La crisi dai titoli sovrani si allarga alle banche. Lo ha dichiarato il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, al termine dell’Ecofin sottolineando che “la crisi gira attorno ai rischi sovrani e da ultimo anche nel settore bancario”. Ilsussidiario.net ha contattato Gianni Gambarotta, direttore di Finanza & Mercati, per chiedergli di commentare le parole del ministro. Per l’esperto sui rischi che stanno correndo le banche “non esistono dubbi. Basta vedere che cosa sta succedendo adesso a Dexia, per il cui salvataggio devono intervenire due Stati, la Francia e il Belgio. Del resto, già nel 2008 dopo il crollo di Lehman Brothers, Stati Uniti e Gran Bretagna hanno dovuto salvare una porzione significativa del sistema bancario inglese e americano”.
Per il direttore di Finanza & Mercati, la situazione attuale in Europa è molto simile a quella di allora: “Le banche italiane hanno continuato a fare aumenti di capitale, che non sono ancora finiti. E’ difficile quindi affermare che la crisi non investe il sistema bancario. D’altra parte poi non è un segnale incoraggiante neppure il fatto che, quando è stato chiesto all’amministratore delegato di UniCredit, Federico Ghizzoni, fino a che punto la sua banca fosse esposta con Dexia, lui ha risposto testualmente: ‘Non lo so, non penso’. Peccato che Ghizzoni sia l’amministratore delegato di UniCredit, e non il fattorino. Anche questi dettagli contribuiscono a dare la sensazione che le nostre banche siano gestite con una mano non particolarmente salda”. Per Gambarotta, la conseguenza inevitabile sarà che “le banche dovranno essere salvate dagli Stati. I governi infatti non possono permettersi di fare fallire il loro sistema creditizio, perché questa strada porterebbe solo alla bancarotta e al fallimento. Se quindi le crisi bancarie continuano e si aggravano, come è successo dopo il crac della Lehman Brothers, saranno necessari degli interventi statali”.
Non a caso Tremonti ha sottolineato: “Per un Paese come il nostro il risanamento dei conti era un ‘primum vivere’ ed è quella su cui può e deve avvenire la crescita”. Un’affermazione condivisa dal direttore di Finanza & Mercati, secondo cui “in questo momento le notizie finanziarie sono molto strumentalizzate dal punto di vista politico. Un Paese con un debito pubblico pari al 120% del Pil deve risanare il suo bilancio. Le attuali turbolenze sui mercati nascono proprio dal fatto che lo spread tra Btp e Bund fa sì che il rischio di debito sovrano dell’Italia sia percepito come troppo alto”.
Sempre per l’esperto, “tutti vorremmo la crescita, ma il bilancio dello Stato italiano non può permettersi politiche espansive. Anche perché stanno venendo al pettine nodi politici degli ultimi 30 anni, e quindi non è colpa solo del governo Berlusconi. E’ da diversi anni che chi si succede a Palazzo Chigi, con l’accordo dell’opposizione, basa le politiche di bilancio sull’aumento del debito pubblico, scaricando poi i conti da pagare sulle future generazioni. Impossibile quindi finanziare una politica di crescita con un debito simile. Sostanzialmente, Tremonti dice delle cose sgradevoli ma giuste”. Per quanto riguarda l’Unione europea la ricetta del ministro è invece “sopra più governance, cioè maggiore disciplina, e sotto più eurobond”.
Anche se per Gambarotta occorre distinguere: “La disciplina è quella che sta imponendo la Germania agli altri Paesi europei, e piaccia o no è il modello vincente. Gli eurobond sono una proposta positiva, ma la difficoltà sta proprio nel convincere i tedeschi, da sempre virtuosi, ad accettare un modello che per loro comporta degli oneri ulteriori”. Non è escluso che alla fine passi quest’ultima opzione, “perché l’Europa è un grande progetto nel quale Berlino ha creduto, ma bisogna convincere anche l’opinione pubblica tedesca. Il professor Monti ha compiuto un paragone con la scelta di Kohl al momento dell’unificazione delle due Germanie, quando adottò un cambio uno a uno tra il marco della Repubblica Federale e quello della Ddr. Da un punto di vista strettamente finanziario era un cambio irrealistico, eppure Kohl lo impose perché il progetto politico aveva una valenza storica tale da giustificare dei costi elevati”.
Per Monti, i tedeschi dovrebbero ricordarsi di quel momento storico, e ripetere la stessa scelta anche oggi. Anche se, conclude Gambarotta, “in quel caso si trattava di tedeschi, mentre in questo occorre venire in aiuto ai popoli meridionali, ritenuti incapaci di risparmiare, che i tedeschi hanno sempre guardato con grande disappunto. Quindi non sarà facile persuaderli”.
(Pietro Vernizzi)