Il professor Mario Deaglio, docente di Economia internazionale all’Università di Torino, guarda preoccupato il protrarsi della crisi. Non ha giudizi benevoli per tutta la classe dirigente europea, non solo quella italiana, che sta affrontando la situazione cincischiando, rinviando, ma non mettendo in pratica nessuna misura credibile.
Professore, l’agenzia di rating Moody’s ci ha declassato e i mercati ieri hanno reagito con un brillante risultato di chiusura, con rialzi fra il 3-4%. Come mai?
Il downgrade era scontato, si sapeva già che sarebbe arrivato. Ma a mio parere noi guardiamo tutti questi effetti, con i ribassi e rialzi di Borsa, della crisi da un angolo troppo angusto. Il motivo del crollo delle Borse nelle ultime settimane aveva anche dei motivi tecnici, dovuti alle vendite allo scoperto. A un certo punto, però, bisogna coprirsi, ricomprare le azioni. Questi sono solo degli aspetti, così come il declassamento di Moody’s. Il problema mi sembra più vasto e più complesso. E c’è una classe dirigente in generale che si trova di fronte a una crisi che non conosce, che non ha trovato sui libri che ha letto e che non ha un piano per risolverla. A me sembrano francamente dei dilettanti allo sbaraglio.
Ci si aspettava che, almeno dopo tre mesi, ci fosse un intervento riguardante la Grecia o l’allargamento del Fondo salva-Stati. L’impressione è che a partire da luglio, da quando la situazione è letteralmente esplosa, non sia cambiato nulla e tutti i problemi siano rimasti irrisolti. Che ne pensa?
Non so come ci si possa aspettare un fatto del genere, cioè un piano razionale di fronte a questa crisi. Anche l’allargamento del Fondo salva-Stati è rappresentato al momento da 447 miliardi di euro nominali. Ma la realtà è che un piano non ce l’ha nessuno, non si sa dove sbattere la testa o che cosa fare. Insomma, in poche settimane, abbiamo assistito a cose impensabili: il rappresentante tedesco della Banca centrale europea che comunica le sue dimissioni a mercati aperti, alle quattro e mezzo del pomeriggio, provocando un crollo dei listini. Poi si viene a sapere che le ha presentate per motivi personali. In più un’altra serie di dichiarazioni, di notizie di riunioni che arrivano all’opinione pubblica – e soprattutto ai mercati – in modo imprevedibile. Come giudicare un comportamento simile senza pensare, appunto, a dei dilettanti allo sbaraglio?
Il board della Bce si riunisce oggi per valutare, a quanto si dice, un taglio dei tassi di interesse. Può essere utile un provvedimento del genere?
Non voglio essere troppo drastico, ma a mio parere anche questa misura, rispetto alla complessità della crisi, non serve assolutamente a nulla. Sono tentativi pieni di speranze mal riposte. Ma non possono fare altro. Non c’è nessuno che ha in mente o che può pensare a una grande strategia. Non esiste.
Alla fine, l’impressione è che la classe dirigente europea stia evitando di affrontare i veri problemi e si guardino bene dal mettere in atto autentiche manovre di risanamento o riforme strutturali decisive.
E come potrebbero farle? Mettere in atto misure di autentico risanamento, costerebbero veramente “lacrime e sangue” ai cittadini. Affrontare riforme strutturali significa andare incontro a una impopolarità che questa classe dirigente non sa o non è in grado di affrontare. Per cui sta lì, in modo tale che non si muove nulla e si perde tempo. Come dicevo, non fanno altro che cincischiare e sperare. Troppo poco e troppo comodo. Per il momento.
(Gianluigi Da Rold)