Due esempi storici di Moneta Complementare mostrano come questo tipo di strumenti possa aiutare l’occupazione e la ripresa dell’economia in tempi di crisi. Entrambi gli episodi sono degli anni Trenta, quando l’economia europea veniva devastata dalla crisi americana seguita al crollo del 1929.

Il Wara tedesco

Nel 1929, nella cittadina di Schwanenberg, in Baviera (Germania), il Dr. Hebecher, imprenditore carbonifero semi-fallito, convocò i suoi dipendenti esponendogli la sua drammatica situazione di liquidità – accompagnata da un’enorme giacenza di carbone invenduto – e li mise di fronte al fatto: o il licenziamento oppure l’accettazione, in pagamento del 90% del salario, di buoni – da lui battezzati Wara – di forma cartacea e redimibili in carbone. Egli aveva già preliminarmente parlato con proprietari immobiliari, banche, Comune e negozianti, i quali erano disposti ad accettarli come pagamento di merci e servizi, avendo la garanzia di potersi rivalere sul carbone.



Quella proposta venne allora imitata da altre imprese – anch’esse sull’orlo del fallimento – che avevano lo stesso problema: la scarsità di denaro. I Wara subivano una svalutazione controllata dell’1% al mese, ossia il 12% all’anno. Questo fece sì che la loro velocità di circolazione fosse molto alta, rimettendo così in funzione l’economia della regione, finché il fenomeno non divenne talmente massivo da richiamare l’attenzione del Cancelliere Heinrich Bruning, capo del Partito del Centro, che dapprima li considera stupito, benevolmente e con un certo interesse.



La legge tedesca riservava alla Banca Federale il monopolio della signoria, e l’alta finanza protestava perché considerava l’utilizzo del Wara un attentato alle finanze dello Stato; situazioni queste, che imposero al Cancelliere l’emanazione di decreti legge di emergenza, che proibirono definitivamente qualunque successiva emissione, a qualsiasi titolo, di moneta complementare, comunque chiamata e definita.

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La conclusione dell’esperimento fece sì che i disoccupati aumentarono e con essi anche il seguito dato a Hitler. Un grafico ci aiuta a comprendere meglio il significato dell’affermazione appena fatta.



 

 

(Immagine tratta dal libro “La moneta libera da inflazione e da interesse” di M. Kennedy)

 

Il Worgl austriaco

Nel 1932, la ridente cittadina tirolese, Worgl, con 4000 abitanti – questo è quanto racconta Fritz Schwartz – si trovò a subire una pesante deflazione, dovuta alla stretta creditizia varata dalla Banca Nazionale Austriaca; dai 1.100 milioni di scellini, si passo a 900 milioni circa, mettendo così in ginocchio l’economia.

 

Circa 1500 abitanti, cioè oltre il 35% dei suoi 4000, erano disoccupati. Il sindaco, Michael Unterguggenberger, meccanico ed ex-ferroviere, dopo un accurato lavoro locale di preparazione presso imprenditori, commercianti, banca ed abitanti, fece stampare 32.000 scellini sottoforma di “Bestatigter Arbeitswerte”, qualificati, non come denaro, ma come certificati di valore di lavoro.

 

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I “tagli” di questi certificati erano da uno, cinque e dieci scellini, che scadevano dopo un mese; il possessore, però, poteva prorogarli applicandovi, a proprie spese, una marca – acquistabile in Comune – pari all’1% mensile (ossia il 12% annuo) del valore facciale. L’emissione era “coperta” alla pari: una somma uguale di veri scellini era depositata dal Comune nella locale banca di risparmio. In ogni momento, ogni detentore di “banconote del lavoro” (moneta deperibile) avrebbe potuto presentarle all’incasso e riscuotere scellini.

 

Venne però stabilito che, per questa operazione, la banca avrebbe riscosso un “aggio di servizio” del 2%. Allo stesso tempo, questi certificati potevano essere depositati in banca alla pari (riconoscendo ai titolari del deposito un credito pari al valore facciale) ma non fruttavano interessi; la banca era oberata della tassa “di parcheggio”, essendo così incentivata a prestarli. Poiché il costo di detenzione della moneta deperibile, 1%, era solo la metà del costo del suo cambio in scellini, di fatto nessuno portò mai all’incasso la nuova moneta.

 

Tutti gli impiegati del Comune, compreso il sindaco, dal luglio 1932 cominciarono a ricevere metà del loro stipendio in moneta deperibile. Questi certificati cambiarono mano mediamente circa 36 volte al mese, sviluppando, nei 14 mesi dell’esperimento un volume di affari 2,5 milioni di scellini, mentre il denaro “buono” retrocede a circa soli 5 passaggi di mano mensili. Il comune, accettandoli in pagamento delle imposte e servizi, li rispendeva immediatamente in opere pubbliche, facendo lavorare tutti i disoccupati: vennero costruiti ex novo un ponte sull’Inn, quattro strade, rimodernate le fognature e ampliata la rete idrica.

 

“A Worgl si lavora sodo e a pieno regime, si vive decorosamente, i prezzi sono stabili, il benessere aumenta”, racconta ancora Fritz Schwartz. L’esperimento, che funzionava molto bene, destò l’attenzione dei paesi limitrofi, i quali copiarono l’esperienza. Il comune di Kitzuhel, oltre ad aver incominciato ad accettare i buoni di Worgl, decise di emettere 3000 scellini di suoi certificati, e i 300.000 tirolesi circostanti si interessarono a questo modello.

 

Anche qui il tutto finì per l’intervento della Banca Centrale austriaca. Nell’agosto del 1933, arrivarono funzionari della Banca Centrale; l’art. 122 della Costituzione austriaca riserva alla Banca Nazionale il diritto di signoria e Worgl, avendo commesso un’illegalità, venne diffidato a cessarla. Fu emanato un ordine governativo di ritiro dei certificati che scadeva il 15 settembre 1933; il borgomastro ricorse alla Corte suprema, riuscendo a guadagnare un altro bimestre, ma il 15 novembre, dello stesso anno, la Corte suprema depositò la sua sentenza, rigettando l’appello e archiviando l’esperimento.

 

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Di questo “eccezionale” esperimento se ne parlò ancora nel “circondario”, arrivando finanche in Svizzera, dove il 24 maggio 1933, nella cittadina svizzera di Winterthur, Unterguggenberger, tenne un’affollatissima conferenza (si narra di oltre mille persone); questa conferenza doveva essere ripetuta a Ginevra il 3 settembre, ma non ebbe luogo dato che a potrà farlo Unterguggenberger fu ritirato il passaporto.

 

Benché l’applicazione di certi sistemi di Moneta Complementare siano ormai da considerare poco “ortodossi” (una Moneta Complementare che perde il suo valore nel tempo risulta probabilmente poco praticabile), da queste due storie possiamo apprendere almeno tre elementi fondamentali: il primo è che un sistema monetario attecchisce meglio laddove vi sia una certa coesione sociale; il secondo è che attecchisce meglio laddove vi siano delle energie lavorative inutilizzate (disoccupati od occupati in procinto di perdere il posto di lavoro); il terzo è che la creazione di moneta dal nulla ha ben poco a che fare con le dinamiche inflattive, laddove la moneta viene a soddisfare un bisogno primario.

 

In ogni caso, il coinvolgimento delle istituzioni locali e delle parti sociali è un elemento necessario per l’attivazione di un sistema di Moneta Complementare. E non è un caso se queste sono le stesse precondizioni per la realizzazione di un’attività locale che voglia mettere in pratica il principio di sussidiarietà.