Le Borse europee, si dice, sono tutte in attesa, Ma finiscono tutte in territorio negativo. Il Ftse Mib perde poco più dell’1%. Il Dax di Francoforte, dopo aver brillato per tutta la mattinata, va sotto dello 0,33%. Il Cac 40 francese perde l’1,7%. Il problema è che se l’Italia è una “regina” delle contraddizioni politiche e della politica del rinvio, Francia e Germania sono sulla buona strada per strapparle la corona. Alle 15:30 di una giornata di attesa, tanto per cambiare, arriva la notizia, che ormai si chiama “breaking news” (oh, yes), che comunica che l’Ecofin previsto per domani e poi il summit per  definire il Fondo salva-Stati e la ricapitalizzazione delle banche è slittato un’altra volta. Si tenga presente che i mercati si aspettavano una risposta concreta, dettagliata e definitiva lo scorso weekend. Nel frattempo continuano tutti a fare dichiarazioni, da Barroso alla Merkel, compreso il primo ministro greco Papandreou che ha detto: “È venuto il momento di fare scelte serie”. Nessuno, si pensa, ha compreso bene quello che volesse dire.



In termini reali, la situazione è molto più chiara ai mercati di quello che vogliono far credere  nelle varie  cancellerie, nei ministeri economici e anche all’interno della Banca centrale europea. Punto primo: la Grecia è fallita. Il default sarà controllato, pilotato, messo in naftalina, ma procurerà un danno enorme alle banche dei grandi paesi europei, soprattutto a quelle tedesche e francesi. Tanto per citare un caso, la sola Bnp Paribas ha un’esposizione  in titoli greci nel suo portafoglio di 3,2 miliardi di euro. Non è da scherzi, anche se  minore l’esposizione della tedesca Commerzbank. Quindi, ecco spiegati i “dettagli” del contenzioso franco-tedesco: come usare questo benedetto Fondo salva-Stati? Come cercare di salvare le proprie banche? Il tutto è diventato un tormentone che va avanti da almeno tre settimane, da quando apparve la notizia sulla stampa britannica di una dotazione di tremila miliardi che non ha fatto altro che suggestionare le Borse, con rialzi impensabili e ripetute cadute.



Il “caso italiano” è stato inserito a forza in questo contesto. I tedeschi soprattutto puntano i piedi sul debito e accusano l’Italia di non rispettare i conti pubblici per ridurlo e la invitano a mettere in atto iniziative per la crescita. Su questo hanno ragione, perché il debito è stato quasi trascurato, mentre si poteva intervenire almeno con una vendita del patrimonio immobiliare dello Stato e l’Italia, in undici anni, è cresciuta del 3,2% soltanto.

In una simile situazione di empasse, tutti possono rinfacciarsi tutto. Ma quello che emerge da queste giornate è che l’Europa sta diventando quasi un’utopia, che si concretizza sola in una moneta unica. Il resto non conta. Dall’altra parte dell’Atlantico, le notizie non sono migliori. L’indice della fiducia dei consumatori è il più basso dal marzo del 2009 e Wall Street è in rosso.



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