Fiat-Confindustria, lo strappo si è consumato ed è subito partita una giornata di veleni fatta di dichiarazioni e retroscena da osservare attentamente con cura. Cominciamo da Sergio Marchionne, che non pago della rottura, ieri ha voluto rincarare la dose: “Una Confindustria politica per noi ha zero interesse”. All’amministratore delegato di Fiat verrebbe subito da chiedere spiegazioni circa le sue dichiarazioni agostane contro la politica italiana e la mancanza di leadership, da molti lette come un atto di sfiducia verso Silvio Berlusconi. Ma in fondo Marchionne va capito: il suo bersaglio questa volta è Emma Marcegaglia, che sempre ieri aveva dichiarato che le motivazioni addotte da Fiat non “stanno in piedi”. E così come moglie e marito sulla soglia del divorzio, i due fanno giustamente notare ad amici, parenti e vicini i difetti dell’altro.
Più complicata la situazione di John Elkann. Come fa notare Repubblica, in qualità di Presidente di Fiat ha avvallato di fatto le critiche di Marchionne mosse a Confindustria, di cui però è Vicepresidente. Elkann dunque critica Elkann? Tecnicamente è così. E forse per questo un altro Vicepresidente di viale dell’Astronomia (in odore di succedere alla Marcegaglia), Alberto Bombassei, ha pensato bene di dire che la riconferma della poltrona dell’erede dell’Avvocato Agnelli in viale dell’Astronomia diventa “un po’ difficile”.
E se il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, dice di non capire la decisione di Sergio Marchionne, spiega anche che l’accordo interconfederale siglato da sindacati e Confindustria non depotenzia l’articolo 8 della manovra finanziaria, come invece vuol far credere l’Amministratore delegato di Fiat. Con l’accordo del 21 settembre, ha ammesso Bonanni, le parti hanno solo detto “che non intendono fare riscorso alle deroghe dell’articolo 18. Non mi sembra che la Fiat lo avesse richiesto, né Confindustria sollecitato”. Forse Marchionne dovrebbe parlare più chiaro la prossima volta. Del resto anche Susanna Camusso, Segretario generale della Cgil, ammette che il piano Fabbrica Italia “sembra sempre più una chimera”. “Continuiamo a essere di fronte a un’azienda che vuole dettare leggi sulle relazioni industriali e che non è in grado di dirci che prodotti farà, che occupazione ha e che prospettive”.
Se Marchionne non sa parlare, naturalmente, secondo la leader della Cgil, è colpa del governo che resta a guardare senza incalzare e chiedere spiegazioni al manager italo-canadese. Da parte sua, il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ha spiegato ieri che l’importante è che Fiat abbia confermato i suoi investimenti in Italia, mentre oggi si è affrettato ad auspicare una ricomposizione del “divorzio”. È forse per questo che i principali quotidiani lo dipingono oggi come il possibile mediatore? Come colui che potrebbe trovare una norma capace di salvare la capra dei contratti di Marchionne e i cavoli dell’articolo 18 dei sindacati? Auguri caro Ministro!
Il quadro sembra quindi ben chiaro: tutti schierati contro Marchionne tranne il Governo? Macché. Colpo di scena: Diego Della Valle, l’acerrimo dichiarato nemico di Berlusconi sin dal convegno Confindustria di Vicenza del 2006, si schiera al fianco di Marchionne contro la Marcegaglia, definendo l’associazione degli industriali “un’organizzazione burocratica e obsoleta di interessi corporativi perseguiti in modo velleitario e subalterno”. Non ci credete? Fate bene, nella giornata dei veleni ci sta anche uno scherzo. Nel caso specifico architettato da Il Foglio per farsi beffe della lettera anti-politica di Mr. Tod’s di qualche giorno fa.
Se da questa “rissa”, cari lettori, vi sembra di non poter trarre elementi sufficienti per schierarvi da una parte piuttosto che dall’altra non preoccupatevi: tra moglie e marito è meglio non mettere il dito, almeno per il momento…