Un tassello della grande manovra politico-finanziaria di stabilizzazione dell’euro. Così Antonio Quaglio, caporedattore de Il Sole 24 Ore, commenta il pacchetto di misure anti-speculazione definito tra Parlamento europeo, Commissione e Consiglio. Dal luglio prossimo le vendite allo scoperto di azioni di società quotate dovranno essere comunicate alle autorità di vigilanza (in Italia la Consob) fino allo 0,2% e direttamente al mercato oltre lo 0,5%. Restrizioni in arrivo anche per le transazioni in titoli di debito sovrano e in credit default swap (cds): i derivati che se trattati “nudi” (cioè come strumenti d’investimento diretto e non di protezione) possono accentuare le turbolenze speculative.



Perché arriva proprio ora la stretta su “short selling” e cds?

Domenica è in programma un vertice ritenuto decisivo per la gestione definitiva della crisi greca. Ieri, a margine dell’addio di Trichet alla Bce, si è tenuto addirittura un vertice d’emergenza tra Merkel, Sarkozy, il direttore generale francese del Fmi, Lagarde, e Draghi, presidente entrante della Banca centrale europea. È chiaro che l’Europa sta facendo di tutto per tranquillizzare i mercati sul futuro dell’euro. E rassicurare i mercati vuol dire anche mostrare loro fermezza contro scossoni indesiderati e in questo momento non compatibili con l’esigenza politico-istituzionale di stabilizzare l’euro e favorire la ripresa.



Borse, banche, gestori e broker hanno già però mostrato malumore e insofferenza per i vincoli allo short selling

È comprensibile: i profitti delle istituzioni finanziarie sono strutturalmente generati dalla speculazione e contro il loro eccesso il direttorio franco-tedesco dell’Ue ha già prospettato l’introduzione della cosiddetta Tobin tax. Governi e autorità monetarie sembrano impegnati in un dietro-front storico di cultura politico-finanziaria: un arretramento dal libero mercato privatistico e un ritorno verso forme di sorveglianza pubblica e di controllo burocratico. Ma l’interesse economico collettivo ha già pagato prezzi altissimi alla crisi finanziaria: in termini di risparmi bruciati, credito razionato, recessione, disoccupazione e bilanci pubblici sotto pressione (a cominciare da quello italiano). È vero che alzare confini all’operatività di Borsa significa ridimensionare anche le prospettive di redditività del risparmio privato. Ma in questa fase – soprattutto quando la crisi greca non è ancora del tutto tamponata – non c’è alternativa. Analogamente, al sistema bancario si sta prospettando un ulteriore appesantimento dei parametri patrimoniali previsti da “Basilea 3”: ma la spirale speculazione-bond sovrani-bilanci bancari rischia di strozzare l’euro.



Quale sarà l’esito del supervertice di domenica?

La Germania sta spingendo per un rafforzamento dell’Efsf, il nuovo fondo salva-stati, che sempre di più assume la fisionomia di un fondo “salva tutto”, visti gli intrecci tra finanza pubblica e privata, tra bilanci statali e bancari. Il Parlamento tedesco, pronunciando un sì sofferto, ha però dato alla Merkel un mandato chiaro: “L’euro dev’essere ancor più forte e stabile di quanto era il marco”, ha sintetizzato ieri la cancelliera. Il senso è inequivocabile: nella “nuova Europa” i paesi membri dovranno sottostare a controlli più stretti e i paesi che si assumeranno più responsabilità di altri – ad esempio nell’Efsf o nel capitale Bce – avranno più potere. Anche il potere di decidere per altri paesi meno responsabili.

 

Banche e Borsa: come sarà la finanza nella nuova eurozona?

 

Lunedì notte Moody’s ha pubblicato una breve nota intitolata “La Bce ha una capacità sostanziale di sostenere le banche dell’eurozona e i titoli sovrani sul mercato”. Una specie di “conferma di rating” alla banca centrale, che la maggiore delle tre agenzie globali di valutazione del merito di credito si è sentita in dovere di esprimere all’inizio di un’ennesima settimana problematica. Una conferma che tutti i circuiti finanziari sono sotto tutela di Bce e Fed, a loro volta più strettamente legate ai grandi governi nazionali o sovrannazionali.