FIAT – Dopo il referendum, Marchionne pensa al ritiro da Pomigliano – È vero, ha vinto il sì, ma questo potrebbe non bastare. Quel 36% di lavoratori che a Pomigliano d’Arco ha votato contro il contratto proposto da Fiat potrebbe spingere i vertici del Lingotto a non trasferire la produzione della Panda dalla Polonia in Campania. Almeno queste sono le voci che si stanno diffondendo in queste ore. Del resto lo stesso amministratore delegato del gruppo, Sergio Marchionne, era stato chiaro: voleva una forte affermazione del sì in questo referendum. Bisogna quindi capire se il 63% di sì raccolti verrà ritenuta una percentuale soddisfacente.



Ma non sarà eventualmente facile per Marchionne fare marcia indietro, non solo perché la Fiom sta già dicendo che in fondo la Fiat altro non aspettava per abbandonare al suo destino Pomigliano d’Arco, ma perché il ministro del Welfare Maurizio Sacconi ha usato parole chiare in proposito: “Non voglio nemmeno ipotizzare che Fiat cambi idea, ho fiducia nella nota determinazione di un manager come Marchionne che saprà certamente rispettare il patto siglato con le organizzazioni che hanno avuto il coraggio di decidere”.



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A questo punto prenderebbe quota il famoso “piano C” di Marchionne, di cui La Repubblica ha parlato negli ultimi due giorni. La Fiat, attraverso la creazione di una newco legata al gruppo, azzererebbe gli operai a Pomigliano e aprirebbe le assunzioni con il nuovo contratto. In questo modo sarebbe certa che i dipendenti non potrebbero in alcun modo opporsi ai nuovi ritmi di lavoro richiesti. Certamente una via impervia e difficile da percorrere, ma anche quella che sembra la migliore (dal punto di vista dell’azienda) per aumentare la produzione di Fiat in Italia. Del resto per il momento non c’è fretta: il mercato dell’auto langue e non è ancora il momento di correre per produrre più auto possibili.