Ieri, 17 ottobre 2011, Giornata mondiale della lotta alla povertà, è stato presentato a Roma, presso la Pontificia Università Gregoriana, il Rapporto 2011 su povertà ed esclusione sociale in Italia, elaborato da Caritas Italiana e Fondazione “E. Zancan”. Il volume si articola principalmente in due parti: nella prima vengono approfonditi i diritti dei poveri previsti dalla Costituzione e a livello internazionale, in gran parte ancora disattesi, perché non privilegiano l’incontro tra diritti e doveri, non valorizzano le capacità e non coinvolgono e promuovono la partecipazione dei poveri. Viene inoltre aggiornato il comparativo delle regioni, con parametri di spesa e di risposta, e illustrati approfondimenti specifici, che evidenziano come fare e cosa non fare, se si vuole dare speranza alle persone e alle famiglie in difficoltà. La prima parte si chiude con proposte per far meglio fruttare gli investimenti, ottenere migliori indici di efficacia e superare il cronico sottoutilizzo delle risorse. La seconda parte, curata da Caritas Italiana, si sofferma sul ruolo della Chiesa nel contrasto della povertà economica: questo ruolo si sviluppa attraverso azioni di studio, animazione, promozione e assistenza alle persone e famiglie in difficoltà, e nel testo vengono descritte, con dati aggiornati, le nuove tendenze di impoverimento della società italiana, secondo l’esperienza della Caritas.
Infine, altri approfondimenti riguardano la povertà degli immigrati, le condizioni di vita nelle aree montane, le iniziative per affrontare la crisi economica messe in atto dalle diocesi e l’attività svolta dalle mense socio-assistenziali. IlSussidiario.net ha analizzato il Rapporto 2011 su povertà ed esclusione sociale insieme a Giovanni Marseguerra, professore di Economia politica presso l’Università Cattolica di Milano. «Ci sono alcuni dati che immediatamente colpiscono: il primo è quello relativo al numero di persone povere in Italia, in cui è stato registrato un aumento in termini assoluti, perché nel 2009 erano 7,810 milioni, che nel 2010 sono diventate 8,272 milioni. L’aumento è quindi anche relativo, perché nel 2009 erano il 13,1% della popolazione, mentre adesso sono il 13,8%. La povertà è aumentata in modo particolare tra le famiglie numerose, di cinque o più componenti, in cui si è passati dal 24,9% al 29,9%, ed è aumentata tra i nuclei residenti nel Mezzogiorno con tre o più figli minori, dal 36,7% al 47,3%».



Il Rapporto evidenzia anche l’elemento dei diritti negati legati alla povertà, e il Professor Marseguerra spiega che «quello che sembra più grave è il diritto alla famiglia, che colpisce con particolare violenza le famiglie numerose, cioè con più di due figli. Il fondo per le politiche alla famiglia ha subito, per effetto delle recenti normative, una serie di decrementi: 185 milioni in meno nel 2010, 51 in meno nel 2011, 52 nel 2012 e 31 milioni in meno nel 2013, e a mio parere questi tagli appaiono quanto mai inopportuni, perché la famiglia è come sempre un soggetto sociale essenziale per la coesione sociale e lo sviluppo. È un produttore di esternalità positive a beneficio dell’intera società e un elemento di grande importanza. È necessario che i governi si rendano conto che non si tratta di avere compassione o paternalismo assistenzialistico, ma bisogna sostenere la famiglia con adeguate politiche».



Infatti, spiega Marseguerra, i nuclei famigliari sono un elemento fondamentale per la stabilità e il progresso della società: «La famiglia rende un formidabile servizio allo sviluppo del Paese, non solo per la riproduzione, che comunque resta fondamentale per lo sviluppo intergenerazionale, ma anche per altri fattori: per esempio, per la redistribuzione dei redditi da lavoro, perché la famiglia riequilibria la distribuzione personale dei redditi, e in questo senso è un potente ammortizzatore sociale. Poi la famiglia è quell’istituzione che sostiene e tutela i soggetti deboli, come i bambini, gli anziani non autosufficienti, e così via. La famiglia crea capitale umano e le interazioni tra soggetti consentono la trasmissione reciproca di conoscenze, e questo aumenta lo stock di capitale umano. Questi dati che riporta il Rapporto della Caritas dicono quindi che la famiglia sta soffrendo».



Sempre nel Rapporto 2011 su povertà ed esclusione sociale in Italia, si parla del diritto al lavoro negato e, spiega Marseguerra, «si menziona in particolare un fatto che tutti ormai conosciamo: il lavoro è particolarmente difficile per i giovani, con tassi di disoccupazione micidiali, e per le donne. La chiave interpretativa di questi dati si può ritrovare nel prevalere della logica emergenziale, secondo cui  si erogano contributi economici ma non si attivano servizi. Questo non incentiva l’uscita dal disagio, e il documento giustamente dice che così “si rischia di rendere cronico il problema”. C’è anche un riferimento che secondo me è molto significativo, cioè che la solidarietà è molto importante, ma questa deve sempre andare insieme alla sussidiarietà e come dice anche la Caritas, senza questa “scade nell’assistenzialismo che umilia il portatore di bisogno”. Bisogna quindi mettere queste persone in condizione di uscire dal disagio e da questo punto di vista è necessario un salto culturale».

Un altro elemento che non sfugge all’occhio attento del professore è la differenza tra le Regioni: «C’è un forte divario di spesa pro capite: le Regioni a statuto speciale e le provincie autonome hanno una maggiore capacità di spesa in riferimento alla povertà e al disagio economico. Guardando anche quelle a statuto ordinario, quelle del Centro-Nord sostengono una spesa sociale complessiva pro capite più che doppia rispetto al Sud, quindi abbiamo dei divari economici e sociali che nel Rapporto emergono in maniera straordinaria e che inducono a riflettere».

Nella seconda parte del rapporto ci sono invece dati che fanno riferimento più precisamente all’attività della Caritas che, secondo il professor Marseguerra, «fa un lavoro straordinario di aiuto nei confronti delle persone in difficoltà. Il dato che mi ha colpito è che è molto aumentato, quasi del 20% in quattro anni, il numero di persone che si presentano al centro di ascolto, e in particolare sono aumentati di molto gli italiani, circa del 42%. Quindi prima erano più che altro gli immigrati a rivolgersi ai servizi Caritas, che comunque rappresentano ancora oggi la maggioranza, ma gli italiani sono in notevole aumento, e questo è un dato che fa certamente riflettere».

 

(Claudio Perlini)

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