Una semina quinquennale che inizia a portar frutto. Il lungo lavorio scaturito dal patto di Capranica nell’ottobre 2006 è riuscito nell’intento di dar voce alle esigenze irrinunciabili delle piccole imprese.
Il confronto con le Istituzioni, con la politica e con le altre forze economiche e sociali, infatti, è uno degli obiettivi che ci siamo posti nel fondare Rete Imprese Italia, l’organo di rappresentanza unitaria delle cinque principali associazioni dell’artigianato, della piccola impresa e del commercio (Confartigianato, Cna, Casartigiani, Confcommercio, Confesercenti).
Come Presidente di Confartigianato delle Province di Milano, Monza e Brianza, non posso che giudicare positivamente i passi compiuti fin qui, in particolare la ratio che ispira la manovra discussa dal Governo. Condivido il principio introdotto dal Ddl semplificazione, laddove conferma la linea secondo cui ogni nuova normativa dovrà avere impatto zero sulle imprese in termini di costi e adempimenti, nonché essere calibrata con gradualità e proporzionalità in base a dimensioni e tipologie.
Ogni imprenditore italiano spende mediamente 12.300 euro all’anno solo per far fronte agli obblighi burocratici, un dato allarmante emerso dalle ultime rilevazioni condotte da Confartigianato, che non può essere ignorato. Il problema è stato posto con forza anche durante la recente assemblea nazionale di Confcommercio che, con Confartigianato, è tra i promotori di Rete Imprese Italia: la pressione tributaria nel nostro Paese ha raggiunto vette del 52% per chi paga regolarmente i contributi.
Si capisce allora perché snellimento burocratico e riduzione della pressione fiscale siano in testa alle aspettative degli imprenditori. È responsabilità di tutte le parti in causa far sì che tali auspici non vengano delusi, perché l’impresa diffusa è la struttura portante dell’economia reale e dei processi di sviluppo territoriale. La larga maggioranza delle aziende del comparto artigiano e, più in generale tipicamente produttivo manifatturiero, conta infatti meno di sei addetti.
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Molto resta ancora da fare nello sforzo di permettere alle imprese di esprimere compiutamente le proprie potenzialità e uscire a testa alta dalla crisi. Oggi la priorità consiste nel recuperare il grave ritardo del Paese rispetto all’Europa, eliminando i controlli ex ante sull’attività d’impresa a favore di controlli pubblici ex post. L’obiettivo è scalfire l’equivalenza controllo-briglia burocratica che assorbe tempo e denaro, l’imprenditore deve percepire che le verifiche aiutano chi fa impresa garantendo equilibrio e una giusta concorrenza di mercato.
In questo quadro, l’iniziativa del Governo potrebbe essere un importante contributo per sostenere il rilancio dell’economia reale nel nostro Paese. Per questo, ci aspettiamo molto dal prossimo triennio come occasione del tanto auspicato cambio di rotta verso quella “rivoluzione liberale” invocata nel corso della recente Assemblea nazionale alla presenza del Presidente del Consiglio.