Nonostante le rassicurazioni espresse dal Financial Stability Board e dal Comitato di Basilea per la supervisione bancaria, che hanno recentemente verificato, attraverso una analisi economica, come i costi macroeconomici derivanti dall’applicazione dei nuovi principi prudenziali sul capitale dovrebbero risultare contenuti e i benefici, al contrario, di ampia portata, continuano a permanere forti dubbi su quello che potrà essere il reale impatto di tali misure sul mercato bancario e sulla crescita economica, in particolare in Italia e in altri contesti europei analoghi.
Tali perplessità derivano dalla particolarità della struttura produttiva e creditizia del nostro paese, dove in pratica la totalità delle imprese sono PMI (4,5 milioni), con un numero di occupati superiore ai 14 milioni (una quota pari all’80% dell’occupazione complessiva nelle imprese) e la Cooperazione Bancaria (Banche Popolari e BCC) rappresenta oltre il 40% del mercato. Infatti, un rafforzamento dei requisiti minimi di capitale che le banche sono chiamate a soddisfare penalizzerebbe maggiormente gli istituti come le Banche Popolari e le BCC che fondano la propria filosofia operativa sul relationship banking e sulla prossimità territoriale, con una clientela composta in larga parte da famiglie e PMI.
Ciò appare ancora meno comprensibile se si pensa all’impegno messo in campo dalla Categoria nei mesi più problematici della crisi, quando applicazione, dedizione e generosità ha contraddistinto l’azione delle banche del territorio per sostenere l’economia e, prevalentemente, le piccole e medie imprese e le famiglie, con l’obiettivo di mantenere vitale il tessuto produttivo, ponendo le premesse migliori per poter ripartire insieme in una fase congiunturale del ciclo economico più favorevole, come risulta anche dai segnali più recenti relativi alla prima metà del 2010.
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Infatti, nei primi cinque mesi dell’anno il totale dei prestiti erogati dalle Banche Popolari ha continuato a crescere intorno al 6%, contro il 2% medio nazionale, e i nuovi impieghi a PMI sono stati pari a 20 miliardi di euro, un dato in linea se non superiore agli anni che hanno preceduto la crisi. Inoltre, l’aumento dei prestiti non si è limitato alle aree più sviluppate del Paese, ma ha attraversato da nord a sud tutta la penisola, con aumenti del 7% nel Mezzogiorno, di quasi il 5% nelle regioni centrali, di oltre il 6% nel nord est e del 4% nel nord ovest.
La Cooperazione Bancaria europea e le Banche Popolari hanno dimostrato non solo nelle simulazioni e nelle analisi economiche ma nella realtà dei fatti, una capacità di reazione alla crisi superiore alla media, non facendo mai venire meno il loro supporto a sostegno del tessuto produttivo nei territori di riferimento. La prova offerta dal modello delle Banche Popolari nella fase più aspra della crisi economica può essere sintetizzata in pochi numeri.
La crescita della clientela di oltre mezzo milione di unità nel 2009, che ha permesso di raggiungere un numero di correntisti superiore ai 10 milioni, l’aumento della quota di mercato dei prestiti a PMI, salita in poco meno di due anni dal 22,7% al 26,3%, e una rischiosità controllata inferiore alla media, pur avendo un portafoglio crediti in prevalenza caratterizzato dalla presenza della piccola imprenditoria, testimoniano il rapporto di fiducia che da sempre caratterizza la Banca Popolare con la propria clientela e che, proprio nei momenti più difficili, tende a consolidarsi e a divenire più forte e stringente.
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Ciò spiega come sia stato possibile per le Banche Popolari sviluppare nel corso del 2009 una dinamica degli impieghi con tassi di crescita tre volte superiore alla media, mantenendo costantemente più contenuti i tassi per i prestiti alle imprese (in particolare per le PMI) e per i mutui alle famiglie. La politica perseguita dalle Banche Popolari ha permesso di coniugare nel modo migliore sostegno al territorio e solidità patrimoniale, dimostrando come sia possibile operare nelle economie locali ed essere parte attiva dello sviluppo sociale ed economico dell’area senza necessariamente venire meno a quelli che sono i doveri della banca verso i propri Stakeholders.
Una conclusione, questa, condivisa anche in ambito politico, istituzionale e finanziario e confermata dai risultati dello stress-test compiuto su numerose banche europee e resi noti dal Comitato europeo dei supervisori bancari (CEBS) che hanno sottolineano la vitalità e la forza della Cooperazione Bancaria e, in particolare, delle Banche Popolari italiane.
L’aspettativa di tutti coloro che sono consapevoli della ricchezza che il patrimonio di relazioni e conoscenze sviluppato in oltre un secolo e mezzo tra banche del territorio e comunità locali ancora oggi rappresenta per ognuno di noi, è che questo non venga disperso, inaridito o snaturato per effetto di schemi e misure, la cui applicazione globale mal si adatta alle specificità presenti in numerose economie e nella società, e che le necessità e le aspirazioni provenienti da tutti coloro che quotidianamente operano sul territorio possano essere a pieno titolo parte integrante di un progetto di crescita economico ma anche sociale condiviso.