L’ideologia economica modernista continua a devastare le intelligenze di economisti e intellettuali di tutti gli orientamenti, esponendole a ragionamenti che, a volte, sono semplici da smontare.

Uno dei campioni di tale ideologia è Francesco Giavazzi, che spesso interviene a commentare le fasi di questa crisi sulle prime pagine dei maggiori quotidiani nazionali. E ogni volta l’espressione di questa ideologia induce Giavazzi ad alcuni commenti che anche a una analisi superficiale non reggono al vaglio della ragione.



Un ulteriore esempio lo abbiamo avuto lunedì scorso, quando ha commentato il piano messo in piedi dall’Ue per fronteggiare la crisi. L’articolo, apparso in prima pagina sul Corriere della Sera, inizia testualmente con queste parole:

“Uno degli interventi prospettati ieri – la possibilità che la Bce acquisti i titoli pubblici di alcuni Paesi dell’euro vendendo i suoi titoli americani e forse anche tedeschi, e quindi senza mettere a rischi la quantità di moneta e in prospettiva l’inflazione – è una mossa intelligente.”



Immettere liquidità provoca inflazione? Ora, anche una semplice massaia sa che in questi quasi tre anni di crisi (dall’agosto del 2007 a oggi), la Bce e la Fed si sono rese protagoniste di massicci interventi per immettere enormi quantità di liquidità nel sistema bancario paralizzato dalla sfiducia e dal sospetto. Eppure da allora non abbiamo visto nessuna inflazione: al contrario, abbiamo visto un’inflazione leggermente negativa (cioè, un leggero calo dei prezzi), quella che gli economisti chiamano “deflazione”.

Quello che invece la nostra massaia non sa, e che probabilmente non sanno molti nostri lettori, è che la Bce fin dalla sua nascita ha messo in atto una politica monetaria che non poteva far altro che far nascere bolle speculative e devastare l’economia reale.



La Bce nel 1998, prima della nascita dell’euro, aveva affermato che avrebbe aumentato la massa monetaria del 4,5% di anno in anno. Invece, da quando esiste l’euro e fino a tutto il 2007, in concreto la Bce ha aumentato la massa monetaria di una percentuale compresa tra il 6 e il 12%. Ha cioè immesso una quantità esorbitante di liquidità, che non poteva far altro che alimentare una gigantesca bolla speculativa, quella che ha fatto crescere ininterrottamente i mercati finanziari tra il 2002 e il 2007. Poi la bolla è scoppiata e ora siamo alla resa dei conti.

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Siccome un’immagine vale più di mille parole, proponiamo il grafico della massa monetaria (per la precisione, il cosiddetto aggregato monetario M3) preso dal sito ufficiale della Bce.

 

 

Ecco come la Bce ha aumentato la liquidità presente nel sistema. Ora, due cose sono chiarissime anche ad un neofita. Primo: la Bce non ha regolato la massa monetaria a seconda delle esigenze della economia reale. Ha servito qualche altro scopo. E sicuramente si tratta di uno scopo che nulla ha a che fare col bene comune.

 

Secondo: vista la regolarità della curva, è evidente che gli esperti della Bce hanno seguito una qualche formuletta. E questo puzza tanto di ideologia forzatamente applicata alla realtà. E se non funziona, allora tanto peggio per la realtà.

 

Ma come mai un tale eccesso di moneta non ha creato inflazione? Lo hanno spiegato tre economisti della Banca d’Italia in uno studio pubblicato nell’aprile 2007. La conclusione è che la moneta in eccesso non ha provocato inflazione perché è finita nei mercati finanziari e non a famiglie e imprese.

 

E perché mai non è finita a famiglie e imprese? Questo lo dico io. Perché è finita in mano alle grandi banche e istituzioni finanziarie, che lo hanno spostato laddove rende di più: nei mercati finanziari. E la Bce si è resa consapevolmente coprotagonista di questa operazione: un’ideologia al governo del potere monetario in Europa.

 

Tutto questo è stato possibile per una gravissima confusione di fondo, la confusione tra liquidità e moneta. La Bce ha prodotto liquidità, convinta che fosse moneta perché la chiamava euro ed era misurata in euro. Ma la moneta, per essere davvero tale, deve circolare: se non circola, non è moneta. E la liquidità creata dalla Bce finiva nei mercati finanziari, senza circolare nell’economia reale.

 

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Ma il danno più grave ha una origine culturale peggiore, perché le implicazioni di questo danno sono ancora più profonde, si radicano ancora più profondamente nel tessuto economico del paese. Ogni moneta, infatti, deve assolvere alle tre funzioni monetarie di base: unità di misura, mezzo di scambio e riserva di valore. E il grande danno è che in questo modo, con una produzione sconsiderata di liquidità, la Bce sta distruggendo la funzionalità di unità di misura dell’euro.

 

Infatti, di fronte a una borsa che in un giorno solo guadagna oltre l’11%, dopo che la settimana precedente aveva realizzato consistenti perdite, la vera domanda non è quanto vale quella borsa, ma la vera grande domanda è: quanto vale l’euro?

 

È quello che dovrebbe chiedersi ciascuno di noi, quando va a fare il pieno di benzina o quando va a fare la spesa al supermercato, di fronte al rialzo dei prezzi, è: qual è il problema, il valore della benzina, o il valore dell’euro?

 

Proprio per questo deficit culturale ora, da quando è scoppiata la crisi, viviamo in una situazione paradossale: enormi quantità di liquidità presenti nei mercati finanziari, e una rarefazione monetaria nell’economia reale. E le imprese che non ottengono più liquidità; e falliscono o chiudono per mancanza di liquidità, non di lavoro o di commesse.

 

Ma qual è la conclusione dell’articolo di Giavazzi? Qual è l’obiettivo della ideologia economico-mercatista dominante? Così conclude l’articolo di Giavazzi: “In altre parole, il problema vero sono le prospettive dell’economia reale, non la finanza”. Eh già. Ora che la finanza è diventata la sanguisuga dell’economia reale, ora che la finanza sta bene e l’economia reale sta male, allora la colpa è dell’economia reale.

 

Ma chi difende certe ideologie, di fronte alla ricchezza della realtà, si trova sempre in difficoltà. E così Giavazzi, dopo appena due giorni (ieri), sempre sul Corriere della Sera e sempre in prima pagina, pur di riaffermare che ora il conto lo devono pagare gli stati, cioè tutti noi, lo fa dicendo il contrario di quanto affermato due giorni prima.

 

Ora c’è l’inflazione, causata dalla mossa della Bce (la mossa della Bce non è più intelligente?). Quindi la Bce non può fare altro, devono intervenire gli stati, facendo pagare il conto con il taglio delle spese.

 

“Nonostante questi acquisti si riferisce agli interventi della Bce – siano sterilizzati, cioè non tocchino la base monetaria, le aspettative di inflazione da lunedì hanno cominciato, seppur lievemente, a salire.”

 

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La conclusione di questo articolo? “La soluzione migliore sarebbe attivare, in Spagna e Portogallo, un programma del Fondo monetario che apporterebbe liquidità, ma soprattutto un’attenta procedura di sorveglianza”.

 

Ecco cosa hanno in mente: il controllo dei poteri monetari sugli stati. Senza elezioni, senza suffragi, con un intervento d’emergenza per salvare la loro moneta. Non salvare il popolo, ma salvare la loro moneta. Ma commettono il solito errore, tutti quanti: scambiano la liquidità per moneta. Ma la loro liquidità non circola, non è moneta. Non potrà mai esserlo.

 

E perché non potrà mai esserlo? Perché la vera moneta si basa su una fiducia. E su una promessa. E su un popolo. E la dinamica di funzionamento della moneta ha profonde radici nelle dinamiche della religiosità umana. Infatti i rapporti tra debitori e creditori sono presenti nell’umanità fin dalle sue origini. E non a caso nella preghiera del Padre Nostro si utilizza un termine tipicamente economico, chiedendo che vengano rimessi “i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”.

 

L’euro invece nasce come un debito, è un debito circolante. Invece che l’euro, come moneta potremmo utilizzare un sasso, una conchiglia o un qualsiasi altro oggetto particolare. La storia potrebbe mostrarci mille di questi esempi. Ma l’uno o l’altro di questi oggetti avrebbe dei limiti, connessi alla propria natura.

 

E così l’euro. Essendo debito, pur dovendolo utilizzare come moneta per legge, non potrà mai assolvere al meglio la funzione di moneta. L’euro è un debito, ogni banconota viene emessa a debito, quindi l’euro è un prodotto finanziario. Quella è la sua natura.

 

La strada da prendere, allora, è l’opposto di quanto suggerito da Giavazzi. Non gli stati sotto la tutela di un Fondo monetario che nessuno ha eletto. Ma la Bce sotto la tutela degli stati. E gli stati che riprendono a stampare moneta in proprio. Senza indebitarsi, senza chiedere moneta alle banche.

 

In attesa di questo, occorre fare vera cultura economica. E occorre domandarsi: cos’è la moneta?

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