In seguito alle conclusioni dello scorso marzo, il Consiglio europeo ha approvato ieri a Bruxelles Europa 2020, la nuova strategia europea per la crescita e l’occupazione. Si tratta di uno strumento indispensabile di cui tutti gli stati membri si serviranno da ora in avanti per delineare una prospettiva di uscita dalla crisi economica, partendo appunto da un rilancio della crescita attraverso un sostegno alla competitività, alla produttività, alla coesione sociale e alla convergenza economica. Europa 2020 promuoverà la messa in atto di riforme strutturali. Da subito l’enfasi deve essere concentrata sull’implementazione di queste riforme, sotto la guida e il coordinamento dell’unione europea. Nei prossimi mesi si discuterà su quali politiche specifiche possono essere adottate per sbloccare il potenziale di crescita dell’Ue, a partire dalla politica energetica e da quella per l’innovazione.



Durante il Consiglio si è discusso anche di stabilità. L’accoglimento della richiesta del nostro Governo di considerare nel patto di stabilità il debito privato insieme al debito pubblico è un successo italiano e di Berlusconi, ma è un successo anche per l’Europa perché produce un rafforzamento del patto di stabilità più corrispondente a una visione europea capace di garantire anche sviluppo e crescita.



L’Europa torna a fare il suo dovere. Anche perchè una cosa è certa, e cioè che nessun elemento di questa crisi e nessuna crisi negli ultimi sessant’anni sono stati il frutto di un eccesso di Europa. Nessuna crisi è il frutto di troppa Europa. Se un problema c’è anche in questa circostanza, è che abbiamo bisogno di più Europa, che c’è troppo poca Europa. La contraddizione più evidente è che da un lato gli Stati invocano il sostegno delle nostre Istituzioni e, dall’altro, chiedono però un recupero di sovranità.

Leggi anche: CRAC GRECIA/ Europa e Germania temono lo sgambetto spagnolo, di M. Bottarelli



Leggi anche: Mal d’Europa, di M. Mauro

PER CONTINUARE A LEGGERE L’ARTICOLO, CLICCA SUL SIMBOLO >> QUI SOTTO

E qui arriviamo alla seconda contraddizione. Il collega Verhofstadt, durante il dibattito in aula, ha rimproverato aspramente il Consiglio in questo senso e ha detto che bisogna trasferire la sovranità. C’è però un piccolo particolare da considerare: la sovranità non la trasferiscono gli Stati, la trasferiscono i popoli. Se oggi noi chiedessimo a questi popoli se sono disposti a trasferire l’intera sovranità in economia alle Istituzioni europee, non so quanti ci risponderebbero positivamente, perché è altrettanto vero che sono quegli stessi popoli che votano alle elezioni europee nella misura del 30% e che vivono una grande diffidenza nei confronti del nostro progetto politico.

Cosa possiamo fare quindi di realistico? In che modo realisticamente possiamo contribuire? Io penso che la Commissione europea stia seguendo la strada giusta. Come ha saggiamente puntualizzato il Capogruppo del PPE Joseph Daul mercoledì a Strasburgo intervenendo durante il dibattito al quale era presente il Presidente della Commissione europea Barroso, «L’ora del risveglio è suonata per l’Europa e tutti sanno che il suono del risveglio non è sempre piacevole ». Se i capi di Stato e di Governo si dimostreranno più attenti a conservare la propria poplarità piuttosto che agire nell’interesse generale, allora per i nostri cittadini saranno ancora molti i risvegli spiacevoli.

La strategia approvata ieri dal Consiglio dimostra che stiamo prendendo la strada giusta. Il Consiglio, approvando la strategia «Europa 2020» ha dimostrato di saper accogliere i suggerimenti della Commissione europea e del parlamento europeo. Questo non è un fatto secondario, perchè soltanto in questo modo, solo agendo in maniera concertata per cercare insieme la soluzione migliore, riusciremo davvero a donare ai 500 milioni di cittadini europei la fiducia necessaria per il presente e per il futuro. 

Leggi anche

SPY FINANZA/ Quei legami della Grecia con Russia e Cina di cui nessuno parla20 ANNI DI EURO/ Il fallimento europeo che può darci ancora anni di crisiSPY FINANZA/ I conti che costringono Uk e Grecia alla "imprudenza" sul Covid