Sarebbe interessante capire quanto incida nell’utile record realizzato da Poste Italiane nel 2009 (904 milioni di euro) la grande massa di comunicazioni che le associazioni non profit hanno spedito per cercare sostenitori e fondi.
È vero che in un anno complessivamente molto positivo per l’azienda, solo i veri e propri servizi postali hanno registrato una flessione del 5%. Ma quella flessione sarebbe stata molto più pesante senza la voce del non profit, a cui Poste Italiane sino al 31 marzo assicurava una tariffa stracciatissima, attorno ai sei centesimi, coprendo il resto della tariffa con un contributo dello Stato, per altro suo azionista di maggioranza.
Il 1° aprile Poste Italiane ha scoperto che con il decreto governativo che non rifinanziava le agevolazioni si apriva un grande buco ed è subito corsa a contattare i big dell’associazionismo per offrire loro un mini sconto sulla tariffa, nel frattempo aumentata del 500%. Ovviamente il rifiuto è stato secco e senza eccezioni.
Ma se l’azienda Poste ha fatto il suo mestiere, la politica, che indirettamente ne è l’azionista, è rimasta muta. E questo è l’aspetto più incredibile della settimana di fuoco che abbiamo vissuto, con il sito Vita.it travolto dai click di migliaia di volontari e di semplici cittadini, indignati per quel provvedimento preso in maniera così proditoria. Il silenzio, dopo il colpo di mano, è apparso ancora più irreale: come se non ci si rendesse minimamente conto del danno provocato.
«Chi li ha visti?» Titola la copertina di Vita questa settimana. Il riferimento è a un altro fenomeno ben più drammatico, quello delle persone scomparse. Ma quel titolo potrebbe benissimo adattarsi a quei politici della maggioranza che non hanno avuto neppure la forza di dare una spiegazione, di indicare una seppur vaga via di uscita. Acqua in bocca, e via andare.
C’è chi ha provato a suonare la sveglia con immagini forti, come il direttore del Banco Alimentare che in una lettera a ilsussidiario.net ha scritto che un provvedimento come questo equivale «a sparare in fronte ai più poveri». Un giudizio non molto lontano dal vero, come dimostra lo screening che la redazione di Vita ha realizzato, interpellando una quarantina di associazioni nazionali e cercando di analizzare con loro le ricadute concrete dell’aumento delle tariffe postali.
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A somme fatte, si arriva a una cifra superiore ai 16 milioni di euro, che se verranno spesi per sostenere le consuete campagne di raccolta fondi dovranno essere sottratti ai progetti di ricerca o di solidarietà. Se invece non venissero spesi, produrranno una caduta della raccolta fondi, con risultati simili se non forse peggiori.
Per stare sul concreto, ha spiegato Francesca Pasinelli, direttore generale di Telethon, il milione di euro in più per le spese postali comporta la rinuncia a 12 progetti di ricerca. Davanti a numeri come questi si capisce perché i politici si trincerino in un imbarazzatissimo silenzio: sono numeri che suscitano un senso di vergogna.
Ma a questo punto il silenzio ingigantisce i danni. Per cui è sacrosanto esigere, sulla spinta delle migliaia di firme raccolte, che una soluzione venga assolutamente trovata. Se il problema delle tariffe c’era, poteva esser affrontato in maniera molto più partecipata e indolore. Ora invece il danno è stato fatto. È un danno del tutto inutile e gratuito, che s’aggrava più il tempo passa e più la politica latita.