Cèsar Alierta, presidente di Telefonica, grande azionista attraverso la finanziaria Telco di Telecom Italia, in questi giorni si sta occupando di Portogallo e Brasile. Proprio oggi infatti parte il road show organizzato sulle grandi piazze finanziarie europee e americane per convincere i mercati che l’offerta lanciata dal suo gruppo per prendere il controllo dell’operatore brasiliano Vivo è eccellente: di quelle che non si possono rifiutare, dato che prevede un premio del 150% rispetto all’attuale valore di mercato della società preda.



Vivo è controllato al 60% da Brasitel, una scatola-contenitore (assomiglia un po’ a Telco, tutta la finanza è paese) che fa capo pariteticamente alla stessa Telefonica e a Portugal Telecom. Alierta ha messo sul piatto 5,7 miliardi di euro per convincere i cugini lusitani a cedergli la loro quota, lasciandogli così mano libera sul promettente mercato brasiliano (190 milioni di abitanti, consumi in crescita costante).



I portoghesi hanno finora risposto picche, accusando gli spagnoli di mire espansionistiche e di abitudini imperiali. Malgrado questo Alierta non si dà per vinto: azionisti di peso di Portugal Telecom sono la stessa Telefonica (al 10% circa), più altri investitori istituzionali come Banco Espiritu Santo, Brandes Investement Partners e Blackrock. Gente abituata a far bene i conti e più sensibile alle plusvalenze che ai richiami delle bandiere nazionali (subito sventolate dai manager portoghesi di Pt). Ed è in questo fronte che Alierta spera di far breccia per far accettare la sua Opa che lo renderebbe padrone di Vivo.



Per sapere come andrà a finire la vicenda non resta che attendere il 6 giugno prossimo, ultimo giorno utile per aderire all’Opa. Intanto i mercati, e i commentatori economici, continuano a interrogarsi sulle reali intenzioni di Alierta, a chiedersi perché abbia lanciato un’Opa che andrà in porto soltanto se alla fine i portoghesi decideranno di cambiare idea, aderendo all’offerta spagnola che permetterebbe loro di portate a casa una plusvalenza tale da azzerare tutti i debiti di Pt.

È vero che Telefonica, a causa della crisi economica che sta colpendo molto duramente la Spagna, non è più quella straordinaria macchina generatrice di profitti che è stata fino a poco tempo fa, almeno fino allo scoppio della grande bufera sui mercati. Però, nel campo delle telecomunicazioni europee, occupa pur sempre i primissimi posti.

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Come conferma una tabella pubblicata da CorrierEconomia di lunedì scorso ha una capitalizzazione di 70,5 miliardi di euro: quasi il doppio di Deutsche Telecom e France Telecom; più o meno il quadruplo di Telecom Italia. È vero che a fronte di questo valore di mercato c’è un indebitamento di oltre 45 miliardi. Una cifra consistente, che consiglierebbe a chiunque prudenza nelle scelte strategiche. Tuttavia non si può non osservare che Deutsche Telecom ha debiti per 40 miliardi a fronte di una capitalizzazione di poco inferiore ai 39 miliardi.

 

Dunque gli spagnoli, in parole povere, hanno ancora benzina da usare per migliorare il loro posizionamento internazionale, al quale non hanno mai rinunciato. In quest’ottica, il risiko brasiliano è decisivo proprio perché rappresenta un mercato interessantissimo a differenza della Spagna e dell’Europa, ormai mature e che non danno prospettive sostanziali di crescita. E infatti in quel paese hanno investito 35 miliardi negli ultimi 25 anni e ne stanno investendo oltre 2,5 nel 2010.

 

Non è che in Europa Telefonica sia in ritirata. La Spagna rimane sempre il mercato principale del gruppo di Alierta che punta deciso anche sulla Germania (ha appena acquistato delle frequenze per 1,4 miliardi di euro) o sull’Inghilterra (ha in progetto un’operazione analoga a quella tedesca). Ovviamente grande importanza ha anche l’Italia sulla quale ha scommesso cifre molto alte per entrare nella stanza dei bottoni di Telecom Italia.

 

L’operazione finora non è riuscita: Alierta è sempre lì in attesa che si apra uno spiraglio, che la situazione si chiarisca mentre alcuni dei suoi soci si domandano, con crescente imbarazzo, perché mai ci si sia infilati in una simile avventura. Alcuni pensano che ormai Alierta sia sempre meno pressante su questo capitolo italiano, che si sia rassegnato a lasciare che le cose vadano come possono: in futuro si vedrà.

 

Tutto è possibile. Ma un signore che, di questi tempi e malgrado un debito vicino ai 50 miliardi, butta sul tavolo 5,7 miliardi in una sola partita, non sembra proprio sia messo alle corde.