lunga percorrenza sono diminuiti del 2,6% a fronte della caduta del 21%.
È bene che i contributi pubblici vadano a sussidiare il servizio universale e non progetti sbagliati. Per avere il giusto livello di sussidio pubblico è necessaria tuttavia una concorrenza reale tra gli operatori sia nella media e lunga percorrenza che nel trasporto regionale.
Le leggi attuali non aiutano a sviluppare una vera concorrenza e questo non dà incentivi a ridurre gli sprechi per ottenere una maggiore efficienza nelle aziende statali con conseguente riduzione dei costi anche per la collettività.