Quando c’è un incendio la priorità assoluta è quella di spegnerlo, senza interferenze nelle operazioni. Il Presidente della Repubblica ha agito con questo spirito. Da qualche settimana l’Italia stava scivolando verso la catastrofe della sfiducia totale da parte dei mercati. La pressione negativa eccedeva la capacità del governo Berlusconi di sostenerla e ridurla. Berlusconi è stato costretto a prenderne atto e, con senso di responsabilità, ha lasciato campo libero, come peraltro la sinistra, alla volontà di Napolitano di attivare lo “stato di eccezione”: governo fatto di tecnici sostenuto dalla direzione politica del Presidente della Repubblica. Infatti, il governo Monti non è “tecnico”, ma “politico”, definibile come “Governo del Presidente della Repubblica”. Tale forma dell’esecutivo – non prevista nel nostro ordinamento, ma non vietata – è giustificata nei momenti di pericolo totale per la nazione. L’obiettivo è di presentare l’Italia ai mercati con un governo sostenuto da tutta la nazione – i normali e diversi criteri dei partiti sottomessi all’interesse nazionale – attraverso il suo massimo rappresentante.
Napolitano non poteva fare altro per limitare l’incendio e avviare la ricostruzione della fiducia economica sull’Italia. Lo ha fatto con rimarchevole velocità e determinazione e precisione. Ha scelto Mario Monti per la sua conoscenza diretta dei meccanismi europei e perfetta sintonia con Mario Draghi, presidente della Bce. La ricostruzione della fiducia economica sull’Italia, infatti, ha diverse fasi e la prima, immediata, implica il sostegno europeo. In particolare, la Bce, per sostenere i titoli di debito italiano comprandoli sul mercato secondario, operazione vietata dallo statuto, deve poter dimostrare che l’Italia sta rientrando nel binario del risanamento e che per questo va aiutata con mezzi d’eccezione. In sintesi, l’allineamento perfetto tra Monti e Draghi è l’estintore per spegnere la parte più virulenta dell’incendio, nel breve. Poi bisognerà convincere i mercati che l’Italia raggiungerà realmente il pareggio di bilancio nel 2013 per dimostrare che l’enorme debito italiano almeno non aumenterà, cosa che Tremonti non era riuscito a fare, lasciando indeterminati circa 25 miliardi.
Infatti, Monti dovrà, entro un mese, attuare tagli e, purtroppo, alzare le tasse, probabilmente ripristinando l’Ici, per una cifra simile allo scopo di rendere certo il pareggio di bilancio stesso in un biennio. Ma non basterà. Per rendere credibile che l’Italia sarà capace di sostenere il proprio debito dovrà anche modificare, entro pochi mesi, il modello economico in quelle parti che più bloccano la crescita. Sarà inevitabile una maggiore flessibilità nel mercato del lavoro per incentivare assunzioni e investimenti, scaricare di costi e vincoli le imprese per farle respirare e riconfigurare il sistema economico via una dose massiccia di liberalizzazioni, vere, per aumentare la concorrenza e quindi il volume complessivo delle attività economiche.
In parallelo, si dovrà mettere mano alla riforma più importante per il rilancio della crescita, quella fiscale con riduzione delle tasse e, simmetricamente, degli apparati pubblici nazionali e locali. Il progetto è certamente liberista, pur attutito dall’ingaggio diretto di Napolitano come garante dell’equità e della coesione sociale, e troverà resistenze formidabili nei settori che vivono di privilegi, protezioni e clientelismi politici. Per questo lo sostengo e invito a sostenerlo pur invocando che la normalità democratica – le elezioni – sia ripristinata il prima possibile.