Piazza Affari ieri ha chiuso in calo, ma i titoli bancari hanno vissuto una giornata fortemente positiva, con Unicredit che ha toccato anche quota 1,06 euro ad azione, terminando poi la seduta a 1,03 con un rialzo del 6,7%. Merito anche delle dichiarazioni di domenica scorsa di Angela Merkel e Nicolas Sarkozy, che hanno ribadito il loro impegno in favore delle ricapitalizzazione delle banche. Un vertice, quello tra i due leader europei, che non è piaciuto al ministro degli Esteri, Franco Frattini, che ha spiegato che la “situazione globale non si risolve con assi bilaterali”. Una situazione che il Presidente uscente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet ha dipinto ieri con tinte molto fosche parlando di una crisi europea che ha raggiunto ormai dimensioni sistemiche. «Le parole di Frattini – ci spiega Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze – hanno un riferimento concreto: il Fondo europeo di stabilità finanziaria (Efsf)».



In che senso?

La nascita di questo Fondo comporterà la creazione di regole cui i vari stati membri dovranno sottostare per poter accedere ai finanziamenti. Queste condizioni non possono, però, essere dettate da un direttorio franco-tedesco, ma devono avere un’impronta più generale per essere accettate da tutti. Tuttavia, devo dire che questo problema mi preoccupa meno rispetto all’effettiva volontà di Sarkozy e Merkel di dar vita al Fondo. Perché si continua a parlarne, ma nulla si è ancora concretamente mosso. In ogni caso, parlando dei rapporti tra Francia, Germania e Italia non bisogna dimenticare una cosa importante.



Quale?

Circa un terzo del debito pubblico italiano è in mano a banche e soggetti finanziari francesi e tedeschi. Se da un lato è giusto che questi due paesi cerchino di tutelare i loro interessi, dall’altro sbagliano a non coinvolgere in questo processo decisionale gli altri stati, alcuni dei quali dotati di finanze pubbliche molto buone e che parteciperanno al finanziamento dell’Efsf. Da questo punto di vista, basterebbe ricordare che chi paga l’orchestra ha il diritto di sapere che musica verrà suonata e non è accettabile che siano solo due paesi a decidere lo spartito musicale. Anche perché sono pur sempre una quota di minoranza, per quanto importante, del totale.



Un’accusa che è stata mossa a Sarkozy e Merkel riguarda il fatto che stiano cercando di aiutare solo le banche dei loro paesi. Cosa ne pensa?

Il problema è che le banche in questione sono detentrici di debito pubblico dei paesi attualmente in difficoltà. Aiutando le proprie banche, per esempio, di fatto sostengono anche il nostro debito. Il problema è che queste operazioni non possono essere svolte isolatamente dall’azione complessiva europea, altrimenti rischia di crearsi una sorta di privilegio per queste banche rispetto alle altre. Detto questo, vorrei aggiungere che non sono felice di vedere che per l’ennesima volta gli stati vanno in aiuto delle banche, ma pare che sia necessario farlo per evitare il peggio in Europa.

 

La situazione è così grave come ha evidenziato ieri Trichet?

 

Penso che la questione vada vista sotto due aspetti. Il primo riguarda il fatto che il salvataggio della Grecia andrà fatto, altrimenti si darà l’impressione che l’Europa non vuole o non può sostenere i debiti degli stati membri e si innescherà una reazione a catena spaventosa: se fallisce il sistema bancario greco si danneggiano gli operatori collegati a esso in un momento in cui le banche fanno fatica ad assolvere il loro normale compito di finanziamento dell’economia. Insomma, dall’intervento o meno in Grecia dipende il rischio di una recessione europea.

 

E il secondo aspetto?

 

È collegato al primo e riguarda gli interventi in favore di grandi paesi quali Italia e Spagna, che comportano l’acquisto dei titoli pubblici sul mercato secondario, attraverso l’Efsf, che vengono venduti da banche che hanno bisogno di liquidità o temono che detenere un quantitativo troppo grande di quei titoli possa spingere le agenzie di rating ad abbassare la loro valutazione. Come si vede la situazione delle banche non è delle migliori. Ritengo, però, che l’Efsf avrà una forte matrice franco-tedesca e rischiamo quindi, come Italia, di dover sempre dipendere da questi due paesi.

 

L’Italia può “smarcarsi” da Francia e Germania?

 

Secondo me, sì. Credo che il problema del debito vada risolto soprattutto da noi italiani. Dobbiamo creare una forza d’urto finanziaria mediante privatizzazioni e magari condoni per acquistare sul mercato secondario quel debito pubblico in eccesso che non si riesce facilmente a collocare, in modo che non ci sia necessariamente bisogno di dipendere così tanto dagli altri paesi europei. Dobbiamo togliere dal mercato circa 200 miliardi di debito pubblico italiano in due anni e scendere a un rapporto debito/Pil più accettabile. Dobbiamo altresì renderci conto che la questione del pareggio di bilancio nel 2013 non è affatto decisiva dal punto di vista del mercato dei titoli di stato.

 

Perché?

Perché è stata funzionale a ottenere l’aiuto della Bce, che non può comprare titoli di paesi in deficit. Tuttavia, questo sostegno non può essere illimitato, dato che le risorse della Bce non sono inesauribili. D’altro canto, non è nemmeno detto che l’Efsf sarà così efficiente, anche perché non è ancora stato creato. Ci serve quindi un’operazione di finanza straordinaria. In caso contrario, avremo per almeno un altro anno un periodo di sofferenza, perché solo dopo (ammesso che il quadro regga) si potrà riuscire a vedere dal punto di vista internazionale un rapporto debito/Pil più basso.

 

Trichet è ormai ai suoi ultimi giorni alla guida della Bce. Come giudica il suo operato?

 

Dal punto di vista tecnico ha compiuto parecchi sbagli, perché non aveva a mio parere la competenza necessaria per gestire una situazione così difficile. Ha commesso, per esempio, l’errore di praticare una politica restrittiva all’inizio dell’anno, mentre adesso le aspettative si sono invertite e la Bce si prepara a tornare alla politica espansiva. L’altro errore è stato quello di “litigare” con la Fed per la supremazia monetaria internazionale. Ora, da presidente uscente, paga il fatto che ciò che annuncia non sarà necessariamente fatto dal suo successore Draghi. E questo genera incertezze sui mercati.

 

L’arrivo di Draghi alla Bce potrà influire su questa sorta di “duopolio” franco-tedesco nella gestione delle politiche economiche-finanziarie europee?

 

La convergenza sul nome di Draghi da parte di Sarkozy e Merkel non è da considerarsi casuale: data la quota di debito italiano nelle mani di Francia e Germania a loro conviene avere un banchiere italiano che coordina le operazioni del sistema bancario e monetario europeo. Quello che Frattini ha reclamato l’altro giorno, senz’altro con l’arrivo di Draghi diventerà più concreto. Poi il nuovo Presidente della Bce è certamente più bravo dal punto di vista tecnico e più disposto a collaborare con le altre banche centrali mondiali rispetto al suo predecessore. Questo sarà molto importante, dato che occorrerà un crescente coordinamento delle politiche monetarie internazionali.

 

(Lorenzo Torrisi)

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