Da una lettura frettolosa dei media – quella di gran parte dei telespettatori e dei lettori di giornali, tanto in Italia quanto all’estero – si trae l’impressione che il dibattito in corso da ieri in seno al Governo riguardi essenzialmente che risposta dare alle autorità europee in materia di riassetto della previdenza, ed in particolare di modifica di quella che in linguaggio tecnico viene chiamata “l’età normale” per passare dalla vita attiva alla quiescenza. Pur soltanto in materia di previdenza, il problema è più complesso, come correttamente sottolinea, in questa stessa pagina, Giuliano Cazzola.
Tuttavia quello che gli italiani, prima ancora dell’Unione Europea e degli stessi nostri partner in seno all’eurozona, si aspettano è un programma completo di rilancio dell’economia italiana. Attenti: non ci si attende un “libro dei sogni” come i piani quinquennali firmati da Giovanni Pieraccini all’inizio dell’esperienza politica di centro sinistra o un programma di priorità come quello dei programmi triennali di Giorgio La Malfa e Paolo Savona nei primi anni Ottanta.
Si vuole di meno ma anche di più: un provvedimento che incida nell’immediato sui nodi che bloccano la produttività (il principale male dell’economia reale) e riducano lo stock di debito pubblico (il freno alle politiche di crescita). Tali provvedimenti devono, poi, essere strutturati in modo da fornire il quadro per passare da una crescita rasoterra ad aumenti del Pil sul 2-2,5% quali sarebbero normali per un Paese a struttura demografica, prima ancora che produttiva, matura.
In questo contesto, le modifiche al sistema previdenziale (che dovrebbe riguardare, in primo luogo, l’introduzione del contributivo per tutti in modo ad incoraggiare a restare il più possibile sul mercato del lavoro) non sono che un tassello di uno schema più ampio che deve riguardare il debito pubblico, le privatizzazioni, i servizi pubblici, le liberalizzazioni e – come correttamente rammentato le autorità europee- un sistema giudiziario i cui tempi ed i cui modi non sono da Paese che vuole essere considerato civile e fare parte dell’UE e dell’eurozona.



In breve, l’UE non ha commissariato l’Italia ma offerto su un piatto d’argento a Governo e Parlamento la strategia da adottare per evitare una nuova recessione, uscire dalla trappola della crescita zero e rimettersi ad avanzare in linea con il suo potenziale.
Oggi 25 ottobre è giornata cruciale per constatare se le forze politiche (di governo e di opposizione) sanno cogliere questa opportunità o se la lasciano passare. Il nodo non è come rispondere all’UE. Ancora una volta, come Cassio diceva a Bruto, “il problema non è nelle nostre stelle ma in noi stessi”.

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