A cosa servono le Monete Complementari? Qual è il loro utilizzo specifico? Come nascono e perché si diffondono? I sistemi di Moneta Complementare servono principalmente a valorizzare le capacità produttive di un territorio e di una popolazione locale, laddove queste non siano adeguatamente valorizzate dalla moneta ufficiale.



Per esempio, una situazione di diffusa disoccupazione costituisce l’ambiente ideale per la diffusione di un sistema di Moneta Complementare. Oppure, la necessità di costruire opere pubbliche, necessarie all’ulteriore sviluppo economico di una comunità, può divenire l’elemento che permette la nascita di un sistema di Moneta Complementare.



Per meglio corroborare queste affermazioni, vediamo insieme qualche esempio storico. Le informazioni qui riportate sono tratte dalla Tesi di Laurea del dott. Davide Nardelli, intitolata “Le Monete Complementari”.

L’isola di Guernsey, dopo le guerre napoleoniche, e a seguito dei lunghi blocchi commerciali, si trovava economicamente depressa, con alta disoccupazione ed emigrazione, un debito pubblico di 19.137 sterline, mentre gli interessi erano pari a 2.390 sterline da pagare ogni anno su tale debito. Il reddito pubblico annuo era pari a 3.000 sterline e rimanevano così solo 610 sterline l’anno per le spese pubbliche.



Vi erano delle esigenze incalzanti come la costruzione di una muraglia protettiva contro l’erosione marina che stava distruggendo i fertili terreni costieri, la ricostruzione delle strade, la costruzione di un mercato coperto, la chiesa monumentale e impianti alberghieri che rendessero attive le spiccate capacità turistiche dell’isola. In questa situazione, contrarre ulteriori prestiti non era possibile poiché mancavano le garanzie e i mezzi per pagare l’interesse.

Il comitato finanziario del piccolo parlamento isolano ebbe allora l’idea di monetizzare le risorse economiche latenti dell’isola, attribuendo un valore alle risorse che andava a creare, mediante l’emissione di moneta locale, cartacea, senza debito e senza copertura aurea. L’idea e la filosofia di fondo erano appunto che il valore della moneta emessa era rappresentato dalle attività e risorse sottoutilizzate o inattivate, questa era appunto la copertura. Nel caso dell’isola di Guernsey però, le attività reali (in senso stretto) non esistevano, ma esistevano delle potenzialità o meglio delle risorse inutilizzate che furono la copertura “etica e morale” di quella emissione monetaria.

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La prima emissione fu approvata nel 1816 (equivalente a 4000 sterline) ed era da redimersi, fino alla sua completa estinzione, mediante imposte entro il 1818. Essa fu destinata principalmente alle opere di difesa costiera. In seguito vi furono successive emissioni, con le stesse modalità di estinzione, fino a un totale di 50000 sterline nel 1829, potendo così completare tutte le opere infrastrutturali come chiese, strade, mercato, alberghi.

 

Il primo elemento caratteristico di ogni formazione di Moneta Complementare è quello di ogni sistema monetario, cioè una diffusa fiducia tra le persone che costituiscono un certo ambiente sociale. Il secondo elemento è una situazione di necessità oppure un potenziale sviluppo di risorse professionali o territoriali che la moneta ufficiale non è stata in grado di valorizzare.

 

E perché mai una moneta ufficiale non dovrebbe essere in grado di valorizzare tutte le risorse professionali e territoriali di una zona? Perché essa dipende dall’ambiente sociale che intende servire e da un principio, da una idea di bene comune, in base al quale viene concretamente distribuita.

 

In altre parole, se una certa moneta serve agli scambi tra nazioni di uno stesso continente, come nel caso dell’Europa, in modo tale da permettere lo scambio di prodotti tra Palermo e Berlino, questo vuol dire che sarà inefficiente a rappresentare le risorse locali di queste due realtà tanto diverse proprio perché uno stesso strumento monetario non può misurare il valore dei beni all’interno di economie tanto differenti. In altre parole, il lavoro di un’ora di un idraulico a Palermo non potrà essere equivalente allo stesso lavoro di un idraulico a Berlino, poiché ogni retribuzione è logico che sia commisurata al costo della vita ed ai servizi presenti sul territorio in cui la prestazione lavorativa viene svolta.

 

Proprio per questo è desiderabile che sia comunque presente un sistema di Moneta Complementare locale, legata a uno specifico territorio. Oltre a consolidare una identità territoriale, la Moneta Complementare serve a compensare localmente tutti quegli scompensi di distribuzione monetaria della moneta ufficiale. Proprio in tale ottica, la soluzione da preferire è quella di una Moneta Complementare “pura”, cioè non convertibile in moneta ufficiale. In tale configurazione, una eventuale speculazione sulla moneta ufficiale non avrebbe effetti sulla Moneta Complementare adottata.

 

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Un simile contesto costituirebbe anche un argine naturale contro l’aggressione sui prezzi effettuata da importatori che approfittano del basso costo del lavoro in paesi in cui i diritti umani e civili sono in pericolo. Tale pratica selvaggia, favorita da una malintesa idea di globalizzazione, si scontrerebbe contro il muro di una moneta locale, inutilizzabile nei traffici internazionali.

 

In altre parole, se un importatore cinese vende a 80 ciò che io vendo a 100, io non avrò altra scelta che chiudere (oppure adeguare la mia retribuzione a quella di un lavoratore cinese, però vivendo in Italia e pagando il costo della vita italiano). Ma se io vendo il mio prodotto a 50 in moneta ufficiale + 50 in Moneta Complementare, l’importatore cinese sarà spiazzato proprio sul fronte dei prezzi, perché non potrà valorizzare le 50 in Moneta Complementare sul mercato internazionale (per pagare il trasporto, per esempio).

 

A meno che non si adegui anche lui, iniziando a spendere in Italia. A quel punto, da una prospettiva economica, sarà sempre più integrato nel tessuto economico locale. Una moneta locale spesa sul territorio locale, non farà che incentivare la produzione e l’occupazione locale.

 

Se poi la moneta ufficiale è emessa solo a debito, allora un sistema monetario complementare è assolutamente indispensabile, per difendere l’economia locale dalle devastanti e inevitabili crisi monetarie e finanziarie che ciclicamente si ripresenteranno. Una volta c’era l’anno sabbatico, ogni sette anni, durante il quale venivano cancellati tutti i debiti. Questo dava una certa stabilità a sistemi economici ancora primitivi. Lo studioso russo Kondratiev negli anni Venti del secolo scorso studiò i flussi di espansione e di crisi del capitalismo, trovando dei cicli da nove anni.

 

Questa sua posizione critica nei confronti del capitalismo gli valse grande stima e popolarità. Ma aggiunse che un eventuale sostegno a favore delle famiglie e del loro potere di acquisto avrebbe consentito al capitalismo di sopravvivere. Anzi, non solo era possibile far sopravvivere il sistema capitalistico, ma questo sostegno alle famiglie era comunque auspicabile, tanto da suggerirlo anche per il comunismo. La conclusione principale del suo studio fu però anche la causa della sua rovina: dopo il 1926 cadde in disgrazia, Stalin lo fece imprigionare, processare, deportare in Siberia, dove venne fatto fucilare. Morì a soli 46 anni.

 

La cosa singolare è che Kondratiev venne “culturalmente” condannato anche dagli ambienti accademici di ispirazione liberista. Mentre appare ovvia la condanna da parte di un regime che pretendeva di dirigere centralisticamente anche l’economia familiare, meno avvia appare la condanna da parte dei sostenitori del liberismo.

 

Così commenta quella vicenda l’economista Nino Galloni: “L’elemento di coagulo per tali posizioni, probabilmente risiede nell’altra faccia della medaglia dell’analisi di Kondratiev: un capitalismo che ciclicamente (e, quindi, regolarmente), ripeteva un errore. Tale coazione a ripetere, evidentemente, incarnava la quintessenza di una mancanza di libertà (e di una vera e propria ottusità) da parte degli operatori, la cui cupidigia impediva uno sviluppo economico equilibrato.

 

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In altre parole, secondo Kondratiev (come per Keynes o, in fondo, gli stessi economisti cosiddetti classici da Ricardo a Marx), gli operatori lasciati liberi avrebbero compromesso le basi dello sviluppo, tendendo ad appropriarsi di tutto il guadagno di produttività a scapito della disponibilità di reddito per i consumatori. Così, dopo il ciclo di espansione, la flessione della domanda – e, quindi, di tutta l’economia – diveniva inevitabile”. (Nino Galloni, Il grande mutuo, Editori Riuniti, pag. 104).

 

La cupidigia, quindi, impedisce uno sviluppo economico equilibrato. E se è posta a fondamento dell’economia, come nel caso del liberismo, non farà che portare alla rovina l’intera economia. La cupidigia, cioè il contrario dei quel “principio di gratuità” di cui parla il Papa nella “Caritas in Veritate” (n. 35), come principio a cui dare spazio affinché l’economia sia al servizio del bene comune.

 

Quel principio di gratuità che, per non rimanere lettera morta, deve divenire un principio di distribuzione gratuita di una certa, misurata e definita, quantità di moneta. Proprio il contrario di quanto hanno sempre fatto, e continuano a fare, le moderne Banche Centrali. Moneta solo a debito, un inutile fardello per l’umanità. Ma un fardello molto utile a pochi grandi speculatori.