È un grande docente di economia, Paolo Preti, un bocconiano che spiega quello che è avvenuto in questi giorni e sta avvenendo in Italia sulla presunta mancanza di liquidità delle nostre banche. Lo spread è diventato una sorta di totem, su cui c’è indubbiamente da stare attenti, ma su cui si fanno anche delle grandi speculazioni.



Professor Preti, si dice che la salita dello spread abbia aumentato i rendimenti e quindi abbia messo in crisi le banche italiane, che avrebbero difficoltà a reperire liquidità. Secondo lei, è un fatto vero?

Rispondo subito: assolutamente no. Che cosa è accaduto in questi giorni? Che si sono persi dei valori borsistici dei titoli delle banche, così come sono stati persi valori in aziende, che poi se si va a vedere sono molto più solide dei valori della Borsa. Ora non ci vengano a dire che si è persa liquidità, perché sarebbe solo una “scusa” per gli investimenti che hanno fatto in passato, magari cercando di allargarsi e ingrandirsi. Non possono esserci problemi di liquidità e quindi non c’è il rischio di credit crunch.



Diciamo quindi che c’è stato un po’ di alllarmismo o un po’ di drammatizzazione.

Bisognava evidentemente liquidare un governo, che del resto ha fatto di tutto per mettersi in condizione di farsi liquidare e sfiduciare. Ma occorre tenere presente che dire: “L’Italia è sull’orlo del fallimento” non ha alcun senso. Ponendo anche il rendimento dei nostri titoli all’8%, non ci sarebbe ugualmente questo rischio. L’Italia sarebbe in grado di onorare i suoi debiti. Il che non significa sostenere che un rendimento all’8% sia un fatto positivo.

L’Italia ha già passato periodi di questo tipo?



Negli anni Settanta avevamo titoli che rendevano il 14% o 15%. Se lo ricordano tutti quel tempo dei “Bot people”. È vero che l’indebitamento dello Stato era nei confronti dei proprii cittadini, degli italiani e che si viaggiava con un’inflazione che in certi momenti sfiorava il 20%. Ma l’Italia ha retto ugualmente. Quindi io non condivido le difficoltà che si mettono in giro oggi. Non condivido neppure la dichiarazione che ha fatto stamattina Emma Marcegaglia, il presidente di Confindustria.

In questo momento l’agenda sembra ormai dettata e la crisi politica italiana dovrebbe essere superata. Il riscontro lo si ha sull’andamento di piazza Affari, con uno spread che è sceso a 500 punti rispetto ai 572 di ieri.

Bene. A maggior ragione è meglio che adesso non si trovino scuse. È bene che le banche non trovino alibi per dare meno soldi alle imprese e alle famiglie. Soldi che per altro hanno già.

Forse è la situazione europea complessiva che desta maggiori preoccupazioni. Olli Rehn ha detto stamattina che l’eurozona è in stagnazione e c’è il rischio di una recessione. Le previsioni sono che si crescerà nel 2012 solo dello 0,5% e solo nel 2013 dell’1,3%.

Il discorso è quindi diverso e riguarda tutta l’Europa, con tutte le sue contraddizioni che conosciamo e che abbiamo visto in questi mesi.

 

(Gianluigi Da Rold)