Sergio Marchionne l’ha scritto chiaro e tondo in una lettera a Emma Marcegaglia: Fiat uscirà da Confindustria a partire dal 1° gennaio 2012. Una scelta che potrebbe sembrare dettata ancora una volta dall’avversione dell’Amministratore delegato del Lingotto verso i sindacati italiani, ma che invece Ugo Bertone, giornalista economico esperto delle vicende di casa Fiat, ritiene una forte risposta alle ultime prese di posizione di viale dell’Astronomia.
«Grazie all’articolo 8 – ci spiega Bertone – della manovra finanziaria, Marchionne ha avuto dal governo quello che voleva: la possibilità per legge di regolare con accordi anche i licenziamenti individuali. Tuttavia Confindustria e sindacati hanno siglato un’intesa con cui “sterilizzano” questa norma promettendo di non applicarla mai. Ora, per un sindacato si tratta di un comportamento più che giustificabile, dato che non sarebbe certamente facile presentarsi in fabbrica senza aver mosso un dito contro una legge che amplia le possibilità di licenziamento individuale, ma per l’associazione degli industriali è una scelta meno comprensibile. Dato che Fiat intende fare uso di quel che ha richiesto, nei limiti della legge, non ha altre strade se non uscire da Confindustria, per non rimanere ingabbiata».
A questo punto le strade di Fiat e Confindustria si dividono. Questo comporterà degli scossoni nel sistema delle relazioni industriali italiane, tenendo conto del numero di dipendenti del Lingotto e dell’indotto? «A dire il vero lo scossone c’è già stato a suo tempo con l’accordo di Pomigliano d’Arco, che il Tribunale di Torino ha riconosciuto come valido, nonostante il ricorso della Fiom. Il sindacato dei metalmeccanici della Cgil ha sì ottenuto di poter rientrare negli organismi di rappresentanza di Pomigliano e Mirafiori, ma dovrà sottostare ai contratti siglati dagli altri sindacati. Grosse novità ci saranno probabilmente per chi lavora nell’indotto, perché se negli stabilimenti Fiat si lavorerà il sabato sera o la domenica, i fornitori di componenti si dovranno adeguare. Se questo possa avvenire dentro o fuori la cornice di Confindustria si vedrà col tempo. Del resto nella sua lettera Marchionne ha scritto che sta valutando la possibilità di collaborazioni con l’Unione industriali di Torino».
Di certo questa decisione di Marchionne rappresenta anche una rottura col passato, quando il management del Lingotto camminava a “braccetto” con viale dell’Astronomia. «Fiat può decidere se andare avanti o meno con Marchionne. Lui ha già avanzato in passato l’ipotesi di andarsene dopo il 2014. Il suo obiettivo è lasciare un gruppo internazionale che opera in 30 paesi del mondo allo stesso modo, senza piegarsi ai rituali della vita pubblica gattopardesca italiana. Questo certamente può apparire antipatico». Certo, si potrebbe anche fare a meno di Marchionne, «e forse la reazione dei mercati non sarebbe nemmeno così forte. Il vero problema è che il suo è un tentativo quasi disperato di avere un grande player internazionale italiano, forse l’unico dato che Finmeccanica è fortemente a rischio. Le alternative sono creare un nuovo “caso Alitalia” oppure vendere Fiat. In ogni caso, non credo che gli Elkann possano fare a meno di Marchionne, che dopo tutto non è un Amministratore delegato “ingombrante” rispetto ad altri nel passato del Lingotto. Il fatto che lui non intenda stare lì a vita è rassicurante, senza dimenticare che finora non ha incassato nemmeno una delle sue milionarie stock options. Il che vuol dire che è impegnato a pieno titolo in un progetto in cui anche lui rischia di perdere qualcosa».
(Lorenzo Torrisi)