«Alla fine il fondo salva-Stati sarà approvato da tutti, sono più che convinta che entro il 23 ottobre (data del prossimo Consiglio Ue, ndr) avremo le firme di tutti gli Stati membri», così impose ai sudditi sua maestà d’Eurolandia, Angela Merkel, riducendo il no di Bratislava al capriccio di un bambino che ora verrà messo in castigo e debitamente minacciato.



La logica è sempre quella: riprova, sarai più (euro)fortunato. Nella perfetta riproposizione del ricatto imposto all’Irlanda sul voto di ratifica del Trattato di Nizza dopo il primo “no” popolare, il parlamento slovacco ha sì bocciato l’ampliamento del fondi Efsf, facendo cadere il governo di centrodestra, ma, miracoli dell’eurodittatura, il voto si terrà di nuovo entro la fine di questa settimana con il sì bipartisan dell’opposizione socialdemocratica, che aveva posto come precondizione al suo sì l’indizione di elezioni anticipate. Et voilà, la sovranità popolare del Parlamento legittimamente eletto di Bratislava si accomodi per l’ennesima volta in discarica e avanti con l’eurocrazia franco-tedesca. Un applauso al partito “Libertà e Solidarietà” e al suo leader, capaci di rimetterci la poltrona pur di non votare un qualcosa che ritengono dannoso per le tasche dei contribuenti slovacchi. Chapeau!



Non possiamo dire altrettanto, invece, del numero uno dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, capace di dire finalmente la verità, salvo rimangiarsi tutto come un politicuccio qualsiasi poche ore dopo, su strigliata dei soliti poteri forti che governano l’Europa e affidando la smentita a un responsabile della comunicazione del suo governo. Ma cosa aveva detto Juncker alla televisione austriaca Orf? «Si sta discutendo l’ipotesi di far subire ai detentori di titoli di Stato della Grecia perdite anche superiori al 60% rispetto al valore nominale dei bond: e nemmeno questo basterebbe a chiudere la crisi sui debiti pubblici nell’area euro». Ovvero, la verità. Al momento, infatti, il secondo geniale piano di aiuti alla Grecia dell’Ue prevede un haircut del 21% circa, qualcosa alle soglie dell’oltraggioso, più che del ridicolo. Ma sono bastate poche ore di verità ed ecco che Juncker ha mostrato la sua vera natura. Anzi, l’ha fatta mostrare a un portavoce del governo del Lussemburgo, Guy Schuller, che all’agenzia Bloomberg ha spiegato come le dichiarazioni siano state male interpretate: «Il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, nega di aver ipotizzato per i creditori della Grecia svalutazioni superiori al 60%. Intendeva dire che le svalutazioni potrebbero superare il 21%». Ma vah?



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Ma a confermare, nonostante le smentite diplomatiche, che la situazione non è più seria, ma drammatica, ci ha pensato il Mister Magoo dell’economia mondiale, quel Jean-Claude Trichet che dopo aver negato per mesi e mesi la realtà e aver dato vita a un suicida rialzo dei tassi d’interesse, ora che sta per lasciare la patata bollente a Mario Draghi ha un sussulto di realismo (interessato): «Nelle ultime tre settimane la situazione è peggiorata. La crisi è sistemica e va affrontata con decisione. La ricapitalizzazione delle banche in Europa è necessaria per proteggere l’economia reale. Potrebbe essere benefica la possibilità che l’Efsf presti soldi ai governi per ricapitalizzare le banche». Et voilà, un bell’assist del francese Trichet al francese Sarkozy, deciso a usare i soldi dei contribuenti europei per salvare Dexia e depurare i bilanci di Societe Generale, Credit Agricole e Bnp Paribas, ma costretto a scontrarsi contro il “nein” della Merkel, secondo cui l’Efsf dovrà essere usato per quella finalità solo come ultima, disperata opzione in caso sia in pericolo la tenuta stessa dell’euro.

Insomma, haircuts o no? «Potremmo andare incontro al classico effetto palla di neve. In un caso simile, i mercati sposterebbero istantaneamente l’attenzione verso il Portogallo, dove il rendimento dei biennale è già al 17%», fa notare Andrew Roberts, capo del monetario a Royal Bank of Scotland. La situazione, in effetti, è pesante. Nonostante il decennale greco sia già trattato al 60% di sconto sull’open market, le banche europee non devono svalutare le perdite fino a quando il default non è formale e il debito è detenuto nei loro loan book a lungo termine. Il pericolo cresce quando e se le banche sono obbligate a cristallizzare il danno prima di aver aumento i loro cuscinetti di capitale.

Insomma, fatta la sintesi, per tutti – tranne i tedeschi – è necessario espandere il fondo Efsf ad almeno 1,5 triliardi di euro. Il problema è che ormai non è più così facile farlo in sicurezza. Lo spread di rendimento tra il Bund e il debito a 10 anni dell’Efsf si è divaricato da 66 a 112 punti base dall’inizio di luglio e se questa tendenza proseguirà, sarà lo stesso fondo a diventare un problema. L’Efsf tratta come uno yield misto dei migliori fideiussori, ma se l’Efsf emette più debito dobbiamo aspettarci che sia trattato con un ampliamento ancor maggiore rispetto alla media soppesata dei fideiussori, visto che le nazioni deboli stanno diventando sempre più deboli e potranno facilmente creare perdite reali sul portafoglio sottostante.

Quindi, al netto del “no” slovacco che diventerà un sì e dei segnali poco confortanti degli spreads, occorre trovare una nuova via – la quarta – per rendere l’Efsf una gioiosa macchina da guerra. Già, perché nonostante abbia poco più di un anno di vita, il fondo Efsf ha già conosciuto parecchie mutazioni, tutte al rialzo e tutte a beneficio di banche e assicurazioni con soldi pubblici. All’inizio si parlava di meno di 300 miliardi di euro, con un worst case scenario di perdite pari a circa il 40% dell’ammontare prestabile, ovvero 120 miliardi. Per un po’ nulla cambiò, fatta salva l’ovvia non partecipazione di Irlanda e Portogallo come fideiussori e quindi limitando la portata dell’Efsf e delle sue perdite potenziali. Poi si salì e la disponibilità potenziale crebbe fino a 450 miliardi di euro, corrispettivo di quanto garantito dagli Stati con rating AAA, aumento che nei fatti si sostanziò in un totale di 726 miliardi.

A quel punto, il piano sembrò quello di cambiare la natura stessa del fondo, non solo destinato a fare prestiti, ma anche a comprare bonds. aumentando quindi il volume delle perdite potenziali, salite al 60% dei 450 miliardi, ovvero a 270 miliardi (soldi a rischio per potenziali salvataggi a babbo morto di banche e assicurazioni). Poi, prima ancora che si arrivasse alla ratifica di tutti i 17 Stati, ecco l’idea di iniettare capitale alle banche, quindi con un potenziale di perdita combinato tra investimenti equity e bonds che saliva all’80%, pari a 360 miliardi di euro.

Basta così? No, non basta ancora. Oggi si chiede che l’Efsf garantisca perdite iniziali per tutti i suoi 726 miliardi di garanzie, quindi una perdita potenziale del 100% salita da 360 a 780 miliardi! In un anno, insomma, i rischi di perdita trasferiti da istituzioni private a nazioni sovrane sono passati da 120 a 270 a 360 fino a 780 miliardi di euro potenziali! E chi poteva avere un’idea simile, se non gli interessatissimi tedeschi del gigante assicurativo Allianz, da giorni al lavoro a stretto contatto con Deutsche Bank ed emissari della troika per lanciare la loro creatura: ovvero, un Efsf modello coltellino svizzero, cioè, multiuso?

I geniali teutonici, infatti, vogliono trasformare il fondo salva-Stati sia in assicuratore di bond dell’eurozona per un controvalore di 3 miliardi di euro che in emittente obbligazionario, il tutto senza aumentarne la dotazione! E chi saranno mai questa tedeschi, Houdini! No, solo dei furbacchioni che si pensano più furbi degli altri e vogliono trasformare l’Efsf in una Fed-Lite senza cacciare un soldo: Allianz, infatti, ha un’esposizione da triliardi al reddito fisso in giro per il mondo e oltre 450 miliardi di euro investiti in assets europei e cerca disperatamente un cavaliere bianco. Di più, Allianz vorrebbe che il suo geniale piano fosse approvato dal G-20 di Cannes del 3 e 4 novembre prossimi.

E, ovviamente, questa idea di tramutare l’Efsf in un’istituzione che protegga gli investitori contro una porzione di perdite ha immediatamente riscosso il supporto delle principali banche e società assicurative europee: l’avreste mai detto? «Non usare l’Efsf come un prestatore ma come un assicuratore di bond», questo lo slogan da Club Mediteranee scelto da Herr Achleitner, gran capo di Allianz per imporre la sua ricetta, basata appunto sull’utilizzo di tutti i 780 miliardi di euro stanziati come aumento massimo dell’Efsf per assicurare il 20% di 3 triliardi di euro in obbligazioni.

Perché proprio ora, visto che sei mesi fa, quando Allianz presentò la sua colossale bufala la prima volta, il governo tedesco oppose il suo “nein” poiché certo che una simile architettura avrebbe incontrato veti legali a livello comunitario? Ma Herr Achleitner ora è certo che tutte le domande poste dal bando verso governi europei che intendano garantire il debito di altri membri, sono state risolte e hanno trovato risposte, anche nelle esenzioni di emergenza che elimineranno tutte le restrizioni.

Evviva, un bel condono in salsa europea di tutte le norme e Trattati! Fortuna che sono tedeschi! È interessante vedere come tutti i limiti legali vengano prontamente rimossi e risolti quando in ballo c’è la sopravvivenza dei banchieri! Ma cosa succederà quando il capitale assicurato dovrà essere finanziato? Solvibilità, questa sconosciuta.

P.S. Tranquilli, comunque, l’America sta muovendosi per affrontare il peggio della crisi che ancora ci attende. Non solo ha bocciato il piano lavoro di Obama (bye bye Casa Bianca), non solo ha votato a favore della legge anti-yuan che penalizza le esportazioni cinesi (Pechino ha già minacciato la guerra commerciale e delle valute) ma, soprattutto, ha scoperto un diabolico e pericolosissimo piano terroristico orchestrato da Iran e narcos messicani (ma non si escludono complicità di Magilla Gorilla e Svicolone, oltre al fiancheggiamento logistico di Braccobaldo e Lupo de Lupis) per colpire obiettivi sauditi e israeliani negli Usa. Si scaldino i motori, Teheran è avvertita. Una bella guerra, ecco cosa ci vuole per far ripartire il sistema!

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