Il dibattito intorno al prezzo della benzina in Italia si è riacceso in quest’ultimo periodo, a seguito dei recenti aumenti. In effetti il prezzo della benzina senza piombo è aumentato negli ultimi 12 mesi del 26% circa, mentre quello del gasolio del 22% circa (fonte: Ministero dello Sviluppo Economico qui). La questione principale è capire se questi aumenti sono giustificati oppure no, ossia se le compagnie petrolifere ed i gestori delle stazioni di servizio “gonfiano” i prezzi per incrementare i loro profitti. Proviamo ad affrontare questa tematica in quattro punti.



1. Prezzo del greggio e cambio Euro/Dollaro – Le principali componenti del prezzo della benzina sono due: il prezzo del barile di greggio ed il tasso di cambio tra la valuta di riferimento (nel nostro caso l’euro) ed il dollaro. Il prezzo di un barile di greggio è attualmente di $86,75 (fonte: The Economist, quotazione di un barile di greggio West Texas Intermediate). In un anno è cresciuto in modo rilevante: + 76,8%. E’ però evidente che non tutto questo aumento è stato scaricato sul prezzo della benzina, che come abbiamo visto in precedenza è aumentata in misura molto minore. Questo è dovuto all’effetto del cuneo fiscale, ossia la differenza tra il prezzo pagato dal consumatore e quello incassato dal produttore, che va all’Agenzia delle Entrate: in Italia esso è circa del 62%. Se un litro di benzina “costa” € 1,236 (il prezzo medio durante il 2009) circa 770 millesimi vengono incassati dal fisco.



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Il prezzo del greggio influisce sul prezzo industriale, ossia sul prezzo al netto del cuneo fiscale: di conseguenza un aumento del 77% circa del barile di greggio non porta ad un equivalente incremento del prezzo della benzina al litro, proprio per l’effetto “cuscinetto” del cuneo fiscale. Il tasso di cambio €/$ (ricordiamo che il greggio è quotato in dollari USA) è oggi 0,75 (sono necessari 75 centesimi di euro per avere 1 dollaro USA): un anno fa era lo stesso. Tuttavia, nel corso di questi 12 mesi, mentre il prezzo del greggio ha ricominciato a salire, inizialmente l’euro si è apprezzato rispetto al dollaro: a luglio 2009 il cambio era 0,71, a ottobre 0,68. Poi l’euro ha iniziato a perdere valore (per effetto della crisi delle finanze pubbliche in alcuni stati dell’area euro, ad esempio la Grecia). Questo processo ha inizialmente “attutito” la crescita del greggio, poi successivamente ne ha invece “amplificato” l’effetto. In sintesi, la benzina è aumentata negli ultimi mesi perché il greggio è diventato più caro e l’euro ha perso valore rispetto al dollaro.



 

2. Eccesso di profitti? – Se i due precedenti fattori rappresentano le componenti principali dell’aumento del prezzo della benzina, ne esistono altri legati a comportamenti opportunistici da parte delle compagnie petrolifere, oppure dei gestori delle stazioni di servizio? Vale a dire, il prezzo è cresciuto per le precedenti ragioni, ma è troppo alto perché si vogliono conseguire profitti approfittando del fatto che il consumo di benzina è abbastanza “fisso”? E’ legittimo avere dei dubbi in merito, ma i dati disponibili sembrano affermare il contrario.

 

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Questo è dovuto a 4 fattori di inefficienza: 1) scarsa diffusione dei self-service (che implica 11 millesimi di maggior costo), 2) bassa flessibilità commerciale (orari troppo rigidi di apertura delle stazioni di servizio, 10 millesimi di maggior costo), 3) maggiore capillarità della rete (che non rappresenta necessariamente un male perché avvicina i distributori ai consumatori, ma che comporta 8 millesimi di costo aggiuntivo), 4) scarsa diffusione dei marchi commerciali (ipermercati, un costo aggiuntivi di 6 millesimi). Questi sono fattori di inefficienza non comportamenti opportunistici. I calcoli effettuati sul margine della distribuzione mostrano che esso sia abbastanza stabile nel tempo: ad esempio nel 1992 era pari a 140 millesimi rispetto ai 147 attuali.

  

3.Rockets and feathers – Una critica spesso portata alle compagnie petrolifere ed ai gestori è che gli aumenti del prezzo del greggio sono immediatamente “scaricati” (rockets) sul prezzo della benzina, mentre le diminuzioni portano a riduzioni con un andamento simile a quello di una piuma quando cade (feathers). Una risposta autorevole in merito possono fornirla solo studi scientifici; la letteratura non consente attualmente si affermare che la doppia velocità esista. Quindi, anche se possono esistere casi particolari in cui si verifica, non sembra essere un comportamento generalmente adottato nel settore.

 

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4. Modello Usa o modello Ue? – La benzina negli Usa costa come un litro di acqua minerale in Italia. È chiaro che esistono due modelli diversi applicati al mercato della benzina. Negli Usa il minor costo della benzina porta ad un maggior consumo, e quindi a: 1) maggiore inquinamento, 2) maggiore congestione (?). In Europa, il prezzo ben più elevato, porta ad un minor consumo di benzina, ad un minore inquinamento e quindi ad una minore congestione (?). In realtà, mentre quanto affermato in termini di inquinamento è vero, non altrettanto sembra esserlo per quanto riguarda la congestione, per le differenze territoriali e di distribuzione della popolazione nei due contesti. Negli Usa il territorio a disposizione è vastissimo, le città molto estese ed i fenomeni di congestionamento si verificano soprattutto intorno alle principali metropoli. Nel resto del paese, la vastità delle distanze rende anche troppo costoso erogare un servizio di trasporto pubblico, e quindi non esistono alternative all’automobile.

In Europa, il territorio è molto più limitato e la densità della popolazione molto alta. Questo porta a fenomeni di congestionamento molto diffusi non solo intorno alle grandi metropoli. Tutto questo per dire che un prezzo della benzina in Europa simile a quello Usa provocherebbe costi di congestionamento elevatissimi. La vera questione legata al costo della benzina è dunque dovuta ad un modello diverso in base al quale, per limitare l’utilizzo dell’automobile e i relativi effetti dannosi in Europa, occorre incrementare in modo elevato il cuneo fiscale. Questo è il vero fattore che fa la differenza. Ma non sembra essere possibile una via differente, date le caratteristiche del territorio e della popolazione nel nostro continente. Su questo occorre farsene una ragione. Quello che invece si dovrebbe sviluppare maggiormente sono le politiche di sostituzione all’ utilizzo dell’automobile (o ad un suo uso più efficiente, come ad esempio il car pooling), incrementando e migliorando l’efficienza del servizio di trasporto pubblico.