Qualche boatos, tanto per capire che aria tira in attesa che i dati macro tedeschi e quelli dell’eurozona, questi ultimi previsti per venerdì, diano una spiegazione al possibile tonfo che l’euro subirà in settimana. A Londra, dopo il lunedì nero della sterlina, girano strane voci, quasi tutte univoche: l’euro è spaventosamente sopravvalutato e, nonostante il debito britannico viaggi al 12% del Pil e le elezioni di maggio facciano virare il barometro verso una maggioranza alquanto risicata e instabile (timore che i mercati vedono concretizzarsi con un possibile downgrading del rating sovrano di AAA), la sterlina dovrebbe attestarsi come valore di cambio reale a 1,40 sulla moneta unica. Qualcun’altro azzarda meno e pone il limite a 1,20: comunque sia, un abisso rispetto alla parità tecnica attuale con possibilità di viaggiare, entro aprile, verso il cambio a 0,90-0,85.
Insomma, la questione greca è tutt’altro che risolta e chi vive sul Forex è pronto a puntare su un euro in caduta: per carità, nulla di drammatico visto che comunque un 20% di sopravvalutazione è oggettivamente reale ma un segnale chiaro che andando avanti di questo passo non servirà guardare il numero crescente di scommesse short al Chicago Merchantile Exchangwe per capire che le politiche miopi di Francoforte fanno la gioia degli hedge funds.
Altra voce che circola: l’oro, moneta che tesaurizza le aspettative di crisi reale, salirà ancora. E non di poco. Per conferme chiedete a quel filantropo di George Soros il quale, tra una buona azione e l’altra, ha utilizzato il suo Soros Fund Management per incrementare le posizioni di investimento presso la SDPR Gold Trust del 152% nell’ultimo trimestre dello scorso anno. Lo si evince dai dati resi noti il 16 febbraio scorso dalla Sec. Ma c’è di più: Goldman Sachs prevede che il metallo prezioso, fino a ieri mattina trattato a circa 1,113 dollari l’oncia, schizzerà a 1,235 entro tre mesi e a 1,380 entro dodici mesi.
Ancora più ottimistica Hsbc, secondo cui toccherà quota 1,300 dollari l’oncia – con possibilità di rompere il muro di resistenza – già entro la fine di quest’anno. Lo stesso pensano a Bloomberg, dove 15 analisti su 22 interpellati confermano un aumento almeno del 15% con quota 1,300 dollari ampiamente raggiungibile già quest’anno. D’altronde, negli ultimi dodici mesi l’oro ha conosciuto una crescita del 22%, una percentuale che ha pareggiato nel terzo trimestre dello scorso anno: durante il quale George Soros ha accumulato qualcosa come 2,44 milioni di azioni della SDPR Gold Trust. Insomma, ci sono tutte le prospettive per un altro rally.
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E per poter dire che la crisi – nonostante in America si cominci a riparlare di “marmellata a colazione”, ovvero di tempi meno grami visti gli ultimi indicatori macro – è tutt’altro che alle spalle. Domenica nella sua rubrica sull’inserto business del Sunday Times, Irwin Stilzer, eminenza grigia oltreoceano di Rupert Murdoch, parlava chiaramente di due anni di potenziale, falsa ripresa per gli Usa, il cui prezzo comincerà a essere pesantemente scontato a partire dall’inizio del 2012: e toccherà a Obama – o al suo successore, così scrive Stilzer – farsene carico e pagarne anche le responsabilità morali e politiche.
In meno di un mese e mezzo un altro richiamo al fatto che Barack Obama potrebbe non mangiare tutti i panettoni che il suo mandato dovrebbe costituzionalmente garantirgli: segnali, molto chiari, che dalle parti di Larry Summers e dei falchi della Fed quanto sta accadendo e quanto viene deciso alla Casa Bianca è decisamente poco gradito. Il presidente Usa è informato, anche perché gli indicatori del Treasury statunitense ci dicono che dall’estero si tornano a comprare azioni di società Usa, segnale che gli investitori hanno annusato una falsa ripresa che pomperà l’ennesimo “faked bull market” e un rischio di recessione molto lento, qualcosa che garantisce alti rendimenti sul breve-medio e facili scappatoie prima che il Titanic vada a picco.
Le stesse scappatoie che stanno prendendo le big del corporate, tra cui General Electric, Siemens e Philips, per sfuggire ai marosi dei mercati e della competizione diretta in tempi di recessione mascherata: sono, infatti, tutte in fila per accaparrarsi una fetta del nuovo piano sanitario da 125 miliardi di dollari deciso dal governo cinese, una sorta di piano Marshall triennale per migliorare il sistema nazionale che vede investitori privati occidentali pronti a qualsiasi cosa pur di sedersi al tavolo delle trattative: solo General Electric Healthcare ha 600 ingegneri che lavorano in Cina, molti dei quali impegnati in produzioni relativamente semplici come scanner e macchinari a ultrasuoni.
Altro che irritazione per la visita del Dalai Lama, gli affari vanno a gonfie vele all’ombra del Dragone: lasciate l’indignazione per la violazione dei diritti umani e per la pena di morte sistematica altrove, qui stiamo parlando di soldi. Tanti, tanti soldi. Astra-Zaneca, azienda con sede a Londra, ha creato un mega-impianto e sta investendo miliardi per essere capillarmente presente nelle zone rurali, quelle che hanno maggior bisogno di intervento sul sistema sanitario: bene, il business plan che ilsussidiario.net ha potuto scorgere parla di un aumento delle vendite del 20% all’anno per i prossimi cinque anni almeno. Cifre, certo, con possibile tendenza al rialzo. Soltanto il Betaloc, un medicinale contro l’ipertensione, rappresenta il 16% dei profitti di Astra-Zaneca in Cina.
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Pensate soltanto che il mercato cinese di apparecchiature mediche cresce del 13,5% l’anno, qualcosa come 15,5 miliardi entro il 2012, mentre quelle dei medicinali toccheranno i 110 miliardi entro due anni contro i 44 miliardi del 2008: lo stima l’unità di brokeraggio di Credit Suisse, gente che di soldi e industrie farmaceutiche ne sa qualcosa. Reale necessità? Per i macchinari e gli ospedali, soprattutto nelle aree rurali, possiamo dire di sì, meno per il mercato farmaceutico in sé: i cinesi, in nome del mercato, stanno per essere occidentalizzati per volontà del governo che non vuole perdere i suoi preziosi partner-investitori.
Serviranno anti-depressivi a pioggia dove invece non sono necessari e così via fino a creare potenziali drogati di effetto placebo essenzialmente come in Occidente, un enorme – il più grande del mondo – mercato di potenziali consumatori-ipocondriaci, una vera manna, al pari della bufala della swine flu che ha fatto fare miliardi ai produttori di vaccini, con milioni di dosi stipate nei ministeri dei vari paesi e che mai verranno utilizzate: se volete una dritta per investire, andate sui farmaceutici. E sulle infrastrutture. Ma di questo parleremo in un’altra puntata.