Da diversi giorni tutti i principali commentatori ed economisti si sono pronunciati sulla questione del salvataggio della Grecia. Ci pare che però da tutti sia stata data poca attenzione al fatto che per aiutare il giudizio dei lettori occorre fornire i criteri per questo giudizio. Anche in questo caso, molto spesso, è emersa quella tipica tendenza umana a favorire e sostenere le proprie idee, piuttosto che fornire i criteri per poterle giudicare ed eventualmente criticare.



Proviamo qui a fornire quelli che ci sembrano alcuni elementi fondamentali, che occorre tenere sempre presenti nella formulazione di qualsiasi giudizio in materia. Il primo giudizio riguarda l’utilità del salvataggio. Questo salvataggio, va detto a chiare lettere, è totalmente inutile, poiché non farà che provocare nuovo debito, allargando ancora il contagio del debito in Europa.



Del resto, come reagireste voi, se una persona che vi deve dei soldi, un certo Tizio, vi dicesse “prestamene ancora”, e di fronte alla domanda su come pensa di restituirli, vi rispondesse “non ti preoccupare, chiederò un prestito anche a Caio”? E come reagireste se sapeste che anche Caio è pesantemente indebitato a sua volta? E se voi foste il direttore di una filiale di banca, come reagireste?

Del resto, i cittadini tedeschi hanno ben capito quel che nessuno vuole ammettere: da un sondaggio commissionato da un giornale è risultato che il 76% degli intervistati non crede che la Grecia potrà restituire il prestito. E conti alla mano, come potrebbe?



Il debito si avvia al 120% sul Pil. Il Pil per quest’anno è previsto in calo al -2% (ma non stupirebbero revisioni al ribasso), con un deficit che è vicino al 14% del Pil (se dai conti non verranno fuori altri trucchi) e questo nel contesto di una crisi economica che sta stringendo l’Europa. Tanto per dare un’idea realistica della profondità crisi, possono bastare le ultime notizie sulle immatricolazioni auto: in Italia -15%, in Germania -32% (immatricolazioni auto in aprile, rispetto a un anno prima, quando c’erano gli incentivi).

In tale contesto, con un ulteriore debito di oltre 120 miliardi di euro, come si può ragionevolmente pensare che la Grecia non andrà in default? Certo, molti economisti e politici non possono permettersi di rimetterci così la faccia. E allora lo chiameranno “ristrutturazione del debito”. Ma anche questo è destinato al fallimento. Perché la politica non si fa solo con le idee e senza tener conto delle persone reali.

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Ha ragione Mauro Bottarelli, quando afferma: “Il problema, in questo caso, è tutto politico. Guardiamoci in faccia e parliamo di numeri. La Grecia non può fare ciò che promette e rischia di innescare un domino di instabilità ancora peggiore in tempi brevi. Il perché è presto detto: il governo Papandreou dovrebbe tagliare del 16% gli stipendi dei dipendenti pubblici, alzare l’Iva al 23%, tagliare il deficit primario del 12% rispetto al Pil entro tre anni”. Inutile quindi prestare e poi andare in default: tanto vale andare in default subito, evitando di sprecare denaro.

 

Ma c’è un altro elemento, ancora più radicale, che rende insostenibile tutta la costruzione finanziaria oggi vigente, e non permette alcun tipo di salvataggio: l’euro, ogni banconota che abbiamo in tasca, è emessa a debito. La Bce, quando crea nuova liquidità, la addebita al soggetto richiedente. Tutta la moneta circolante, cartacea o informatica che sia, viene emessa a debito; ne risulta che pagare tale debito (con i suoi interessi) con tale moneta matematicamente non è possibile. Con tale struttura monetaria, l’unica soluzione è rimandare il debito, cioè ingigantirlo con i nuovi interessi. Anzi, una economia che cresce è inevitabilmente una economia sempre più indebitata.

 

In effetti, con il prestito messo in atto, una parte del debito greco viene passato ad altri paesi europei. Ma sempre di debito si tratta. E poi cosa dovrebbe accadere? La Grecia dovrebbe iniziare ad avere degli avanzi di bilancio, con i quali pagare sia gli interessi del debito attuale, sia tutto il nuovo debito appena ricevuto (una follia solo il pensarlo). E come potrebbe avere una avanzo di bilancio? Solo con un disavanzo degli altri paesi europei nei confronti della Grecia. Quindi alla fine pagheremo sempre noi. Dalla morsa del debito non si esce cono questi trucchi da “polvere sotto il tappeto”. Occorre veramente una ristrutturazione del sistema finanziario internazionale.

 

Ora passiamo a una breve considerazione sugli effetti sociali di tale salvataggio. Infatti, il prestito non è stato richiesto in cambio di nulla, ma in cambio di durissime regolazioni nei capitoli di spesa, con tagli agli stipendi e un aumento delle imposte. Ora qui non poniamo solo una domanda di tipo economico (ma con tali tagli agli stipendi e aumento di tasse, come farà l’economia a riprendersi?), ma soprattutto di tipo sociale: come potranno i cittadini accettare tali tagli, quando ormai tutti hanno capito che in tempi di crescita ne guadagnano gli speculatori, mentre in periodi di crisi, il conto lo pagano tutti? Viene chiesto un taglio del 20% agli stipendi degli statali: ma sono loro il problema, oppure il problema è la speculazione?

 

Allora, posto che il salvataggio non serve, perché comunque il debito è impagabile, e non farà che far crescere il debito complessivo; posto che il problema del debito è il problema della costituzione dell’euro, cioè un problema europeo e non greco; posto che la cura imposta col debito è un modo per far pagare il debito alla popolazione; allora l’alternativa per il bene del popolo greco è il default sul debito ed il ripristino di una moneta nazionale. Non si tratta di uscire forzatamente dall’euro, poiché la Grecia potrebbe ottenere uno status simile a quello della Gran Bretagna, che utilizza una moneta nazionale pur essendo nella Ue. In tali condizioni, con una adeguata svalutazione della moneta nazionale, l’economia greca tornerebbe competitiva.

 

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E che dire allora del piano varato dalle diplomazie europee durante lo scorso weekend? Intanto, occorre dire che le cose fatte in fretta non possono produrre nulla di buono. Un altro elemento che spicca è la gran confusione: per i giornali si tratta di 600 miliardi, i telegiornali parlano di 750 miliardi. Si tratterebbe di un Fondo Monetario Europeo; ma c’è di mezzo anche il Fondo Monetario Internazionale, in un quadro in cui sembra dominare la confusione e il pressapochismo. E poi, alla fine, si tratta solo di linee di credito; cioè nessuno metterà i soldi veramente, ma si impegnano a metterli casomai vi fosse la necessità inderogabile di tappare una falla.

 

Infine, altri due elementi fanno ben capire che si tratta solo di un palliativo. La Bce, “nella propria indipendenza” (cioè decidendo in maniera autonoma rispetto al potere politico), acquisterebbe titoli di stato dei paesi in difficoltà. Ma acquistare titoli di stato vuol dire ancora una volta ampliare il loro debito. Il secondo elemento è che agli stati in questione, Spagna e Portogallo, verranno chieste manovre di bilancio per migliorare i conti. Cioè alla fine pagheranno sempre i cittadini. No, decisamente non ci siamo. Non è con questi palliativi e trucchi contabili che si potranno risollevare le sorti dell’Europa.

 

L’unica soluzione utile immediatamente al bene del popolo è l’uscita dall’euro, il ritorno a una moneta nazionale, la svalutazione di tale moneta, la ripresa dell’economia attraverso il rilancio del turismo per la convenienza dei prezzi, la conseguente convenienza per gli investitori stranieri a investire in Grecia a causa dei costi ribassati. Ovviamente una tale moneta non verrebbe accettata con facilità sui mercati finanziari, e proprio per questo sarebbe esclusa dalla grande speculazione, quindi sarebbe inattaccabile dalla stessa. Finalmente una moneta al servizio dell’economia reale!

 

Questo non toglierà la necessità di una profonda revisione della struttura monetaria europea. Ma serve concretamente al bene del popolo. Un argomento questo da approfondire e da motivare accuratamente. Iniziando anche a capire chi sta guadagnando da questa situazione. Ne parleremo in un prossimo intervento.

 

(Giovanni Passali)

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