Il debito pubblico italiano è diminuito ed è ritornato sotto i 1.900 miliardi di euro. Lo fa sapere la Banca d’Italia nel suo Bollettino statistico, con riferimento al mese di agosto. Merito anche delle entrate tributarie, che nei primi otto mesi dell’anno sono cresciute del 2,38% rispetto allo stesso periodo del 2010. E sempre in tema di tasse, Bankitalia ieri è stata protagonista, tramite l’audizione del capo ricerca economica di Palazzo Koch, Daniele Franco, al Senato, di una proposta abbastanza sorprendente: ripristinare l’Ici (Imposta comunale sugli immobili) sulla prima casa. Secondo la Cgia di Mestre, si tratterebbe di una manovra che potrebbe portare nelle casse degli enti locali circa 2,8 miliardi di euro, utili per finanziare i servizi pubblici locali.



«Effettivamente – ci spiega Ugo Arrigo, docente di Finanza Pubblica all’Università Bicocca di Milano – è giusto che i servizi locali vengano finanziati attraverso imposte locali. Non dobbiamo dimenticare che quando l’Ici è stata abolita, gli enti locali hanno dovuto fare affidamento sui trasferimenti dallo Stato centrale, che però sono stati quasi subito ridotti, e di conseguenza hanno dovuto tagliare i servizi pubblici. Di fatto, l’abolizione dell’Ici è andata a penalizzare, attraverso minor servizi, le classi meno abbienti. Si è quindi ridotto in maniera notevole un canale redistributivo».



Non è il caso, però, secondo Arrigo, di tornare a tassare la prima casa tout court, «perché il fatto che una persona sia proprietaria dell’immobile in cui abita non è certamente una cosa da penalizzare. Tuttavia, non è nemmeno equo esentare tutte le prime case indipendentemente dalle dimensioni e dalla numerosità delle famiglie che vi abitano». La soluzione quindi è un’Ici «modulata sui carichi famigliari, in modo che si possa tenere conto dei bisogni abitativi delle famiglie. La cosa migliore potrebbe essere esentare una parte dell’immobile, in termini di metri o vani catastali proporzionali ai membri della famiglia. Tanto per fare un esempio, una famiglia di quattro persone sarebbe esente per quattro vani catastali, mentre pagherebbe quelli residuali. Un single, invece, sarebbe esente per un solo vano e pagherebbe per tutti gli altri».



Un modo per tener conto delle famiglie quando si parla di tasse, come si fa all’estero. Del resto, la Banca d’Italia sottolinea che non avere un’imposta sugli immobili è una anomalia rispetto al resto d’Europa. «Infatti, in Francia, ci sono imposte locali – spiega Arrigo – sugli immobili abbastanza rilevanti, ma anche detrazioni elevate per i carichi famigliari. Una famiglia italiana di reddito medio abbastanza numerosa in Francia probabilmente non pagherebbe nulla: le riduzioni di imposta coprirebbero il debito impositivo».

Se però ritorno dell’Ici deve essere, oltre all’introduzione di questa esenzione, Arrigo fornisce altri due suggerimenti: «Il primo riguarda una razionalizzazione dell’imponibile che porti a maggiore equità. Nella vecchia Ici, infatti, si pagava in base alla rendita catastale, che viene assegnata a un immobile al momento dell’iscrizione al catasto. Questo faceva sì che, a parità di dimensioni, su una casa più vecchia si pagasse meno perché la rendita catastale era inferiore». Il secondo consiglio è «ripristinare l’Ici a patto di diminuire qualche altra entrata fiscale. E, secondo me, la cosa migliore sarebbe aumentare le detrazioni per i carichi familiari. Bisogna evitare di introdurre nuova imposizione fiscale e aumentare la pressione fiscale che è già a livelli stellari».

 

(Lorenzo Torrisi)