Missione compiuta per l’Italia: la lettera contenente i famosi impegni per la crescita e la salvaguardia dei conti pubblici è stata inviata nei tempi richiesti da Bruxelles, dopo giorni di febbrile trattativa tra Pdl e Lega Nord, in particolare sul tema delle pensioni. Resta ora da capire se quanto messo nero su bianco verrà giudicato positivamente dalla Commissione europea. Su questo non ha dubbi l’economista Giulio Sapelli, che ci spiega: «Le dichiarazioni di ieri mattina di Draghi (la missiva “contiene un piano di riforme organico per lo sviluppo”, ndr) mi fanno pensare che la lettera sia stata presentata a seguito di un accordo preventivo con le autorità di Bruxelles. Non oso infatti pensare che l’Italia non abbia più canali diplomatici informali e si presenti allo sbaraglio con le sue proposte di riforme. Credo che gli sherpa, tanto della Bce che della Commissione europea, siano stati precedentemente consultati e che pertanto gli impegni saranno giudicati positivamente».



Un risultato importante è il fatto che la maggioranza abbia raggiunto un accordo sulle pensioni. Lei come lo giudica?

Per dare un giudizio definitivo occorrerebbe leggere tutto il contenuto della lettera. Mi sembra comunque che ci sia stato un grande passo avanti. Abbiamo accettato, infatti, il principio che bisogna andare lentamente verso l’eliminazione delle pensioni di anzianità, senza ledere i diritti acquisiti, e con una preventiva negoziazione sui tempi di applicazione. Tuttavia, in Italia permane un grande problema.



Di che cosa si tratta?

Mi pare evidente che c’è, come molti stanno sottolineando, una scarsa credibilità del governo, che appare diviso. Questo innervosisce l’oligopolio finanziario mondiale e soprattutto le autorità della Bce e della Commissione europea, perché non sanno se un esecutivo così debole riuscirà a portare in porto le riforme promesse.

Sta dicendo che, come sembra trasparire dai quotidiani degli ultimi giorni, il problema dell’Italia riguardi unicamente il Premier?

Non è una questione che riguarda solo la figura di Berlusconi. Si capisce che ormai è un leader indebolito, perché non ha più la capacità di aggregare, non ha più una forza centripeta e ha perso nel tempo due degli alleati principali del suo governo (Udc e Fini). Il problema vero è che è l’intera coalizione a essere indebolita, a non esistere più ormai di fatto.



Bisognerebbe allora tornare al più presto alle urne?

Continuo a ritenere che in una situazione di frammentazione e decomposizione di tutte le forze politiche (specie del Pdl e del Pd), andare a elezioni anticipate potrebbe rappresentare un grosso rischio, perché se dal voto non venisse fuori un governo stabile sarebbe veramente la fine. A meno che Berlusconi non faccia un passo indietro, con un nuovo predellino, lasciando alla coppia Alfano-Maroni il compito di affrontare poi le elezioni.

 

Meglio allora che il Premier rimetta il mandato al Presidente della Repubblica perché si formi un governo delle larghe intese o un esecutivo tecnico per gestire la fase di emergenza?

 

Non credo sia possibile formare un governo di larghe intese, perché bisognerebbe avere la volontà di fare queste larghe intese. Un governo tecnico tout court sarebbe più probabile, ma ciò significherebbe una resa totale della classe politica, con una perdita di autorevolezza terribile.

 

Francia e Germania, in particolare lo scorso fine settimana attraverso i loro Capi di Stato, hanno letteralmente deriso e additato l’Italia quale epicentro della crisi europea. Secondo lei, l’hanno fatto per allontanare l’attenzione dai loro problemi interni?

 

Credo che Merkel e Sarkozy, che potremmo definire i “ridanciani ridenti”, avrebbero fatto meglio a non comportarsi in quel modo in un’udienza pubblica. Tuttavia, non credo a queste interpretazioni. Quello che è successo rientra in una dinamica di rapporti personali logorati tra Berlusconi e gli altri leader europei. E questo naturalmente va tenuto in conto, perché mi pare che ormai ci siano dei rapporti personali pessimi. E la politica è fatta di rapporti personali: non dimentichiamolo.

 

(Lorenzo Torrisi)