Sembra che da quando Sergio Marchionne ha scritto a Emma Marcegaglia comunicando la sua intenzione di portare Fiat fuori da Confindustria, l’associazione degli industriali sia diventata  centro di gravità del dibattito economico, e persino politico, dell’Italia. Se, infatti, all’inizio la questione sembrava semplicemente quella di stabilire chi avesse ragione tra l’Amministratore delegato del Lingotto e il Presidente di Viale dell’Astronomia riguardo l’articolo 8 della manovra,  il problema è poi diventato il presente e il futuro di Confindustria stessa. La quale, nel frattempo, aveva deciso di mettere pressione (come sta continuando a fare con ultimatum più o meno quotidiani) al Governo in vista del famoso Decreto sviluppo (per la cronaca, Silvio Berlusconi si era dato la data di domani per arrivare a un testo definitivo: staremo a vedere) presentando specifiche richieste, alcune sicuramente inaccettabili per l’attuale esecutivo (leggi imposta patrimoniale). Qualcuno ha visto in ciò un tentativo di “spallata” a un governo non considerato più “amico”. Se così fosse, si può ben dire che “chi di spada ferisce, di spada perisce”.



Infatti, la “stoccata” arrivata dall’editoriale de Il Corriere della Sera di ieri, a firma di Francesco Giavazzi, è di quelle pesanti: se l’Italia è ferma, è colpa anche di Confindustria. Com’è possibile che questo accada, quando è l’associazione degli industriali a scrivere un manifesto in cinque punti per far crescere il Paese? Chi ha ragione? E che dire dell’esposizione mediatica di cui sta godendo, nel bene e nel male, Emma Marcegaglia in quest’ultimo periodo, quando mancano oltretutto poco più di sei mesi alla fine del suo mandato?



Qualcuno ha visto nell’uscita di Marchionne e degli Agnelli (John Elkann si è dimesso dalla carica di Vicepresidente di Confindustria) una manovra per cercare di rientrare dalla finestra di Viale dell’Astronomia. È infatti difficile immaginare un’associazione imprenditoriale priva della presenza del più importante gruppo manifatturiero nazionale. E forse qui la questione torna a farsi politica. Nella sua lettera di oggi al Corriere in risposta a Giavazzi, Emma Marcegaglia sembra voler rivendicare la validità del modello della concertazione “classico” di Confindustria, che avrebbe permesso le stesse “rivoluzioni” contrattuali che tanto Marchionne sbandiera come sue conquiste personali.



Si torna dunque alla pietra iniziale dello scandalo, quella lanciata da Fiat contro Confindustria? Così sembra, e allora meglio tenere gli occhi aperti sulla corsa alla poltrona su cui siede oggi Marcegaglia: come sarà l’Italia di domani non dipende solo dal Governo che ci sarà tra un anno, ma anche dal sistema di relazioni industriali, che tanto incidono sulla produttività. Germania docet.