Debiti dichiarati per 783 milioni di euro e liquidità sotto i 500. La situazione finanziaria che emerge dall’ultimo bilancio Alitalia (primo semestre 2010) rende inevitabile un intervento entro fine anno.
La via maestra per iniettare danaro fresco nelle casse della compagnia sarebbe quella dell’aumento di capitale. Ma, poco patriotticamente, gli azionisti Cai hanno già fatto sapere da tempo di non essere disposti a investire ancora nell’impresa.
A questo punto, all’amministratore delegato Rocco Sabelli restano due sole alternative: chiedere aiuto alle banche, lanciare un My-day ad Air France. Entrambe le soluzioni presentano problemi: un ulteriore ricorso al sistema bancario rischierebbe di rendere insostenibile l’indebitamento dell’azienda, mentre una richiesta di soccorso all’Air France si scontrerebbe con il “niet” di Berlusconi, che ha fatto dell’italianità della compagnia uno dei suoi cavalli di battaglia elettorali.
Ma, siccome solo i francesi possono risolvere i problemi finanziari (e non solo) dell’Alitalia, alla fine bisognerà trovare il modo per farli intervenire senza infrangere il tabù dell’italianità. In attesa delle prossime elezioni anticipate (che sembrano ormai probabili) e del fatidico gennaio 2013 quando gli azionisti Cai potranno vendere le loro quote a un soggetto non italiano.
L’operazione sarebbe già allo studio: una holding tra Alitalia, Air France e Klm. Il matrimonio potrebbe avvenire prima del previsto, con rapporti di forza “paritari”. Almeno sulla carta. Secondo un’indiscrezione riportata il 28 luglio scorso dal quotidiano romano Il Messaggero, a questo progetto starebbero lavorando Roberto Colaninno, Rocco Sabelli, Jean-Cyril Spinetta e Pierre Henri Gourgeon.
Intanto, Intesa Sanpaolo, nel suo ultimo consiglio di gestione, avrebbe affrontato il nodo Alitalia rivisitando la struttura dei finanziamenti. La banca di Corrado Passera, l’uomo che ha inventato il Piano Fenice e ha messo in piedi la cordata Cai, avrebbe affidato uno studio di fattibilità a un advisor. Alitalia si sarebbe affidata all’avvocato Sergio Erede.
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Sembra passato un secolo da quando Colaninno e Sabelli si lanciarono, uno dopo l’altro, in un temerario: non passa lo straniero. Lo “straniero” in questione era l’amministratore delegato di Air France-Klm Pierre Henry Gourgeon che, a metà maggio di quest’anno, al termine della presentazione d’un bilancio non proprio brillante, rese pubblico quello che molti gli addetti ai lavori andavano sostenendo da tempo: “Un giorno si porrà la questione di aumentare la nostra partecipazione in Alitalia e di integrare la compagnia nel nostro gruppo”.
Roberto Colaninno, numero uno della cordata patriottica, alzò immediatamente le barricate contro l’invasore. Quello di Gourgeon – tuonò – “è un sogno che non si realizzerà”. “Alitalia non è in vendita” precisò a sua volta Sabelli in un’intervista a Il Sole 24 Ore. Ma poi, messo finalmente di fronte alla domanda chiave: “Per quanto tempo Alitalia non avrà bisogno di aumenti di capitale?” fu costretto a confessare: “Se uno perde 300 milioni ogni anno i soldi non basteranno mai…”.
Ecco il punto. Con Air France-Klm che già detiene il 25% del capitale ed è quindi – di gran lunga – il primo azionista Alitalia, il destino dell’ex compagnia nazionale di bandiera sembra segnato. Sabelli è messo con le spalle al muro dai conti in rosso e dall’impossibilità di effettuare aumenti di capitale con i soldi dei “patrioti”.
E se fino a ieri i conti del colosso francese non lasciavano prevedere un intervento di sostegno a breve, adesso non è più così. Air France-Klm ha appena chiuso un buon secondo trimestre, recuperando in entrambi i settori di attività: cargo e passeggeri. Con un risultato netto di 736 milioni di euro, rispetto a una perdita di 426 sopportata nel 2009 e – soprattutto – con la previsione del raggiungimento d’un pareggio operativo entro fine anno, il “sogno” di Gourgeon può diventare realtà.