La manovra finanziaria approvata pochi giorni fa colpisce duramente il settore del trasporto pubblico locale. In particolare, le risorse per i treni regionali sono destinate a diminuire notevolmente e i trasferimenti statali potrebbero ridursi di circa 3,5 miliardi di euro nel triennio 2010-2012.
La protesta e l’allarme sono partiti da diverse Regioni, alcune delle quali si vedranno decurtati i fondi per diversi centinaia di milioni di euro per il prossimo triennio. Difficilmente si potranno fare investimenti in nuovi treni pendolari e Ferrovie dello Stato non farà nessuno sconto alle Regioni.
Questo taglio di risorse pubbliche inverte una tendenza di aumento dei sussidi e dei contributi dati dagli Enti Locali al monopolista del trasporto pubblico locale su ferro, Trenitalia. Nel triennio 2006-2008 l’offerta di posti chilometri era rimasta pressoché stabile, con una crescita dello 0,1%, mentre i contributi erano aumentati del 27%. A fronte di questa differenza, può sembrare logico un taglio delle risorse.
Tuttavia questa manovra finanziaria decide di tagliare, senza che si sia liberalizzato il trasporto ferroviario regionale. Le ultime leggi approvate dal Parlamento italiano, nel settore dei treni pendolari, avevano visto un rafforzamento del monopolio di Trenitalia, con un incremento delle risorse di 480 milioni di euro l’anno per quelle Regioni che avessero stipulato un contratto solo con “Trenitalia”.
Una legge estremamente anti-concorrenziale alla quale era stata aggiunta un’altra legge dall’esito anti-competitivo, che prevede l’istituzione di contratti di sei anni più sei anni; in questo modo i contratti firmati tra le Regioni e Trenitalia o altri (pochi) operatori sono “bloccati” per dodici anni.
Ora si comprende che con tagli importanti delle risorse e con contratti bloccati, il margine d’azione delle Regioni è molto limitato e molto probabilmente si vedranno obbligate a tagliare i servizi e aumentare le tariffe.
Esiste una soluzione alternativa per cercare di superare questo scoglio? La soluzione migliore, adottata in altri Paesi Europei, è una vera apertura del mercato. Nel TPL britannico il costo per posto chilometro offerto è circa il 50% di quello italiano e un costo similare si registra anche in Svezia. Questo avviene perché in questi Paesi si è deciso di fare competere gli operatori e di liberalizzare il mercato.
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Se l’Italia decidesse di andare verso una maggiore apertura del mercato, come suggerito anche dall’Indice delle Liberalizzazioni dello scorso anno dell’Istituto Bruno Leoni, si potrebbero avere dei risparmi nel prossimo triennio per diversi miliardi di euro. Se il costo italiano scendesse ai livelli di quello britannico, lo Stato italiano potrebbe trasferire circa 6 miliardi di euro in meno tra il 2010 e il 2012.
Realisticamente queste cifre sono difficilmente raggiungibili, ma è possibile fare dei passi importanti verso la liberalizzazione del trasporto ferroviario regionale. In primo luogo è necessario eliminare quei provvedimenti fatti su misura nel 2009 per Trenitalia. Secondariamente è necessario fare delle gare di affidamento serie e complete per i contratti di servizio, come quasi mai sono state fatte in Italia. In terzo luogo è importante introdurre una Authority dei trasporti, che possa favorire una competizione tra i diversi operatori. Ultimo, ma non meno importante, è bene separare il gestore della rete, Rete Ferroviaria Italiana, dall’operatore ferroviario dominante, Trenitalia.
Tutte queste misure sono a costo zero, anche se vanno a intaccare interessi particolari. In particolare lo Stato si priverebbe di un monopolio che ora sta controllando nel trasporto ferroviario; tuttavia, i risparmi sarebbero quasi doppi rispetto ai tagli decisi dal Governo nell’ultima finanziaria.
Una ridefinizione del trasporto pubblico locale in questo modo, farebbe fare all’Italia quel passo in avanti che necessita ora per rilanciare l’economia.