Diceva il Presidente Emerito Francesco Cossiga che gli italiani si distinguono per tre caratteristiche fondamentali: la fantasia, una scarsa propensione al lavoro, l’invidia. Naturalmente Cossiga scherzava sempre e faceva il goliardo, anche alla venerabile età cui era arrivato. Tuttavia, soprattutto sulla fantasia, in qualche modo ci aveva preso.



Partendo dagli stornellatori, attraverso i secoli, si è arrivati alle storie cinematografiche, importate, su James Bond, sulla Spectre e questo ha prodotto una fantasia talmente fervida e poliedrica che, talvolta, sfocia in delirio consapevole e apparentemente lucido. Scusi il lettore la lunga premessa, ma come spiegarsi alcuni commenti sui giornali, i media e la rete con i blogger sulla caduta di Alessandro Profumo, ormai ex ceo di Unicredit?



Sui grandi giornali italiani prevale in genere una “fantasia mesta”, guastata in qualche passaggio da irosi scatti giavazziani. La sostanza che si sostiene è che “non si fa in questo modo”. Insomma la questione sarebbe quasi di “Galateo”, parola che probabilmente nel mondo della finanza non è mai stata conosciuta e pronunciata. Ma compare ogni tanto anche una “mestizia aggressiva”, come nelle ricostruzioni di Repubblica, dove a “casa Letta” si è deciso quasi tutto e sembra che manchi solo un nipote di don Tano Badalamenti per spiegare il grande colpo del capitalismo geronzian-berlusconiano.



Non mancano il “Dottor No” o il “numero uno” della Spectre, Tarak Ben Ammar, che si muove indisturbato tra Parigi,Tunisi, Tripoli, Roma, Milano, Trieste, il più modesto sindaco di Verona Flavio Tosi che parla come un “megafono di chissachì”. Bah! Poi ci sono “quelli che”, come nella grande canzone di Enzo Jannacci. Cioè “quelli che” hanno capito tutto da cento anni a questa parte. Come “Il Manifesto”, ad esempio, che lancia questo titolo “Profumo di elezioni”, riferendosi alle manovre del cavalier Berlusconi. Ma non aveva già comprato Ibrahimovic per le elezioni?

Infine ci sono i servizi televisivi di Sky, professionali e apparentemente distaccati, ma tutti improntati al rimpianto per l’uscita del “banchiere indipendente” e a una chiara “ingerenza politica” nell’operazione del Consiglio di amministrazione.. Qui, per la verità, la questione non è neppure politica, ma solo di infernale concorrenza tra le reti di Murdoch e quelle di Berlusconi. Una rissa mediatica che non spiega nulla e tanto meno si preoccupa dei telespettatori.

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Meglio quindi i blogger, che fotografano perlomeno il pensiero più spontaneo delle persone, quelle che frequentano la rete e non hanno interessi palesi sulla realtà delle banche, sul grande gioco della finanza e sui suoi riflessi politici. Su “finanzapolitica” ci sono ad esempio due riflessioni interessanti. La prima riguarda il futuro amministratore delegato di Unicredit. Si dice di mettere al posto di Profumo un vero “uomo di banca” e non uno che distribuisca “dividendi fittizi”, come Matteo Arpe. La seconda riflessione è piuttosto tranchante: “Alcuni media stanno già attribuendo le dimissioni di Profumo all’affare Libia. Niente di più errato. Gli azionisti di Unicredit non me possono più dell’incapacità di Profumo a gestire la banca”.

 

Su “phastidio” si nota invece un fastidio marcato per le operazioni leghiste, da Bossi al sindaco di Verona. In pratica li si accusa di “non capire una cippa” di finanza e di economia e di avere per “appetito politico” e di potere che è finito con il destabilizzare una grande banca come Unicredit.

La “voce.info” è più problematica: “Crisi al vertice di Unicredit, dove Alessandro Profumo ha dovuto dimettersi. La domanda che dobbiamo porci è: la crisi è stata determinata – legittimamente – da una insoddisfazione degli azionisti rispetto alla performance della banca oppure è un riflesso esterno di realtà locali, dettate da ragioni personali o peggio ancora politiche?”. Perlomeno c’è il beneficio del dubbio su una vicenda che è, al momento, ancora tutta da definire.

 

Più complessa e articolata la considerazione che fa un giornalista di valore come Oscar Giannino su “chicago-blog”. È un pezzo tutto da leggere e da meditare, perché si arriva al cuore del problema sulla realtà delle fondazioni che hanno liquidato in prima persona Profumo. Ma ci si discosta dai luoghi comuni dei retroscena politici.