L’euforia è già finita. E la cosa non deve stupire. Per quanto la parola “trilione”, ovvero l’ammontare messo a disposizione dall’Ue per salvare l’euro dal rischio di default sovrani, faccia sempre un certo effetto, i mercati tendono a essere più razionali dei politici.

Quei soldi non sono sufficienti. Ma soprattutto la crisi del debito che sta colpendo l’Europa è sistemica, non un default dovuto a contingenze straordinarie. La Grecia non è in grado di tagliare il suo deficit per l’ammontare concordato, questo è chiaro. Il Portogallo è in default tecnico, la Spagna a breve dovrà bussare alle porte di Bruxelles e soprattutto sta per aprirsi il caso britannico.



Londra ha detto no al piano di salvataggio europeo e questo parla la lingua di una duplice presa di posizione: primo, la nostra situazione è davvero grave e dobbiamo pensare prima a noi che agli altri. Secondo, se i regolatori europei andranno, come sembra, a colpire le attività speculative, la City pagherà un prezzo altissimo e pur di non affogare passerà pesantemente al contrattacco (con ovvie ripercussioni sul nostro mercato borsistico, di proprietà del London Stock Exchange).



I problemi più gravi, infatti, sono dietro l’angolo. Ieri i titoli peggiori su tutti i listini erano quelli bancari, con cali anche del 5% dopo i rialzi da fantascienza e completamente irrazionali in base ai fondamentali: significa che i rischi di insolvenza di Grecia e Spagna sono tutt’altro che superati. E attenzione, il segnale è di quelli davvero pesanti.

Dopo l’annuncio del mega-piano europeo, infatti, le azioni delle banche sono schizzate alle stelle per un motivo ben preciso: la Bce ha fatto sapere che compra dagli istituti di credito i titoli tossici e i crediti inesigibili di cui sono pieni. Ma se a solo 24 ore dall’euforia, siamo già tornati al panico questo significa soltanto una cosa: le banche hanno continuato a mentire sulla quantità di bad assets di cui sono in possesso.



I mercati, invece, lo sanno o quantomeno sanno che – per stessa ammissione della Bafin – le sole banche tedesche hanno liabilities per 300 miliardi di euro. Chi le salva se parte un effetto domino, visto che la priorità sembra quella di togliere dalle sabbie mobili Spagna, Grecia e Portogallo? La Francia, poi, ha tre banche pesantemente esposte – sia a livello di sussidiarie, sia per quantità di bonds ellenici detenuti – sulla Grecia: se salta il piano di austerity del governo Papandreou, salta il banco.

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Insomma, possiamo dire che il piano della Ue non ha salvato l’euro, ma ha voluto mandare il messaggio ai mercati che sarebbero state salvate le banche, i prestatori: i mercati, per tutta risposta, hanno deciso per il pollice verso. Ieri uno dei titoli che perdeva maggiormente terreno era Hsbc, la banca britannica ritenuta più sicura al mondo poiché operante principalmente sui mercati asiatici: ormai non esistono più safe havens, il contagio del debito può non essere diretto – da paese a paese – ma opera secondo la logica del bimbo che grida che “il Re è nudo”, il crollo del Nikkei di ieri mattina non si spiega altrimenti.

 

Il deteriorarsi della situazione britannica, poi, potrebbe significare un atteggiamento maggiormente aggressivo della speculazione: in primo luogo contro la sterlina, indebolita dall’instabilità politica seguita alle elezioni nel Regno Unito e di fatto in balia delle scelte di short di chi opera sul valutario e fino a ieri picchiava duro contro l’euro. Ma, in un secondo tempo, i focolai di attacco potrebbero diversificarsi e non è detto che non parta una sorta di sfida all’Europa e al suo piano: se i fondi capiranno con ragionevole certezza che qualcosa scricchiola, potrebbe azzardare un affondo.

 

Se questo andrà in porto, addio Europa e tanti saluti all’euro così com’è. Non a caso Mario Draghi, governatore di Bankitalia, ha detto che quelle contro la speculazione «sono battaglie che bisogna combattere, non si vincono subito. In Europa non c’è alternativa al consolidamento dei conti pubblici e alla ripresa della crescita che si fa con le riforme strutturali». Ovvero, la speculazione c’è e c’è sempre stata, ma forse è il caso di smetterla di scaricarle addosso responsabilità non sue.

 

Se, infatti, i fondi non fossero entrati pesantemente in campo, pensate che la Grecia avrebbe fatto outing sui propri vizi capitali con questa velocità e chiarezza? Pensate che il Portogallo avrebbe ammesso i propri conti sballati? Pensate che la Spagna non avrebbe cercato di prendere tempo, prima di ammettere di essere quasi sull’orlo dell’insolvenza? Piano, quindi, con la condanna tout-court della speculazione: se compro un cds è perché so che ci sono possibilità di default, nessuno prenderebbe mai un cds a protezione dal crollo di un soggetto sano e con i conti in ordine.

 

Quindi, arrovellarsi il cervello riguardo a quali tipi di derivati è meglio vietare o su quali pratiche vanno bandite potrebbe essere tempo perso. O, quantomeno, guardare il dito e non la luna. Servono crescita e rigore, non parole a vuoto o peggio una caccia alle streghe dal sapore populistico. Prendete il caso greco di queste ore. Il Governo greco aveva infatti intenzione ieri di chiedere all’Unione europea e al Fondo monetario Internazionale un primo versamento da 20 miliardi di euro nel quadro del pacchetto di aiuti accordato nei giorni scorsi.

 

Una fonte del ministero delle Finanze greco ha detto che nel corso della giornata di ieri sarebbe stata inviata una lettera alla Commissione europea, alla Banca centrale europea e al Fmi per chiedere l’attivazione del meccanismo di aiuti: il versamento di questa prima tranche, che prevede l’esborso di 14,5 miliardi di euro da parte dell’Ue e di 5,5 miliardi da parte del Fmi, «deve essere immediato, forse in giornata» ha aggiunto la fonte.

 

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Il 19 maggio, come abbiamo più volte ricordato su ilsussidiario.net, è in scadenza un prestito obbligazionario per il quale lo Stato greco dovrà pagare 9 miliardi di euro: non solo Atene chiede, ma pretende pronta cassa. Difficile, con un atteggiamento del genere, porre in essere un serio piano di tagli e riforme: pensate che la speculazione internazionale non seguirà molto da vicino le prossime mosse di Ue e Atene? È vero l’esatto contrario. O si seguirà la ricetta offerta ieri da Mario Draghi o questo mega-piano, le cui intenzioni erano quelle di salvare l’euro e l’Europa, sortirà l’effetto esattamente contrario.

 

E in Germania si scommette già su questo: 2011, fine dell’euro. Fantapolitica? Può essere: per molti ottimisti lo erano anche il crollo di Lehman, la crisi greca e tutto quanto accaduto da due anni a questa parte. Giulio Tremonti ha detto che con l’accordo Ue si è evitata la catastrofe: per una volta, non sono d’accordo con lui. La si è solo posticipata. E forse resa peggiore.

 

I soldi a pioggia servono solo a generare irresponsabilità: così l’Ue aveva risposto alle richiesta d’aiuto dell’Irlanda. Ora si è passati da un estremo all’altro: e con la Lehman europea della crisi britannica alle porte. E si chiedono perché le Borse, dopo solo un giorno, vanno in picchiata…

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