Pian piano gli italiani si stanno rassegnando all’idea: il governo tecnico guidato da Mario Monti, tra gli strumenti identificati per realizzare gli obiettivi di riduzione del debito e di equilibrio dei conti pubblici, ne adotterà alcuni particolarmente invisi ai cittadini. Aumenterà le tasse. A partire dalla reintroduzione dell’Ici. Un’imposta che, secondo Giuseppe Pennisi, consigliere del Cnel, e docente presso l’Università Europea di Roma e presso la Unilink contattato da ilSussidiario.net, «se compensata da alcuni sgravi compensativi effettuati altrove, non dovrebbe produrre particolari fastidi». Anzitutto, serve capire qualcosa di più sull’imposta comunale sugli immobili. «L’Ici è stata introdotta – spiega Pennisi -, nel ’92. Doveva essere, inizialmente, una misura eccezionale. Tuttavia, in tutti i paesi avanzati del mondo, c’è una sorta di tassazione sugli immobili. Si tratta, ovunque, di una tassa di scopo. In America, per esempio, serve  per finanziarie il sistema di istruzione delle contee. Per questo, credo che una misura di questa natura potesse essere fin da subito varata come ordinaria». Invece, è stata abolita. «Ha iniziato il governo Prodi e ha portato a termine l’obiettivo il governo Berlusconi».



Di certo, gli italiani difficilmente reagiranno alle prospettiva con entusiasmo. «La sua reintroduzione creerà sicuramente un certo malessere. Quando, infatti, si introducono tasse sulle cose, sarebbe opportuno, al tempo stesso, ridurre quelle sui redditi, in particolare quelle che gravano sul lavoro». L’Ici, quindi, reintrodotta in maniera permanente «non provocherebbe particolari danni se contestualmente si abbassassero o se si ritoccassero le aliquote contributive per alcune fasce sociali».  Di alcune in particolare: «Ad esempio, quelle dei giovani o di chi ha famiglia. Considerando, soprattutto, che tutte le agevolazioni possibili immaginabili, per loro, sono state tolte. Come, ad esempio, gli assegni per i nuclei familiari, eliminati dal governo Prodi». Forse, non tutto il male viene per nuocere: «C’è di buono che l’Ici potrebbe consentire agli enti locali di fornire servizi che, altrimenti, considerati i tagli vari e il patto di stabilità interno, non sarebbero in grado di fornire».



Un’altra tassa è in pole position per essere introdotta. «Sulla patrimoniale – dice Pennisi – ho serissime perplessità. Potrebbe essere, infatti, interpretata dai mercati come una dichiarazione di bancarotta». Con effetti nefasti, opposti alle intenzioni. «Basti pensare a quanto accaduto in Islanda: avevano un ingente problema di debito pubblico e hanno pensato di risolverlo con la patrimoniale. Non hanno fatto in tempo a introdurla che il Paese è fallito.  

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