Un clamoroso vuoto culturale. Questo è quello che impedisce di vedere la realtà, assorbendo in questo vuoto una serie di luoghi comuni senza capo né coda. E così, di questa manovra preparata dal nostro governo, occorre dire quello che già abbiamo detto dell’intervento europeo a salvataggio della Grecia: inutile, quindi dannoso.
L’inutilità della manovra fiscale è implicitamente ammessa dagli stessi commentatori, sostenitori della necessità di questa operazione. Come Guido Gentili, nel suo intervento su Il Sole 24 Ore di mercoledì 26 maggio, al quale a un certo punto scappa la verità: “La crisi dell’Europa ha imposto di prendere atto di uno stato di emergenza le cui vie d’uscita non sono ancora chiare”.
“Non sono ancora chiare”, che è un modo come un altro per dire: non sappiamo cosa stiamo facendo. Ora, un semplice concetto va ribadito, e portato alle sue semplici conseguenze: una manovra come quella che approvata, non farà altro che deprimere il mercato economico di domani, rendendo impossibile quel ripagamento del debito che è proprio lo scopo ultimo della manovra.
Per convincerci che “dobbiamo” pagare sono scesi in campo tutti. A partire da Giovanni Sartori, che nel sul intervento del 14 maggio sul Corriere della Sera così si esprime: “I derivati in giro per il mondo quanti sono? Non si sa, né lo si vuol rivelare. Ma sono persino finiti nei portafogli di alcune nostre amministrazioni locali. Questa, molto all’ingrosso, la situazione. Perché? Cosa vuol dire? Vuol dire, per l’Occidente, che dagli anni Sessanta in poi abbiamo cominciato a spendere più di quel che guadagniamo, al di sopra delle nostre risorse.”
E no! Almeno i derivati OTC si sa che sono circa 600 mila miliardi di dollari, a livello mondiale: cioè circa 12 volte il Pil del mondo. E questo dovrebbe essere sufficiente a dimostrare che non c’è “taglio agli sprechi” che possa funzionare, il debito è semplicemente insostenibile. E poi la solita solfa, “abbiamo vissuto al di sopra delle nostre risorse”. C’è qualcuno che sappia dire quale sarebbe questo livello delle “nostre risorse”? No, non c’è nessuno, perché tale livello semplicemente non esiste.
E come mai tale livello non esiste? Perché se tutta la moneta è a debito, pagare il debito con questa moneta non sarà possibile, indipendentemente dalle “risorse” che si possono produrre. Le banche non accettano zucchine, patate o fagioli a pagamento dei debiti. Non accettano beni mobili né immobili. Accettano solo moneta, quella stessa moneta che il sistema bancario produce in maniera esclusiva e solo a debito. Di conseguenza, ogni possibilità di pagare i debiti passati con una certa moneta è strettamente legata alla possibilità di ampliare il debito con la stessa moneta per il futuro.
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Del resto, come potremmo mai pagare un debito da millesettecento miliardi? Con quale moneta? Tutta la moneta circolante in Italia è pari a circa centotrenta miliardi. Certo, non ci sono solo i contanti, ci sono anche i conti correnti. Ma pure quelli sono stati creati avendo come garanzia i nostri beni reali: se li utilizziamo per pagare i nostri debiti, poi dovremmo consegnare i nostri beni reali al sistema bancario.
E anche nella ipotesi fantastica che pagassimo tutto il conto, poi con quale moneta potremmo fare economia? Con quella generata a debito dalle banche: torneremo di nuovo ad indebitarci. E questo senza contare che anche famiglie e imprese hanno il loro debito, tanto che il debito complessivo del sistema Italia è circa il 216% del Pil, vicino al 200% di paesi come Francia e Germania.
Le parole di Giavazzi nel suo intervento di mercoledì scorso sul Corriere della Sera appaiono come quelle di un marziano che nulla conosce della realtà economica e della genesi della crisi. Dall’alto della sua visione ideologica, può permettersi di affermare che “gli investitori comprendono che un uso attivo della politica di bilancio è stato fondamentale per fronteggiare la recessione. Se ne stiamo lentamente uscendo è soprattutto perché alcuni Paesi, in primis Usa e Gran Bretagna, hanno risposto alla crisi aumentando la spesa pubblica e riducendo le tasse per sostenere la domanda”. Infatti, la realtà ci dice il contrario: il debito complessivo degli Usa è pari al 350% del Pil, mentre quello della Gran Bretagna è al 254% del Pil. E della grave crisi politica che riguarda la Gran Bretagna siamo abbastanza informati, mentre della gravissima crisi interna di Obama sappiamo poco o nulla. Negli Usa si stanno sviluppando gravissimi conflitti sociali, e si moltiplicano le situazioni di conflitto politico tra stati.
Oltre a ciò vi sono ben 32 stati in bancarotta. Sono insolventi. Non potendo pagare i sussidi di disoccupazione, hanno chiesto allo stato centrale la liquidità necessaria. Ecco qui sono l’elenco degli stati più indebitati, con l’ammontare delle loro richieste, in milioni di dollari.
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In totale si tratta di 38 miliardi di dollari. Ma, ci dice l’impagabile Giavazzi, “hanno risposto alla crisi aumentando la spesa pubblica e riducendo le tasse per sostenere la domanda”; e non si rende nemmeno conto che, con le manovre in programma, gli stati europei stanno facendo giusto il contrario: tagliano i costi e cercano nuove entrate preparando la prossima Depressione.
Infatti, negli Usa e in Gran Bretagna ormai governa l’alta finanza, proprio quella salvata da Obama a danno delle casse dello Stato, generando uno fortissimo scontento tra le fila dei suoi sostenitori. E il piano della finanza angloamericana è molto semplice: affossare l’euro e affossare l’Europa, per far pagare a noi il conto del loro debito. E possono riuscirci, e ci stanno riuscendo, perché l’unica differenza tra la Grecia e gli Usa è che gli Usa hanno una stampante (“the only difference between the US and Greece is that we have a printing press”, l’affermazione del commentatore Bill Fleckenstein a Bloomberg).
Del resto, c’è una situazione che ci aiuta a spazzare via il luogo comune che con i tagli agli sprechi si possa risolvere il problema del debito. Il fatto che, in tutto il mondo, non esista un solo stato che non sia indebitato (a parte insignificanti eccezioni, paesi dotati cioè di enormi risorse naturali, eccedenti le necessità della popolazione). Tutti sono indebitati, senza eccezioni. Possibile che siano tutti spreconi? Tutti corrotti? Tutti inefficienti?
Non è vero, qualche eccezione c’è. Come quella del Nord Dakota. Si tratta di uno stato ai confini col Canada, senza risorse di rilievo, freddo, con una popolazione che non arriva ai 650 mila abitanti.
Eppure, non ha debiti. Questo grafico dice tutto.
La fonte del grafico è la Federal Reserve Bank of Filadelfia. Dal 2000, il Prodotto interno lordo del Nord Dakota è cresciuto del 56%, il reddito personale del 43%, e i salari del 34%. E lo Stato ha un attivo di bilancio di 1,2 miliardi di dollari. Com’è possibile?
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Facile la soluzione: lo stato possiede la Banca Centrale. Per legge, lo stato deve depositare tutti i suoi fondi nella sua banca, e la stessa ha come missione lo sviluppo di servizi finanziari che promuovano l’agricoltura, il commercio e l’industria nel Nord Dakota. La stessa effettua prestiti agli studenti (circa 184 mila in corso) e acquista bond municipali. La banca è guidata da un Governatore, eletto dal popolo.
E noi? Come abbiamo fatto a cacciarci in questo guaio? Ce lo spiega Alan Greenspan, Governatore della Fed per oltre vent’anni: la capacità delle banche centrali di creare moneta dal nulla è “la capacità di indurre gli attori del mercato a impiegare i suoi debiti [della banca centrale] come moneta” (A. Greenspan, Fostering Financial Innovation, Cato Intitute, Washington 1997).
Una moneta debito, questo è il macigno che ci tiene a fondo, e impedisce ogni possibilità di sano sviluppo dell’economia. E l’unica possibilità è una moneta libera da debito. Una moneta distribuita gratuitamente, una moneta di proprietà del popolo per definizione.