Il commento di un lettore (Michele Terzi all’articolo ) merita una risposta, poiché espone quelli che sono i maggiori luoghi comuni sulla materia della creazione della moneta, che difficilmente si possono applicare sic et simpliciter al caso particolare della Banca Centrale. Per esempio:

1. Se fonda una impresa e ci mette 100 euro, le mette al passivo. Ma qui non si tratta di un problema di circolazione monetaria, ma di creazione di moneta. In altre parole, da dove vengono le banconote “immesse” nella Bce? Chi le ha messe? Non certo Trichet.



2. Si afferma che sono soldi che “entrano e non escono”. Ma nel bilancio della Banca d’Italia sono chiamate “Banconote in circolazione”, quindi sono già uscite.

3. Si è affermato che “la cosa è assolutamente corretta e non centra nulla col debito”. Ma nel bilancio della Banca d’Italia, il passivo delle “banconote in circolazione” è bilanciato dall’attivo dei titoli di stato. Difficile affermare che il debito non c’entri.



Ma il luogo comune più difficile da smuovere è il seguente: “Riguardo alla sovranità della moneta lo stato non può stampare moneta pena la svalutazione di questa e l’iperinflazione”. Ma cosa è che genera l’inflazione, il fatto che la stampi lo Stato, oppure che se ne stampi in eccesso?

Prendiamo gli esempi dalla storia. Un caso famoso di iperinflazione è stato quello della Repubblica di Weimar, negli anni ‘20 in Germania, una situazione sociale allo sbando che non a caso preparò l’avvento di Hitler. La gente andava a far la spesa con la carriola, utilizzata per portare le banconote; non è una battuta, si tratta di fatti documentati. Un altro esempio, dei giorni nostri, è lo Zimbabwe: una dittatura.



Domanda finale: cos’è che genera l’inflazione, la stampa di moneta oppure una completa sfiducia nelle istituzioni? E veniamo ai giorni nostri. Questo è quello che ha fatto la Banca d’Italia.

(Fonte: Base Informativa Pubblica, Banca d’Italia).

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E con questo siamo andati dietro al comportamento della statunitense Federal Reserve, che ha portato alla bolla del 2000, con conseguente crollo. Dopo il 1998 ci ha pensato la Bce, che insieme alla Fed ha portato alla gigantesca odierna bolla finanziaria. Già nel dicembre 2007 c’era chi poteva commentare l’attuale crisi, dicendo che al confronto quella del 1929 sembrerà una “passeggiata nel parco” (Evans-Pritchard sul Daily Telegraph).

 

Nessuno si immagina di risolvere tutti i problemi semplicemente stampando moneta. Ma, allo stesso modo, un sistema monetario in cui la moneta sia solo a debito non può funzionare; è una questione di logica e di numeri. Questo ci introduce alla grande domanda.

 

Cosa è la moneta? “Un mezzo di scambio”, è la risposta più comune. Ma è completamente insufficiente. Un grande passo indietro nella cultura economica di base. Se davvero la moneta fosse solo un mezzo di scambio, sarebbe solo una mera evoluzione del baratto, uno strumento utile alla riduzione temporale tra il momento dell’acquisto e un successivo momento di vendita. Sarebbe solo un mezzo che interconnette due fasi temporali dell’attività produttiva e commerciale.

 

Ma questo poteva esser vero al tempo della schiavitù, cioè al tempo in cui il lavoro umano poteva costare nulla e la vita stessa dell’uomo poteva valere nulla. Allora, il costo del prodotto finito poteva essere ridotto alla somma dei componenti, cioè il costo delle materie prime più il costo per il cibo dello schiavo.

 

Al contrario, se la moneta deve pagare anche il lavoro umano, se deve rappresentare anche il lavoro umano, allora inevitabilmente la moneta acquisisce anche la proprietà dell’oggetto che misura, acquisisce anche un valore che corrisponde alla dignità del lavoro umano. In tale senso, la definizione di moneta come “mezzo di scambio” è totalmente inadeguata.

 

In un precedente articolo avevo già evidenziato due caratteristiche fondamentali di quello strumento che chiamiamo moneta. Le due caratteristiche sono: circolazione e valore. Una moneta che non circola, agli effetti dell’economia reale ha lo stesso valore di un foglietto di carta; e una moneta ha sempre un suo valore intrinseco, poiché uno strumento che funziona ha un suo valore intrinseco proprio perché funziona (se e quando funziona: quando non funziona, come nei casi di iperinflazione, la moneta perde ogni valore e tutti vogliono disfarsene).

 

Alcuni studiosi di storia della moneta hanno identificato tre funzioni monetarie di base che devono essere assolte da una moneta. Queste funzioni sono: unità di conto (cioè strumento di misura del valore dei beni); mezzo di scambio (per le necessità della vita e per l’ordinaria gestione delle attività commerciali); e riserva di valore (non come mera conservazione per una spesa futura, ma anche come strumento di garanzia contro le possibili avversità della vita). Queste tre funzioni sono quelle necessarie a un ordinato svolgimento dell’attività economica all’interno di un determinato corpo sociale.

 

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Abbiamo definito proprietà e funzioni della moneta, ma non abbiamo ancora definito la moneta. A questo punto, non possiamo non citare il pensiero preziosissimo del prof. Auriti, il quale alla definizione “la moneta è misura del valore”, aggiunse la frase “e valore della misura”.

 

Per apprezzare il valore di tale definizione, che potrebbe apparire poca cosa, occorre valutare il fatto che si pone in direzione opposta rispetto a una cultura moderna che per secoli ha di fatto censurato e messo in oblio la questione del valore della moneta e di una sua definizione. La definizione di Auriti ha quindi l’enorme merito di aver segnato un punto di svolta e aver istituito una scuola di pensiero; tale definizione, pur andando nella giusta direzione, non ci pare che sia completa rispetto alla profondità dello strumento monetario. E così propongo questa mia definizione di moneta: la moneta è uno strumento temporale di coestensione del valore.

 

Al di là della definizione formale, mi interessa comunicare il significato della definizione. Essa intende tenere conto di tutti gli fattori in questione dell’elemento base del commercio, l’attività di compravendita. Per completezza, immaginiamo che il venditore sia anche il produttore del bene che vende.

 

In tale atto, il compratore acquista il bene, immaginiamo una penna, perché prevede di scrivere. Per il compratore, il valore è nella previsione di scrivere. Infatti, il valore è sempre nella previsione, tanto che in mancanza di previsione, il valore si annulla completamente. Quindi, il compratore acquista un bene in previsione di un utilizzo, che costituisce un valore superiore rispetto al prezzo del bene.

 

Anche per il produttore si verifica la stessa condizione. Anche il produttore inizia a produrre in previsione di una vendita, a un prezzo che non è la semplice somma dei costi di produzione, cioè i costi delle materie prime e il costo del lavoro. Tale costo comprenderà anche i costi per la produzione che non va a buon fine, i costi per i beni che rimangono invenduti, i costi per le giornate perse per malattie, e tutti i costi accessori (manutenzione degli impianti, manutenzione per la sicurezza, costi finanziari, ecc.). Oltre a tutti i costi vi dovrà essere un avanzo di bilancio, che costituisce il “premio” per l’attività produttiva. Anche per il produttore si verifica quindi una situazione di “maggior valore”.

 

In tale contesto, l’atto di compravendita realizza quindi un accrescimento di valore per chi acquista e un accrescimento di valore per chi vende. Questo intendo per “coestensione del valore”. Dal punto di vista della moneta, la circolazione estende il valore sia di chi vende che di chi acquista. In questa dinamica, l’aggettivo “temporale” dà una precisa caratterizzazione all’evento. Infatti il valore è nella previsione, come sopra detto. Ma la previsione esige sia un momento in cui viene annunciata (anche solo implicitamente) sia un momento in cui trova la sua realizzazione e viene verificata. Si tratta strutturalmente di due momenti diversi di tempo, in cui la differenza temporale realizza la quantificazione del valore.

 

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Questi due momenti temporali hanno un nome ben definito. Il primo momento è il tempo della Promessa. La categoria della Promessa è di tipo strettamente religioso, e questo significa e giustifica la dinamica di tipo religioso della moneta (un aspetto, questo, che dovrà essere adeguatamente approfondito). Il secondo momento è quello della finanza. La definizione storica di finanza, infatti, è di essere luogo di pacificazione, luogo dove hanno “fine” le controversie tra debitori e creditori.

 

La grande crisi di questi anni è dovuta in grossa parte anche alla mistificazione e alla confusione tra finanza e mercato finanziario, dove il secondo è il luogo dove gli elementi della finanza trovano mercato, sono cioè oggetto di compravendita. In tale contesto, anche la moneta debito, in quanto prodotto finanziario, è soggetta alla speculazione, cioè soggetta alla convenienza della speculazione. E se un popolo va in rovina, tanto peggio per il popolo.

 

Ora, con questa definizione di moneta, avendone definito proprietà e funzionalità principali, abbiamo tutti gli elementi per iniziare il nostro viaggio attraverso la storia e l’attualità dei sistemi di Moneta Complementare.