La crisi greca sembra vicina a una svolta. Ieri, infatti, il cancelliere tedesco Angela Merkel ha detto che i negoziati per un prestito alla Grecia vanno accelerati. La Germania sembra inoltre pronta a varare un piano di aiuti per un ammontare superiore ai 100 miliardi di euro in tre anni e nell’immediato si appresta a concedere un prestito di 8,4 miliardi di euro ad Atene. Questo sembra però non tranquillizzare i mercati. Nonostante le rassicurazioni della Commissione europea, si teme infatti che il rischio di insolvenza possa allargarsi ad altri paesi europei, in primis Portogallo e Spagna. Ipotesi che viene confermata anche dall’economista, ed ex ministro delle Finanze, Francesco Forte, che in questa intervista ci spiega che un fallimento di Grecia e Portogallo potrebbe addirittura rafforzare l’euro.
Professore, la Germania sembra pronta a fare il primo passo in aiuto della Grecia. Siamo vicini a una soluzione del problema?
La Germania può anche concedere questo prestito, ma credo che le cose non cambieranno molto, perché adesso è a rischio anche il Portogallo. Non esiste nemmeno la possibilità di espellere un paese dall’euro e nemmeno la Grecia può scegliere di uscirne. Penso che la Grecia possa benissimo fallire pur rimanendo nell’euro. In questo caso le banche che hanno prestato soldi ad Atene prenderanno una bella scottatura.
Ritiene quindi che sia un errore aiutare la Grecia?
Mi sembra che questa spirale di pietà sia sbagliata. Nell’area euro, del resto, ciascuno risponde per sé e non si può sovvenzionare chi sbaglia. Non riesco a capire questa teoria per cui in un’area come l’Unione monetaria tutti devono rispondere per gli errori di uno: non è giusto e non è equo.
Dunque meglio un fallimento della Grecia…
La Grecia probabilmente fallirà perché è stata spensierata. Il vero problema per Atene non è rappresentato dal debito pubblico, ma dalla bilancia dei pagamenti. Infatti ha un passivo della bilancia dei pagamenti pari al 4% del Pil. In sostanza, la Grecia non ha i soldi per rimborsare il prestito estero (contratto in particolare con Francia e Germania) e se si trova in questa situazione è colpa sua.
Cosa intende dire?
Il suo comportamento è stato assurdo. Penso che nessuno sappia che la Grecia lo scorso anno aveva una pressione fiscale pari al 37% del Pil, mentre in Germania è al 42,5%, in Italia supera il 43% e in Francia viaggia intorno al 44%. Atene avrebbe quindi fatto meglio a portare la pressione fiscale nella media europea alzandola almeno di 5 punti percentuali.
Cosa accadrebbe nel caso la Grecia dichiarasse il fallimento?
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Dato che il prestito che verrà prossimamente erogato è ultra-garantito, immagino che la Grecia non rimborserà totalmente quelli precedenti. Nel caso di default, il debito pubblico greco diventerà insolvibile A quel punto si passerà alla ristrutturazione del debito, come già successo con paesi in difficoltà come l’Argentina.
Non esiste una via d’uscita diversa?
Dovrebbe avvenire il contrario di quel che sta accadendo. La Grecia dovrebbe prima varare le riforme, cominciare a mettere i conti in ordine, e solo dopo aver stabilizzato la situazione chiedere un prestito per far fronte a una difficoltà momentanea. Questo la renderebbe credibile. Invece siamo in una situazione in cui abbiamo scoperto che hanno barato due volte sui bilanci pubblici, ancora non hanno varato una riforma seria per il contenimento della spesa pubblica e in più sta venendo fuori che le potrebbero servire fino a 100 miliardi di euro. Come possono essere credibili? Il Premier greco Papandreou non è credibile, perché è andato al Governo con un programma in cui prometteva rose e fiori e non austerità.
Secondo lei c’è un rischio di contagio in altri paesi europei come il Portogallo?
Naturalmente. Il Portogallo dovrà adesso dimostrare di essere credibile. Il problema è che ha da poco varato una manovra correttiva di bilancio e pare che non sia in grado di portarne a termine un’altra che sarebbe necessaria.
E il contagio potrebbe estendersi oltre?
Il Portogallo è sotto tiro pur avendo un debito pari al 77% del Pil. La linea tedesca, che nessuno ha capito, è ovvia e logica. Per quanto grossa sia, la Germania non è in grado di aiutare nessun altro oltre alla Grecia. Se le cose andranno male, il Portogallo chiederà di essere aiutato. Poi toccherà alla Spagna e forse qualche aiuto lo si potrà ancora dare. Quando poi toccherà all’Italia non credo che ci saranno ancora soldi per concedere prestiti.
Dunque anche l’Italia è a rischio?
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Sì, anche l’Italia è nell’occhio del ciclone. Rispetto alla Germania abbiamo già perso un punto di interesse sui titoli di stato. Infatti, il rendimento sul debito tedesco è sceso di mezzo punto e quello sul nostro debito si è alzato di mezzo punto. Il nostro problema è che nessuno può concederci un prestito, anzi ce lo vengono a chiedere. Poi ci sono situazioni assurde che non ci aiutano.
Quali?
In Italia si sta discutendo se Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera, debba lasciare la sua carica o meno dopo che Italo Bocchino, vicepresidente, ha rassegnato le dimissioni. Queste sono cose che pesano poi sul nostro rating. Se Cicchitto dovesse dimettersi chi andrebbe a spiegare alle agenzie di rating che si tratta di una lite di corrente? La finanza internazionale penserebbe che il Governo Berlusconi è in crisi e non ha più il controllo dei deputati che dovrebbero sostenerlo. Non dimentichiamo che inglesi e americani ci guardano malignamente, vorrebbero farci fare brutta figura, dato che anche loro sono nei guai con il debito, vorrebbero che fossero gli altri paesi ad affondare per primi.
Come può difendersi l’Italia?
Per fortuna Tremonti finora ha agito bene e adesso bisogna tenere i denti stretti. Quello che ci servirebbe è una Repubblica presidenziale. Dato che non l’abbiamo, occorre avere un Governo forte, con maggiori poteri in ambito economico, anche se presumo che Napolitano non mancherà di firmare decreti d’urgenza per salvare il debito pubblico. Purtroppo ci sono stati errori in passato non da poco.
A che cosa si riferisce?
Napolitano ha sbagliato a non firmare il decreto sull’arbitrato relativo all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Questo ha indebolito il Governo in un campo delicato. Non dovremmo inoltre avere chi dice che non è il momento per una riforma delle pensioni o chi vuole una riduzione delle imposte sul reddito o una tassa più alta sui patrimoni. Non dovremmo infine avere chi vuole un partito del Sud per chiedere più fondi a Roma o chi richiede un contratto nazionale di lavoro unico con un minimo salariale garantito.
Ieri Umberto Bossi ha detto che senza il federalismo fiscale l’Italia farà la fine della Grecia. Cosa ne pensa?
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Il federalismo fiscale fatto come l’intende la Lega con i suoi messaggi non funziona. Scuola e sanità possono passare alle Regioni, modificando per il momento solo poco il sistema tributario, che va adattato mano a mano alla responsabilità, senza toccare l’imposta personale sul reddito che deve servire a finanziare il debito pubblico. Agli enti locali vanno dati più mezzi per accertamenti tributari autonomi nel campo della tassazione indiretta. Bisogna fare il federalismo con l’idea che il Sud spenderà di meno, non con l’idea che il Nord pagherà di meno. In questo modo il bilancio avrà meno debiti. Il federalismo va fatto con gradualità, perché gli osservatori internazionali, per usare un termine banale, non sanno l’italiano. Loro vedono solo se lo Stato ha o meno i mezzi per pagare il debito pubblico.
Dunque una grande responsabilità della situazione in cui ci troviamo è anche della finanza?
La finanza fa il suo mestiere, seppur sbagliato. Le banche che giocano al ribasso, in realtà sarebbero ben felici che arrivasse qualcuno a salvare la Grecia. Noi dovremmo avere i parametri patrimoniali per chi fa queste operazioni. Attualmente invece queste transazioni non hanno quasi costi, perché si fanno sugli spread, sui derivati, senza necessità di avere in mano i titoli di stato. Non esistono quindi limiti a queste operazioni. C’è un sistema sregolato di speculazione internazionale.
Lei crede che l’euro sopravviverà?
L’euro senza Grecia e Portogallo funzionerebbe meglio. Ciò non toglie che la moneta unica può sopravvivere benissimo con il loro fallimento, anzi credo che si rafforzerebbe. L’Ue avrebbe dovuto dire che la socialità è un modo di distribuire fette di torta che esistono, non quelle che si vorrebbero e che sono immaginarie. Invece ha cincischiato sui rapporti debito/Pil, anziché prendere misure per evitare, per esempio, che le famiglie si indebitassero così tanto.
(Lorenzo Torrisi)