I salotti sono quello che sono: posti dove si fanno chiacchiere, pettegolezzi. Dove si parla male di questo e di quella e se mai, per sbaglio, si finisce per dir bene di qualcuno ci si sente a disagio, come chi fa lo scarto sbagliato al Burraco.
Capita in tutti i salotti e quelli finanziari non fanno eccezione. Così è successo che, quando Cesare Geronzi, dopo tanti finti tentennamenti ha lasciato la presidenza di Mediobanca ed è andato a Trieste a guidare le assicurazioni Generali, e al suo posto è stato nominato Renato Pagliaro, i frequentatori delle stanze che contano (ormai ne restano davvero poche) hanno fatto dei sorrisetti di circostanza come per dire: “Con una leadership simile, l’istituto di piazzetta Cuccia finirà inevitabilmente in serie B. Quello che è stato per anni il tempio delle finanza, diventerà una parrocchia di periferia”.
Perché la maggior parte dei frequentatori dei suddetti salotti non considerava Pagliaro e l’amministratore delegato, Alberto Nagel, in grado di continuare la tradizione di banca di sistema svolta per tanti anni dalla principale merchant bank italiana.
Tutti sono rimasti a bocca aperta quando hanno letto sui giornali (ormai sempre più raramente i signori dei salotti hanno le notizie in anteprima) che proprio Mediobanca era al centro di una delle operazioni finanziarie più importanti che si stiano organizzando in Europa da quando i mercati sono stati sconquassati dalla grande crisi iniziata nel settembre del 2008.
Sta succedendo questo. Il gruppo Abertis, una delle principali conglomerate spagnole che fra l’altro è azionista di Atlantia dei Benetton, è entrato nel mirino di un gruppo di fondi di private equity disposti, per ottenerne il controllo, a lanciare un’opa (offerta pubblica di acquisto) da 12 miliardi di euro. Mediobanca sta organizzando l’operazione che vede coinvolto un gruppo di una trentina di banche internazionali.
Ora non si sa come andrà avanti questa operazione che si presenta complessa sia per la sua entità finanziaria, sia per tutte le implicazioni politiche che non mancano mai in affari di questa portata. Può darsi che vada a buon fine, oppure che finisca in un nulla di fatto. Rimane però che Mediobanca è al centro dell’attenzione mediatica e finanziaria internazionale, quella che conta assai più dei salottini con le poltrone un po’ sgualcite e lise di casa nostra.
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L’episodio Abertis dimostra che l’istituto di piazzetta Cuccia, anche senza il patronage di Geronzi, è capace di pensare e mettere in piedi operazioni di grande respiro. È interessante rilevarlo, perché Mediobanca è coinvolta come magna pars in alcuni degli affari più importanti dell’economia italiana, affari che sono attualmente in sospeso, in attesa di una definizione.
La prima di queste partite che viene in mente è Telecom Italia, controllata attraverso la finanziaria Telco da Mediobanca, Intesa, Generali e da Telefonica, che nella Telco stessa ha il maggior peso relativo. In passato si era parlato con insistenza di una fusione fra la società spagnola e quella guidata da Franco Bernabé, ma ora il progetto sembra destinato a finire nel dimenticatoio perché gli interessi degli iberici sono rivolti verso altri obiettivi.
Però, in tempi ragionevoli, bisognerà trovare qualcuno che prenda il loro posto in Telco. Un’impresa non semplice, perché molto onerosa e industrialmente assai complessa. Qualche ipotesi è stata già avanzata: si è parlato di un possibile interessamento del fondo F2i di Vito Gamberale e della Cassa Depositi e Prestiti. Probabilmente, per ora, soltanto chiacchiere. Però prima o poi il tema si porrà davvero. E allora Mediobanca potrà dimostrare di essere rimasta in serie A.