Le parole pronunciate dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, al termine della riunione dell’Ecofin tenutasi in Lussemburgo hanno creato un vero e proprio caso. A una domanda sul perché i titoli di stato spagnoli (Bonos) abbiano uno spread con i Bund tedeschi inferiore a quello dei Btp italiani, Tremonti ha risposto che ciò dipende anche “dall’annuncio di elezioni, che di per sé è una prospettiva di cambiamento e quindi un’apertura al futuro”. Un’affermazione che si è prestata subito a una nuova domanda: “Allora se in Italia si annunciassero nuove elezioni sarebbe un fatto positivo?”. Immediatamente Tremonti è dovuto correre ai ripari, spiegando che non c’era alcun riferimento all’Italia. Poco dopo una nota del ministero dell’Economia e delle finanze (Mef) specificava che “da sempre, quando parla all’estero con la stampa, il ministro Tremonti evita temi italiani”. In serata sul sito del Mef compariva una dichiarazione del Ministro: ogni riferimento alla politica interna italiana riguardo le sue parole “è totalmente infondato e strumentale”.



«Non so bene perché Tremonti faccia queste dichiarazioni – ci dice Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze – che si prestano a interpretazioni errate. Certo è vero che l’annuncio delle elezioni anticipate in Spagna, con la quasi certezza di una vittoria del centrodestra, fornisce elementi di speranza per l’economia di Madrid, ma non bisogna dimenticare altri fattori».



Quali?

Madrid gode di buoni rapporti con l’America Latina, in cui ci sono economie emergenti che crescono sicuramente più dei paesi europei. Inoltre, la Spagna sta cercando di mettere in ordine la propria situazione finanziaria, che non è disastrata, dato che è un Paese poco indebitato (il rapporto debito/Pil è vicino al 68%, ndr). In Italia l’annuncio di elezioni anticipate farebbe levitare lo spread Btp-Bund, perché non si saprebbe che governo potremmo avere e questo non aiuta un Paese che si trova in mezzo al guado dal punto di vista del risanamento finanziario.

È pur vero che l’Italia ha fondamentali economici migliori rispetto alla Spagna, a parte il rapporto debito/Pil. Come mai allora il nostro spread è più alto?



Perché il nostro debito, così come il nostro Pil, sono più grandi di quelli della Spagna. Di contro, la nostra crescita del Pil è stata inferiore negli ultimi anni. Quindi il debito pubblico spagnolo è più facile da collocare sui mercati finanziari, sia perché l’ammontare dei titoli è inferiore, sia perché si ritiene che Madrid possa più facilmente pagare gli interessi sul debito. Il nostro problema è quindi riuscire a convincere i mercati che conviene comprare i nostri titoli di stato, sempre meno in mano alle famiglie italiane e sempre più in quelle degli operatori internazionali.

Una soluzione sembra quella di tagliare il debito pubblico. E a questo riguardo la scorsa settimana Tremonti ha proposto la creazione di un fondo immobiliare per privatizzare il patrimonio pubblico. Cosa ne pensa?

Sicuramente ci vorrebbe un fondo, ma non c’è bisogno di inventarne uno nuovo. Si possono anche utilizzare veicoli già esistenti, risparmiando così tempo, dato che c’è l’esigenza di operare con immediatezza. Mi sembra quindi che la direzione indicata sia quella giusta, ma purtroppo dotata di quel tipo di lentezza pachidermica che sta caratterizzando da tempo il nostro ministero dell’Economia, che fa ancora troppo poco riferimento agli strumenti dell’iniziativa privata. Sarebbe stato meglio radunare operatori finanziari privati per raccogliere loro suggerimenti e studiare collaborazioni con loro fondi già esistenti, per studiarne poi uno nuovo. Il rischio, altrimenti, è quello di creare programmi decennali che poi magari non partono nemmeno.

 

Ieri Tremonti ha anche detto: “Con il pareggio bilancio noi abbiamo la tenuta dei conti anche in assenza di crescita. È meglio avere la crescita, certo, ma il pareggio è una sicurezza”. Condivide?

 

Assolutamente no. C’è un ragionamento economico sbagliato. Il secondo semestre dell’anno, stando all’indice di fiducia Markit sugli ordinativi delle imprese, si chiuderà in recessione. Questo genera ovviamente una riduzione delle prospettive finanziarie delle imprese, cosa che incide negativamente sul loro valore patrimoniale e quindi sulla ricchezza di chi le detiene: in definitiva, sulla ricchezza complessiva dell’Italia. Di conseguenza, si vanno a indebolire quei parametri che Tremonti sostiene debbano essere considerati insieme al debito pubblico di un Paese: l’attivo patrimoniale delle famiglie e delle imprese. Con una buona crescita questi parametri crescono, senza crescita invece tendono addirittura a ridursi. L’idea che in un regime di deflazione si possa avere un bilancio più sicuro non mi convince. Ma c’è dell’altro.

 

Cosa?

Questa idea non convince né la Bce, che ci ha raccomandato politiche di crescita, né gli analisti finanziari, che abbassano il nostro rating, né l’opinione pubblica, che vede ridotto il proprio benessere. E poi sta nascendo un altro problema: quando l’Italia cresce, aumentano le esportazioni e c’è maggior equilibrio nella bilancia dei pagamenti. In questo periodo di crisi, invece, le nostre esportazioni non stanno andando bene e abbiamo quindi un saldo negativo della bilancia corrente dei pagamenti, che si traduce in un indebitamento netto dell’economia italiana.

 

Qualche provvedimento per migliorare la situazione potrebbe arrivare la prossima settimana, quando dovrebbe vedere la luce il decreto sviluppo. Lei che cosa si aspetta?

 

A mio parere questo decreto sarà di manutenzione, modesto, e non avrà effetti sensibili sulla crescita economica. Ciò che servirebbe sarebbe lo sblocco degli investimenti nel settore delle opere pubbliche. Ritengo anche che sia molto importante utilizzare i contributi in conto interesse anziché gli apporti di capitale. Altre politiche pro-crescita possono consistere in privatizzazioni e liberalizzazioni specie nell’ambito dei servizi pubblici locali. Qualche intervento occorre anche nel settore del credito, che in questo periodo in tutta Europa sta vedendo grossi rincari per famiglie e imprese.

 

(Lorenzo Torrisi)