Dato il momento, per apprezzare la concretezza del discorso che il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha tenuto al Meeting di Rimini, bisogna fare uno sforzo di interpretazione. Non ci si potevano, d’altra parte, attendere proclami: in questa fase politica anche un sospiro del ministro avrebbe potuto aprire polemiche delle quali non si sente il bisogno.



Così i concetti sono accennati, i programmi tratteggiati e le posizioni governative appena evocate. Ecco le interpretazioni. La prima riguarda, a sorpresa, Enrico Berlinguer che in un documento del 1977, “dal quale non possiamo prescindere” e intitolato “Austerità, occasione per trasformare l’Italia”, l’allora leader del Pci si scagliava contro l’“artificiosa espansione dei consumi individuali”. Una citazione che la dice lunga su ciò che il ministro pensa riguardo ai tempi di uscita dalla crisi e sulla necessità di avviare riforme che, a differenza di quelle immaginate da Berlinguer, devono essere ancorate a un solido impianto liberale.



Seconda interpretazione. “Una certa quantità di diritti e di regole sono lussi che non possiamo più permetterci”, spiega, “perché se hai diritti perfetti da una parte, dall’altra perdi la fabbrica”. Inevitabile collegare questa frase al caso della Fiat e dei tre operai licenziati e poi reintegrati da una sentenza. Il ministro dell’Economia spiega che è arrivato il momento di diminuire la quantità di diritti e di regole, semplificando ovunque sia possibile in modo da evitare che la concorrenza tra Stati induca le fabbriche a lasciare il Paese alla ricerca di condizioni contrattuali più favorevoli.



A questi “lussi” che “non possiamo più permetterci” non corrisponde però una riduzione della protezione, che va perseguita attraverso un maggiore coinvolgimento dei lavoratori (anche) agli utili dell’impresa. “Come mai nelle imprese sotto i 15 dipendenti dove non c’è l’articolo 18, non c’è conflittualità?”, si è chiesto Tremonti. La risposta è proprio il coinvolgimento di dipendenti e datori di lavoro in “un unico progetto”. È quello che il governo tenterà di avviare, in via sperimentale, con le Poste Spa.

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Poi c’è il capitolo tasse. Le due parole che tutti si aspettavano non sono state pronunciate: “Quoziente famigliare”. Si tratta di due parole che, nel momento che la politica italiana sta attraversando, rappresentano un possibile detonatore visto che sarebbe l’offerta principale che Silvio Berlusconi ha avanzato ai centristi di Pierferdinando Casini (Udc) per un loro possibile ingresso nel governo.

 

Per questo “quoziente famigliare” sono parole che non sono state pronunciate, ma la famiglia è stata comunque inserita tra le tre priorità “fiscali” insieme a lavoro e ricerca. “A patto” ha concluso il ministro, “della solidità dei fondamentali dei conti pubblici”.

 

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