Se il premier greco pensava, con la sua sortita, di fare un favore ai mercati, o guadagnare punti e consenso, si è sbagliato di grosso. Dopo che George Papandreou ha annunciato l’intenzione di sottoporre a referendum il piano di aiuti proveniente dalle istituzioni europee, e comprendente una serie di tranche di liquidi necessari per tirare aventi (impendendo il crack e la conseguente impossibilità di pagare pensioni e stipendi pubblici) la borsa è sprofondata. L’incide Ftse Ase ha ceduto, in avvio, ben il 7,86 per cento mentre l’indice Athex a perso l’8,3%. La decisione, comunicata con un annuncio inaspettato e a sorpresa, ha scatenato nel mondo politico greco una marea di polemiche. Il leader del centrodestra, Antonis Samars, a capo di Nea Dimocratia, principale formazione d’opposizione, si è detto decisamente irritato con il premier. Secondo lui, a questo punto, i cittadini greci rischiano di «trovarsi davanti ad un dilemma che identifica l’accordo del recente Vertice europeo con la permanenza della Grecia nell’eurozona».
Il portavoce del partito, Yannis Michelakis, ha definito,invece, il premier un uomo senza scrupoli, sostenendo che, con il referendum, sta giocando a testa o croce con la permanenza della Grecia nella zona euro. Sempre il portavoce ha ricordato come l’adesione all’euro sia sempre stata considerata decisiva e strategica. Poi, lo ha accusato – siccome non ci è riuscito con il centrodestra – di cercare di farsi complice tutto il popolo greco nel suo piano folle. La soluzione auspicato, tuttavia, sembra del medesimo segno della accuse rivolte al premier. Alexis Tsipras, leader di Syriza, formazione minoritaria di sinistra, ha chiesto le elezioni anticipate immediate. Pur sapendo bene che, data la situazione, vi è un’elevata probabilità che risultino catastrofiche. Il piccolo partito si è detto, in ogni caso, convinto che si tratti dell’unica strada per riaffermare la volontà popolare e salvaguardare i principi contenuti nella costituzione. Anche il Pkk, il partito comunista greco ha chiesto elezioni immediate, paventando il rischio di terrorismo ideologico, e di pressioni sugli operai e i lavoratori per aderire al referendum.
Dall’estrema sinistra, agli antipodi. Si unisce al coro di quanti chiedono l’immediato ricorso alle urne anche i militanti di Laos, il partito di estrema destra, che chiede di andare subito al votare, definendo il referendum una scelta rischiosa per l’intero paese.