Pomigliano riparte. Producendo la nuova Panda. Un impegno ambizioso: 280mila vetture all’anno, a regime, 230mila, come impegno minimo per il 2012. La prima sarà sfornata entro questa settimana, al più tardi entro la prossima. Se tutto andrà a buon fine, i 4500 dipendenti in cassa integrazione saranno reintegrati. E lo stabilimento rappresenterà la prima ripresa industriale in tempi di crisi. Un benefico presagio? «Produrre 280mila vetture è fattibile. Il problema è venderle», fa presente, interpellato da ilSussidiario.net il giornalista economico Franco Oppedisano. Le premesse, in ogni caso ci sarebbero. Marchionne non avrebbe, altrimenti, deciso di metterci ben 800 milioni di euro, la prima tranche del progetto da 20 miliardi di investimenti.
«Al momento è difficile fare previsioni», sottolinea Oppedisano. «Si tratterà di capire come il mercato e il pubblico decideranno di accogliere la Panda». In tal caso, confluiranno nel determinarne il successo o meno una serie di fattori: «Il gusto delle persone, le politiche di vendita, il prezzo o l’adeguatezza dei concetti legati all’immagine della Panda che si vorranno far passare con la campagna di marketing. Potrebbero, inoltre, verificarsi degli scioperi generali che potrebbero nuocere alla produzione. Resta, infine, da capire che cosa accadrà a livello governativo, e come si muoverà il nuovo esecutivo tecnico guidato da Monti». Difficile che quest’ultimo possa far qualcosa di concreto per Fiat. «L’industria automobilistica è la più assistita nel mondo. Ma, in Italia, i soldi sono pochi e difficilmente ce ne saranno per aiutarla».
Che Pomigliano sarebbe ripartita si sapeva. «Di certo, si tratta di un buon segnale. Farlo coincidere con la avvisaglie di una ripresa industriale è ancora prematuro. In ogni caso, potrebbe rappresentare la possibilità di ripartenza di Fiat. È una delle poche chance che ha per riaffermarsi sul mercato europeo. La Panda è sempre stata un cavallo di battaglia dell’azienda ed è il momento di premere sull’acceleratore. La vera novità consiste proprio nel fatto che la Fiat ha un nuovo modello e che sta investendo per il mercato europeo».
L’esito delle vendite non determinerà, in ogni caso, la permanenza o meno del Lingotto in Italia. «Resterà a prescindere. Potrebbero, tuttavia, cambiare significativamente la sua forza e i suoi investimenti. Se, infatti, il mercato dell’auto, in Europa, non tirerà abbastanza, gli investimenti caleranno». Detto questo, «la politica di Fiat non cambia e continua a basarsi su due centri, in Italia e negli Usa, che devono operare nel massimo della sinergie possibili e vendere in tutto il mondo».